Le parole sbagliate di Crocetta sull’Autonomia

“Dal bandito Giuliano in poi il concetto di autonomismo è sempre stato associato a movimenti di destra e alla mafia”. E ancora: “Finalmente un autonomismo antimafia che rispetta la Costituzione. E sono convinto che farà la differenza”.

Queste le dichiarazione del presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta, rilasciate all’Ansa.

Non sappiamo in base a quali elementi storici il governatore dell’Isola sia a arrivato a queste conclusioni. Quello che possiamo dire è che sono conclusioni sbagliate. Considerazioni che sono il frutto di elucubrazioni di un signore che dimostra di non conoscere la storia dell’Autonomia siciliana.

Vogliamo essere sinceri: all’inizio diffidavamo di Crocetta per il suo burrascoso passato di Sindaco di Gela. Poi le sue dichiarazioni, in un programma Tv, sull’articolo 37 dello Statuto, ci hanno fatto ben sperare. Anche l’allontanamento dell’ormai ex dirigente generale del dipartimento regionale della Formazione, Ludovico Albert, è stato, dal nostro punto di vista, un fatto positivo.

Da qualche tempo, però, torniamo a dubitare dell’attuale presidente della Regione. Ieri, per esempio, il presidente Crocetta avrebbe dovuto spiegare il perché dei trasferimenti del personale del dipartimento della Formazione. Invece questa spiegazione non c’è stata. Ma questa, per carità, è una questione che si chiarirà nei prossimi giorni.

Quella che ci lascia di stucco è la dichiarazione di oggi all’Ansa. “Dal bandito Giuliano in poi il concetto di autonomismo è sempre stato associato a movimenti di destra e alla mafia”, ha detto il presidente Crocetta. Ma siamo impazziti? Don Luigi Sturzo sopravvisse quasi dieci anni al bandito Giuliano, facendo anche parte dell’Alta Corte per la Sicilia. E Sturzo non è stato né di destra, né mafioso (di “destra”, negli anni ’50 del secolo scorso, lo definivano i democristiani finti seguaci di Rossetti che, sotto le bandiere della “svolta di Camaldoli”, avrebbero utilizzato, negli anni a seguire, le Partecipazioni statali per rubare a man bassa, come Sturzo aveva previsto: ma questa è un’altra storia).

Girolamo Li Causi, grande leader del Pci, non era né di destra né, tanto meno, mafioso. Idem per Pompeo Colajanni. E per il filosofo Mario Mineo, per Emanuele Macaluso, per Gianni Parisi. Per non parlare di Pio La Torre, che anche per difendere la Sicilia dai missili americani Cruise ci ha rimesso la vita (argomento molto attuale, oggi, nel momento in cui gli americani stanno imponendo con la prepotenza il Muos di Niscemi alla ‘colonia’ Sicilia).

La storia dell’Autonomia siciliana è lunga e complessa. Prima di lasciarsi andare a certe affermazioni – soprattutto quando si ricopre una carica politica e istituzionale così importante – bisognerebbe conoscerla. Persino Indro Montanelli, negli anni ’50 del secolo passato, quando parlava dell’Autonomia, davanti a uomini come Giuseppe Alessi, Franco Restivo e Giuseppe La Loggia si levava il cappello. Anzi, per essere precisi, per Montanelli, l’Autonomia siciliana era personificata in “Alessi, Restivo e La Loggia”.

Magari qualche volta mafia e Autonomia siciliana si saranno pure mescolate. Ma fare di tutta l’erba un fascio è una mistificazione.  Anche rispetto alla stagione del separatismo siciliano le dichiarazioni di Crocetta sono errate. Perché se è vero che c’è stato un separatismo  siciliano agrario e di destra, è anche vero che c’è stato un separatismo fatto da esponenti politici progressisti, come Antonio Canepa, e di grande spessore morale culturale come Attilio Castrogiovanni.

La destra, tra ‘altro, non è mai stata autonomista, ma centralista. In Sicilia diventerà autonomista solo dopo la ‘conquista’ dell’Autonomia. E sarà autonomista con figure di grande spessore culturale e politico. Con personaggi del calibro di Gaetano La Terza e Giuseppe Tricoli.

Quello che lascia sbigottiti davanti alle affermazioni del presidente Crocetta è il silenzio degli ex democristiani.

La Dc siciliana ha una grande storia. Oltre ai già citati Alessi, Restivo e La Loggia, questo Partito, pur tra tante contraddizioni, ha espresso uomini di elevata dirittura morale che la mafia l’hanno combattuta a viso aperto. Senza paura.

Ne ricordiamo due tra tutti: Giuseppe D’Angelo e Piersanti Mattarella.

D’Angelo, nei primi anni ’60, da presidente della Regione, si trovò contro la potente famiglia Salvo di Salemi. Furono i mafiosi a non fare mai più eleggere all’Ars D’Angelo, che aveva cercato di togliergli il grande affare delle esattorie. D’Angelo venne anche condannato a morte dalla mafia e si salvò, stando a quanto hanno raccontato i pentiti di Cosa nostra trent’anni dopo, solo perché un capomafia di Enna – la provincia dove il politico democristiano era nato – si oppose alla sua eliminazione. D’Angelo, ci dispiace per Crocetta, non era né di destra, né mafioso.

Anche Piersanti Mattarella non era né di destra, né mafioso. Era un democristiano atipico che non aveva paura dei mafiosi: compresi i mafiosi della sua provincia di provenienza: Trapani. Non solo non era mafioso, ma è stato uno dei primi, nella seconda metà degli anni ’70, a capire che, per rilanciare l’Autonomia, la Sicilia avrebbe dovuto avere “le carte in regola”, altrimenti non avrebbe potuto pretendere nulla da Roma.

Arriviamo, così, alla seconda affermazione, molto discutibile, del presidente Crocetta: “Finalmente un autonomismo antimafia che rispetta la Costituzione”.

Caro presidente Crocetta, qui se c’è qualcuno che non ha rispettato la Costituzione italiana, ebbene, questo è lo Stato: quello Stato italiano che un grande dirigente socialista, Simone Gatto, autorevole componente della prima commissione parlamentare Antimafia, definiva “brigante”.

E’ lo Stato italiano, con la Corte Costituzionale appena istituita, ma già arrogante fin dalle prime battute, ad assorbire, alla fine degli anni ’50, con una prassi incostituzionale le competenze dell’Alta Corte per la Sicilia: non è una nostra tesi: è la tesi che un professore di Diritto dell’Università di Palermo, prestigioso dirigente del Pci siciliano di quegli anni, Giuseppe Montalbano, illustrò in un mirabile articolo sul periodico “Sala d’Ercole”.

Piersanti Mattarella era perfettamente cosciente dei torti che la Sicilia subiva dallo Stato centrale. Ma, giustamente, sosteneva, come già ricordato, che l’Isola, prima di chiedere allo Stato il rispetto delle prerogative statutarie, avrebbe dovuto avere le “carte in regola”.

Oggi il presidente Crocetta parla. Anzi, straparla, riscrivendo, in modo goffo, una storia falsa. Stupisce che dobbiamo essere noi a ricordare queste cose. Anche perché, nel Pd e, in generale, nel mondo politico siciliano ci sono personaggi – che sono ancora classe dirigente – che sono stati vicini a Piersanti Mattarella e queste cose le dovrebbero ricordare. Anche per non consegnare alle generazioni future una storia sbagliata.

 

 

Giulio Ambrosetti

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