Le antiche miniere di zolfo di Lercara Friddi Tra fortuna, declino e resti su cui ripuntare

Dai resti delle antiche miniere di zolfo ai panorami mozzafiato, dai prodotti tipici al museo dedicato a un concittadino storico e prestigioso come Frank Sinatra. Questo e tanto altro è Lercara Friddi, che con i suoi 425 anni di storia sorge ai piedi di Colle Madore, lungo la statale Palermo-Agrigento. Proprio le antiche zolfatare segnarono, in passato, la fortuna economica di Lercara. Una fortuna scandita, però, anche dalle proteste dei minatori, costretti a lavorare in condizioni precarie e continuamente esposte a rischi. Ora nell’ultimo aggiornamento del piano regionale delle bonifiche redatto dal dipartimento regionale Acque e rifiuti c’è spazio anche per le storiche zolfatare lercaresi. L’intera area mineraria è stata oggetto, negli anni, di un’intensa attività di estrazione di zolfo attraverso l’attivazione di diverse concessioni minerarie. L’impatto ambientale era dovuto all’emissione di anidride solforosa. «Sono stati effettuati alcuni sopralluoghi per l’accertamento degli interventi di bonifica da effettuare, mentre si sta provvedendo alla redazione del Piano di messa in sicurezza di emergenza delle aree delle ex miniere. I siti sottoposti alla verifica riguardano cinque vecchie concessioni», si legge nel report della Regione.

«Le aree delle concessioni, oggi, si presentano antropizzate e parcellizzate e le uniche strutture testimonianti dell’attività mineraria risultano dei ruderi di un vecchio forno “Gill”, di una vecchia cabina elettrica, completamente dismessa (presenza di vecchi trasformatori elettrici), di un vecchio castelletto (struttura di supporto del pozzo minerario) e di un capannone in tegole di terracotta, adibito a fornace, contenente il vecchio impianto di arricchimento. Presso la Solfara Colle Madore sono presenti in tutta l’area rosticci di miniera abbancati. Gli interventi di messa in sicurezza di emergenza riguardano tutte quelle operazioni di verifica della segregazione degli accessi in sottosuolo e della mise dei manufatti edili presenti nei vari siti». È un’area dalle potenzialità ancora oggi enormi. Non stupisce che, negli anni ’90, l’assessorato regionale ai Beni culturali e ambientali aveva riconosciuto che i resti delle zolfare di Lercara Friddi rivestono interesse etno-antropologico particolarmente importante, assumendo il valore di verie propri reperti di archeologia industriale. Ma cosa rimane oggi di tutto questo? «Purtroppo davvero poco», racconta il sindaco di Lercara, Luciano Marino.

La colpa? «L’abusivismo e le costruzioni sorte tra gli anni ’70 e ’80 hanno in parte deturpato e in parte distrutto parte di quel patrimonio, perché c’erano alcuni forni della fusione per lo zolfo che sono stati completamente demoliti per le nuove costruzioni». Ma qualcosa, seppur limitato rispetto al passato, ha resistito al tempo, all’abbandono e all’azione dell’uomo, rimanendo come in attesa, lì al solito posto. Resti che, con piccoli interventi di messa in sicurezza, potrebbero anche diventare visitabili, malgrado alcuni di questi ricadano nel territorio di alcuni privati. «Ben disposti, però, ad aprire le porte a eventuali turisti interessati a questo tipo di turismo archeologico-industriale». Resta ancora, infatti, una delle prime della zona, installata per le miniere, uno dei primi casi di illuminazione pubblica elettrica a Lercara. I benefici sono stati parecchi, insomma, in un paesino che nel giro di pochi anni s’è arricchito ed è cresciuto notevolmente. «Da quando sono state chiuse qui abbiamo avuto un decadimento economico notevole, e non solo. Oggi però stiamo lavorando per realizzare un percorso archeologico-speleologico-industriale – racconta ancora il sindaco Marino -. Questo perché l’area delle miniere in moltissima parte coincide con quello che era stato il parco archeologico di Lercara. Qui infatti c’è il sito sicano più grande in Sicilia, dove sorgono alcune antiche miniere e resistono alcuni antichi forni, ma ci sono anche delle grotte visitabili. Abbiamo infatti riaperto un museo archeologico che ne custodisce i reperti».

