Le ceneri di Pasolini

Il 2 Novembre 1975 Pier Paolo Pasolini moriva assassinato al Lido di Ostia. «L’Italia – disse Alberto Moravia – aveva perso un poeta».

Oggi, a distanza di 30 anni, anche la città di Catania ha deciso di dedicare al grande intellettuale, regista, poeta, scrittore, alcune giornate di letture, seminari, visioni di film e spettacoli, dal titolo “Le ceneri di Pasolini”. L’iniziativa è stata promossa dalle Biblioteche riunite Civica e Ursino Recupero, dal Teatro del Canovaccio, dalla Compagnia Fabbricateatro, dall’Associazione culturale Majazè e dalle librerie la Maieutica e Mondadori, con il patrocinio dell’Assessorato alle Politiche Culturali della Provincia di Catania.

 

Una recente intervista a Pino Pelosi – il giovane borgataro romano che si addossò interamente la colpa dell’omicidio di Pasolini, scontando 30 anni di carcere – ha riacceso l’interesse e riaperto le indagini relative a quella morte oscura: Pelosi, dopo 30 anni, dichiara di non essere stato solo, la notte del 2 novembre al lido di Ostia. C’erano almeno altre due persone che lo minacciarono di tacere. Parlavano con accento siciliano.

 

Fabrizio Cavallaro e il regista Elio Gimbo, in apertura della prima serata di letture pubbliche presso la Mondadori, mercoledì 2, – rileggendo alla platea un loro articolo pubblicato il giorno stesso sulla Sicilia – ripartono proprio da qui per rivolgere un appello alla cittadinanza e a quanti probabilmente “sanno”, dato che i mandanti, oltre che gli stessi esecutori, potrebbero provenire dalla nostra città: Pasolini stette per qualche tempo a Catania nel corso degli anni ’60, prendendo anche casa in affitto. Qui ricevette ben due aggressioni da parte di esponenti dell’estrema destra. Forse l’operazione di Cavallaro e Gimbo è un po’ azzardata: in Italia troppe persone odiavano Pasolini. Era un personaggio scomodo, per la sua vita e per le sue idee. Era un intellettuale indipendente – un marxista doc, certo – ma che non risparmiava critiche né a destra né a sinistra. Un interprete e un osservatore della realtà dalla lungimiranza tale, da essere ancora oggi di sconcertante attualità.

 

Parlare di Pasolini, leggere i suoi interventi, non significa solo calarsi negli scenari dell’Italia degli scorsi decenni, ma soprattutto avere la possibilità di leggere la realtà odierna e la degenerazione culturale e sociale del nostro paese, attraverso una chiave di lettura che a suo tempo fu profetica.

 

In ogni caso, Cavallaro e Gimbo toccano un nodo importante: «chi sa, parli». Perché Catania possa riscattare la propria immagine lanciando uno spiraglio di luce su quell’omicidio e sui giochi di potere che lo vollero, lo permisero e lo insabbiarono. In realtà, questo stesso appello dovrebbe essere rivolto all’Italia intera.

 

La risposta del pubblico catanese, al primo incontro di letture è stata estremamente positiva: la saletta della Mondadori era stracolma. Molti i brani riproposti al pubblico, e rimeditati, tratti da “Scritti corsari”, “Poesie in forma di rosa”, “La religione del mio tempo”.

 

Gli incontri proseguiranno fino al 28 novembre, chiudendosi con un seminario sui rapporti tra Pasolini e la politica, alle ore 17:00, presso le Biblioteche Civica-Ursino Recupero.

Alessandra Belfiore

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