Le storie di Lelio Bonaccorso Letteratura disegnata made in Sicily

La Sicilia è una terra fertile che dà buoni frutti. Uno di questi frutti è Lelio Bonaccorso, giovane fumettista messinese, docente alla Scuola del Fumetto di Palermo e un portfolio di tutto rispetto. Insieme abbiamo parlato della Sicilia e della sua passione, incontrandolo in occasione della presentazione del graphic novel “Que viva el Che Guevara”, presso la libreria Doralice di Messina.

Trailer Que viva Che Guevara

Qual è il primo fumetto che hai letto e quando hai capito di voler trasformare la tua passione in un mestiere?
«Il primo che ho letto è Topolino, come tutti i ragazzi, e già da piccolo ho capito che volevo far questo».

Come sei arrivato alla collaborazione con la Marvel?
«Per lavorare con le grandi case editrici estere come la Marvel e la Dc, ma anche con quelle italiane, il primo passo è frequentare le fiere del settore. Ultimamente qui in Italia abbiamo la fortuna che gli editor (cioè le figure preposte a selezionare i disegnatori) vengono in Italia perché i disegnatori italiani offrono buona qualità e velocità nella realizzazione delle tavole. Si presenta il proprio portfolio e, se va bene, ti fanno fare una prova. Se l’esito è positivo ti mettono a lavoro. Adesso si è anche facilitati perché si lavora via internet e così ciò che si guadagna può essere speso sul proprio territorio».

Che differenze ci sono tra lavorare negli Stati Uniti e in Italia?
«La prima differenza sta nei tempi di consegna perché lì sono molto più pressanti: quello statunitense è un mercato che consuma parecchio e i numeri, di 22 pagine ciascuno, devono essere pronti ogni mese. C’è anche una differenza al livello puramente tecnico, per l’impostazione della tavola. E, sicuramente, c’è una differenza economica, un abisso. Lì, infatti, vi è un bacino d’utenza maggiore e quindi il settore spende molti più soldi rispetto al mercato italiano».

Qui in Italia, il lavoro di qualità – almeno in questo settore – è riconosciuto sempre come tale?
«Il bello del mondo del fumetto è che è assolutamente meritocratico. Il fumetto è arte ma è anche mercato. Se un prodotto non è buono e non vende, non andrà avanti. Quindi si può essere presentati a qualche editore ma bisogna comunque valere».

Nella prefazione a Peppino Impastato – Un giullare contro la mafia, Lirio Abbate scrive che si tratta di una storia nella quale «emerge un conflitto tra figlio e padre, tra individuo e ambiente». Tu come vivi il tuo essere figlio della nostra terra?
«Un po’ come tutti. È una sorta di amore e, non odio, ma con una certa rabbia nei confronti della “sonnolenza”. È pur vero però che nelle situazioni più difficili – come quella del meridione – c’è l’arte dell’arrangiarsi e a volte ne escono dei talenti. Il problema è che molti decidono di esportare le proprie buone idee. Credo comunque che – come tutti i vaccini – la cura stia nella stessa piaga, che la soluzione sia sempre qui. Per me il rapporto d’amore è così forte che non riuscirei a vivere troppo distante. Amo la terra in cui sono nato e cresciuto».

Peppino si esprimeva soprattutto grazie alla radio. Tu cosa pensi dei mezzi d’informazione che entrano oggi in ogni casa? E di internet come motore di cambiamento?
«Premetto che non guardo la televisione perché è uno strumento potentissimo usato in maniera pessima. Preferisco cercare ciò che mi interessa. Circa i social network e i mezzi di comunicazione in genere, credo che l’informazione sia fondamentale; credo però che diventi inutile se non c’è un terreno fertile che faccia crescere la presa di coscienza e la voglia di agire rispetto all’informazione che abbiamo ricevuto. A volte, forse per una sorta di egoismo o per un senso di impotenza acquisita, finché non si è toccati in prima persona è difficile che le persone agiscano davvero».

Abbate scrive che «Siamo molti i ribelli a parole e pochi a fatti». Tu e Marco Rizzo, grazie alla «letteratura disegnata», raccontate storie affascinanti ma con un forte impatto sociale. Tu come vivi il tuo impegno civile?
«Abbiamo avuto la fortuna di raccontare una storia che appassiona molti, in Italia e all’estero. Noi abbiamo potuto dare il nostro contributo cercando di scuotere la gente, cercando di spiegare cosa sia la mafia, oltre che raccontando la storia di Peppino. In Olanda ci chiesero perché – sapendo chi sono i mafiosi – non li si va a prendere. Questa è la domanda più ingenua che si possa fare ma anche la più giusta. Purtroppo la situazione è molto più complessa e, certo, noi possiamo soltanto suonare un campanello. Le riflessioni personali dipendono poi dalla voglia di ciascuno di andare al fondo delle cose e di scegliere cos’è meglio per sé. Purtroppo non basta un libro per salvare il mondo».

Ho letto che molti fumettisti sono ex nerd. Tu quanto ti senti tale?
«A me piace essenzialmente disegnare e vivo il fumetto come un viaggio con la fantasia. Appena ho un momento libero preferisco uscire, scoprire nuovi luoghi. Tant’è che avrei voluto far l’archeologo, ispirandomi ad Indiana Jones. Non mi sento un nerd anche se essi sono tra i maggiori lettori ed intenditori di fumetti».

Ci dai qualche anticipazione sui tuoi progetti futuri?
«Sul fronte dei fumetti ho dei progetti in ballo per il futuro, ma ancora nulla di definito. Per quanto riguarda Triskelion Film Company, con gli altri ragazzi stiamo lavorando a nuovi progetti nei quali continuare a coniugare tutte le nostre professionalità (Antonello Piccione cura la regia, Gianluca Vecchio il compositing e gli effetti speciali, Luciano Cucinotta recita e Ubaldo Smeriglio si occupa della sceneggiatura). Autofinanziandoci, abbiamo creato un cortometraggio sulla canzone “U pisci spada” di Modugno che è arrivato in finale nella categoria NICE al Taormina Film Festival. Adesso siamo giunti alla quinta puntata della serie web “Giostra” e abbiamo altri nuovi progetti in cantiere per i quali speriamo di trovare presto una produzione».

Leggi l’intervista sul blog delle Girl geek dinners Sicilia

[Foto di Lelio Bonaccorso]

Sonia Gennaro

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