Le confessioni di un magistrato

Ci piacerebbe vedere la scena cosi, seduti davanti ad una tazza fumante di caffè, Il caffè del sud, nero e fumante, servito in tazza stretta e in uno dei più noti caffè romani: il Caffè Greco. Dinanzi a noi, seduto, uno dei magistrati, non fra i più noti o famosi, ma di grande esperienza.

Lui è giovane quanto basta per non definirsi anziano e la pensione è ancora lontana eppure la sua stanchezza è palpabile. E non è solo stanchezza; piuttosto tristezza mista a rancore per avere speso la giovinezza e il suo entusiasmo illudendosi di fare un grande giusto mestiere. Quello di magistrato.

Sommessamente comincia a raccontare, quasi un discorrere liberatorio che monta come un onda dallo stomaco caldo del caffè che ha appena sorbito. “Quando entri in magistratura – dice – è come dischiudere uno scrigno segreto e misterioso. Hai l’impressione d’essere stato ammesso in un regno proibito. Con le sue leggi, i suoi codici di comportamento. Rigorosamente non scritti, prima regola. Nulla di ufficiale. Quello che è ufficiale è demandato a Note, Circolari, Protocolli, utili per giustificare l’esistenza di un grande apparato. Quando entri in magistratura, resti allibito; poi, lentamente, ne assorbi il clima, le consuetudini. Ti arriva subito forte e chiaro un messaggio: vivi e lascia vivere, camperai cent’anni. Il tuo ego cresce a dismisura, tanto quanto il peso della toga”.

“Scopri – continua raccontando – come sia importante la difesa dei tuoi privilegi: questione di sopravvivenza. Non muovere le acque, non rompere gli equilibri, scegli bene quali mosse compiere e quali indagini portare avanti, non discutere le tradizioni: ne puoi trarre vantaggio al pari degli altri. E, dunque, perché agitarsi? Finirai a smaltire l’arretrato dei colleghi lavativi. Sarai tollerato come un diverso, insidioso e pericoloso. Alla prima occasione, fuori. Quando il Tribunale si svuota, il collega più attento e ligio alle regole andrà a casa, vedendoti ancora chino sul lavoro, e ti canzona ridendo: Tanto, lo stipendio è sempre uguale…”.

“In effetti non esistono orari d’ufficio. A che ora vengo a lavorare? Quando tieni udienza. Quando tengo udienza? Lo decidi tu. Perché non si lavora al pomeriggio? Perché manca il personale. Perché convochiamo testi, sapendo che l’udienza va rinviata? Il teste ha l’obbligo di comparire. Perché la stanza del mio collega è sempre vuota? Lavora da casa, s’è portato via i fascicoli, stende le sentenze nel tinello, dove può concentrarsi di più. Perché a Natale, a Ferragosto, a Pasqua i Tribunali sono vuoti? Non ci sono attività istituzionali. Perché il collega è assente? È indisposto. Ha mandato il certificato medico, almeno? No, lo porterà al rientro”. (a destra, foto tratta da statopotenza.eu)

“Perché il procuratore viene al lavoro con l’auto blindata partendo da casa sua, che dista decine di chilometri dall’ufficio? È stato autorizzato. E ancora: perché esiste la sospensione dei termini feriali e quindi non possiamo fissare udienze dal 31 luglio al 15 settembre? Perché gli avvocati vogliono andare in ferie.

Perché non decidi subito sull’istanza di scarcerazione? Il codice mi assegna cinque giorni, dunque me li prendo tutti, così posso passare il fine settimana in famiglia. Perché non scrivi subito la sentenza? Devo farla decantare, ho fissato un termine di sei mesi, come il codice mi consente. Si pone e ti pone domande a cui rispondere farebbe parte del buonsenso dell’adempimento al proprio dovere . Ma quale dovere? Verso chi?”.

Ci racconta ancora angosciato: “Vorrei fare domanda di trasferimento e allora devo andare al Csm a parlare con il consigliere che ho votato, lo stesso vale se devo progredire in carriera, oppure ho un procedimento disciplinare in corso. Vado, e mi sento rispondere: Sta’ tranquillo, ho già parlato con gli altri colleghi della commissione disciplinare, andrà tutto per il meglio. Si sa , è notorio, Il Consiglio superiore della magistratura esiste per salvare i magistrati, d’altronde è il loro sindacato. È lì apposta”.

“Al Csm entri nella guardiola esibendo il famoso tesserino verde, quello che ti frutta il rispetto sociale, i favoritismi, la visibilità sui mass media. Il clima è ovattato, esoterico. Cammini su tappeti rossi. Fai anticamera. Svolazzano di qua e di là tante impiegate, altrettante fanno capannello alla macchinetta del caffè. Commessi impettiti che potresti scambiare per presidenti di qualche tribunale. Il cortile sembra una concessionaria della Lancia, vi sono schierate decine di auto minacciosamente blu, appena uscite dall’autolavaggio”.

Quando finalmente entri nella stanza del ‘tuo’ consigliere, ti accorgi che gli hai interrotto una serie interminabile di telefonate e vedi dalle pile di fascicoli sulla sua scrivania, tutti blasonati col logo ministeriale o del Csm, che in quella stanza si discutono incarichi direttivi o semidirettivi in Procure e ministeri”. (sopra, sinistra, foto tratta da caffenews.it)

“Ed allora hai la precisa percezione che tu sei una nullità, con quella tua banale richiesta di poterti trasferire nella località di residenza dei tuoi genitori, mentre i tuoi colleghi ambiscono alla gloria e alla carriera. In realtà, in quella stanza si decide chi sarà il procuratore generale della Cassazione o di Torino o di Palermo; chi dirigerà il tribunale di Roma o di Milano, chi siederà alla direzione nazionale antimafia e via dicendo”.

“Una specie di gioco a scacchi in cui le pedine si muovono in base a degli scambi. Per ogni posto importante vi è già tutta la filiera degli aventi diritto, concordati e spartiti fra le correnti politiche del parlamento dei giudici. Come la ‘dinastia sabauda’, così viene definita la cordata dei giudici piemontesi. Te ne vai via dal Csm quasi subito con una bella stretta di mano rivestita dall’accento palermitano o napoletano”.

“Riprendi il tuo trenino per la tua destinazione. Hai vissuto una grande giornata, sei entrato anche tu, con tanto di tesserino spillato sulla giacca, nel Palazzo che decide il destino dei grandi magistrati, quelli potenti, quelli amati dal potere. Per la cui nomina si scomoda persino il capo dello Stato”.

“Invece per te non si scomoderà nessuno. Stai pur certo. Anzi, devi stare attento alle prossime elezioni, il Csm si rinnova. Bisogna capire in fretta a quale corrente conviene aderire. E della giustizia uguale per tutti? E del popolo sovrano? E dell’amministrazione imparziale della giustizia? Ma per favore, siamo in carriera , a chi vuoi che importa!”.

 

Giovanna Livreri

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