«Si tu ma fai mittiri ‘nto culu di qualcuno, io vidi chi ti sparu». In realtà per anni, e fino a ieri, quando la guardia di finanza ha bussato alle loro porte, a rimanerci fregati sarebbero stati gli altri: chi prova a concorrere in maniera lecita ai bandi per i fondi europei, chi nonostante tutto prova a non cedere alla tentazione di ritenere la Sicilia una terra compromessa. L’intercettazione fa parte del materiale raccolto dalla procura di Palermo nell’ultima indagine sul mondo delle truffe nel settore delle erogazioni pubbliche nel settore agricolo. Per descrivere il sistema, a cui avrebbero preso parte funzionari, professionisti e imprenditori, i magistrato hanno scelto di citare Mario Monicelli e il secondo atto della trilogia Amici miei. Il primo, dal punto di vista investigativo, si era celebrato a marzo 2020 quando le Fiamme gialle avevano notificato una serie di misure cautelari. Anche in quell’occasione a comparire tra gli indagati c’era Filippo Cangialosi, funzionario dell’Ispettorato provinciale dell’agricoltura di Palermo. Cinquantasette anni di Marineo – centro che di recente è finito al centro dell’attenzione per i favoritismi di cui diversi abitanti avrebbero goduto nell’ambito delle assunzioni all’Ast – Cangialosi è considerato uno dei vertici di quella che il gip Claudio Bencivinni ha considerato un’associazione a delinquere. Per gli inquirenti, ad avere avuto un ruolo apicale sarebbero stati anche Ciro Spinella, Riccardo Puccio, Francesco Sclafani e Antonino Barcia, tutti tecnici di uno studio professionale, con sede sempre a Marineo, da cui sarebbero passati larga parte dei documenti poi presentati alla Regione per percepire i fondi pubblici.
L’intercettazione risale al settembre 2017 e vede protagonisti Cangialosi e Giuseppe Salerno, altro funzionario pubblico e anche lui arrestato. Sono in tutto 12 le persone raggiunte dai domiciliari, mentre per dieci il giudice per le indagini preliminari ha disposto l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. In mano agli inquirenti ci sono diversi dialoghi captati, ma soprattutto una grossa mole di documenti da cui emergerebbero i molteplici raggiri che sarebbero stati messi in atto per accaparrarsi parte dei fondi che l’Unione europea assegna per lo sviluppo rurale della Sicilia. Nell’inchiesta sono finite pratiche aperte anche oltre un decennio fa: finanziamenti da centinaia di migliaia di euro l’uno che avrebbero beneficiato di favori e corsie preferenziali. Cangialosi, secondo gli inquirenti, avrebbe avuto il proprio tornaconto. «Il pubblico ufficiale – si legge nell’ordinanza di custodia cautelare – riscuote una percentuale dei proventi dello studio, che costituiscono la remunerazione anche degli atti contrari ai propri doveri e, di conseguenza, il corrispettivo del mercimonio della propria funzione di direttivo dell’assessorato dell’Agricoltura della Regione in servizio all’Ispettorato provinciale dell’agricoltura, membro della unità operativa monitoraggio e controllo fondi comunitari».
Gli imprenditori che avrebbero beneficiato dell’attività illecita sarebbero stati diversi. Per la guardia di finanza avrebbero beneficiato di proroghe indebite sui tempi entro cui presentare la documentazione e completare i progetti finanziati, ma anche della possibilità di rendicontare spese ben maggiori rispetto a quelle realmente effettuate. Le truffe sarebbero state compiute anche nell’ambito della misura 112 del Psr 2007/2013 denominata Pacchetto Giovani e tesa a favorire l’avvio di esperienze imprenditoriali nell’agricoltura. Tra i metodi per lucrare sui fondi pubblici ci sarebbe stato quello dell’utilizzo della presentazione di preventivi fittizi per la valutazione del budget da finanziare ma anche la presentazione di fatture per operazioni inesistenti.
Una delle pratiche di cui Cangialosi si sarebbe preso cura riguardava la realizzazione di un impianto per la lavorazione di ortaggi, comprensivo di sei serre, e per il quale l’imprenditore che aveva presentato la domanda ha ottenuto un finanziamento di 250mila euro. In alcuni casi, inoltre, i beneficiari avrebbero usufruito all’atto pratico dell’esecuzione dei lavori di società riconducibili ai propri genitori. «Si aveva chiara evidenza non solo di un conflitto di interesse ma della avvenuta simulazione della procedura di concorrenza», sottolinea il gip nell’ordinanza, aggiungendo inoltre che l’imprenditore che aveva presentato la domanda di finanziamento risultava essere dipendente della ditta incaricata di effettuare i lavori. «Cioè non è possibile – lamenta un giorno il funzionario Salerno parlando con Puccio dei ritardi nella presentazione di alcuni documenti – Siete venuti il 28… 30, siamo arrivati al 14 e ancora non avete portato niente. Ingegnere, state abusando veramente della nostra… Noi abbiamo problemi veramente con l’assessorato e con tutti, ingegnere. Io, veramente, una vergogna di queste non la farò mai più, cioè la prossima volta sarà tagliata». Tuttavia, a fronte di questi avvertimenti gli illeciti sarebbero andati avanti per diverso tempo. Per la procura, anche per la capacità di Cangialosi di rasserenare gli animi. In un’altra circostanza è proprio quest’ultimo a riuscire a calmare Salerno, che dice: «Filì, io mi fido di te. Basta, non parlo più».
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