A dare una mano all’amministrazione nel rilancio di una cittadina dalle inaspettate potenzialità è l’Aigae, l’associazione italiana delle guide ambientali escursionistiche: «Abbiamo già fatto i primi sopralluoghi, anche nel sito archeologico c’è un’antica discenderia visitabile da tutti. Stiamo lavorando per realizzare un percorso archeologico per quanto riguarda la parte sicana, e uno invece archeologico-industriale e naturalistico per via dei resti delle miniere e delle grotte». Nell’ottica di rendere questo scenario che per tanto tempo è rimasto abbandonato all’incuria del tempo una meta ideale di passeggiate, escursioni, trekking e cammini di gruppo. «Ma noi non siamo solo le nostre antiche miniere di zolfo», dice ancora il primo cittadino. Lercara, infatti, vanta anche l’aver dato i natali al papà del famoso cantante e attore statunitense Frank Sinatra. «L’antica casa dei nonni paterni è ancora qui, chiusa e sfitta, visitabile dall’esterno, dà su via Regina Margherita. Stiamo lavorando per recuperare i vecchi documenti relativi alla nascita e al battesimo – racconta -. Mettendo insieme tutto questo, siamo riusciti a muovere un po’ il turismo, a maggio abbiamo anche aperto un museo dedicato, ricco di donazioni ricevute, l’ultima riguarda una giacca appartenuta a Frank Sinatra donata da un giornalista. Ma siamo ancora in una fase embrionale».

Non basta, insomma, avere del potenziale. Le cose belle, se non si sponsorizzano almeno un po’, difficilmente potranno essere conosciute. Ed è questo, infatti, che cerca di fare l’amministrazione di Lercara, lavorando su una serie di idee da mettere a frutto per farsi conoscere e attirare sempre più visitatori alla scoperta di un Comune oggi forse sottovalutato. «Abbiamo il dovere di provarci. Se il fatto di organizzare da undici anni il My Way Festival lo sappiamo solo noi, non ce ne facciamo niente – dice -. Proprio in questi giorni numerosi turisti in pullman sono venuti per visitare il museo archeologico e la nostra chiesa madre e la sua cripta, oltre all’antica collezione di oltre mille presepi». La strada però è lunga. Non solo quella per farsi conoscere attirando turisti, ma anche per riuscire a ospitare un numero crescente di visitatori e potenziali ospiti. «Il problema vero, ancora, è a livello ricettivo – spiega infatti il sindaco -, non siamo ancora pronti, ci sono pochi b&b e hotel nel comprensorio. Abbiamo iniziato col turismo di passaggio, che ora stiamo cercando di far evolvere». Puntando, ad esempio, anche su quelle antiche miniere di zolfo che hanno fatto l’antica fortuna del territorio lercarese e che oggi potrebbe portare anche a nuovi e moderni fasti. Ma anche sulla loro storia, includendo anche quella dei tanti minatori che hanno lavorato in condizioni critiche.

Sempre in un’ottica di rete e col resto del territorio circostante, che è ricchissimo: da Vicari, col suo castello e la chiesa cristiana antichissima, ad Alia, con le sue particolarissime grotte della Gurfa. E ancora c’è Roccapalumba col suo osservatorio astronomico inaugurato da Margherita Hack e Castronovo di Sicilia, altro Comune storico. «Siamo molto ricchi ma forse finora non ce ne siamo resi conto, non abbastanza almeno. Ma se non lo facciamo sapere a nessuno non andremo avanti». C’è però un altro grosso limite, quello della viabilità. «Lercara-Palermo sono 62 chilometri e puoi impiegarci anche ore, un calvario. Ma dovrebbe essere in realtà un vantaggio il fatto che siamo a metà strada tra Palermo e Agrigento, posizionata sullo scorrimento veloce dilaniato però da cantieri infiniti che stanno lì da sei anni ormai e non si vede la soluzione, i lavori ripartono e poi si fermano, poi ripartono di nuovo. Da Bolognetta in giù continua a essere una mazzata, da sindaco ho avuto difficoltà anche a trovare un segretario comunale, perché da Palermo non voleva venire nessuno per via di quella strada. Ed è un problema anche dal punto di vista sanitario – spiega -. È una realtà con la quale dobbiamo fare i conti. Quante cose non sono normali, in Sicilia, ma siamo belli anche per questo – sdrammatizza Marino -. Purtroppo abbiamo, nella nostra cultura, la rassegnazione. Ma noi da questo non ci lasciamo spaventare affatto e abbiamo tutto l’interesse a combatterla».

Intanto, già nel 2010 la Regione ha istituito il Servizio Parco Archeologico-Industriale e il Museo della Zolfara di Lercara Friddi. Ma risulta «in itinere l’identificazione del territorio del Parco finalizzata alla perimetrazione dell’area, basata su un complesso studio delle fonti archivistiche, bibliografiche, documentarie, cartografiche, aerofotografiche e orali – come recita il sito della Regione -. Il Parco intende riattivare questa memoria storica fatta di lavoro e di sacrificio umano in parte sopita e dimenticata, integrandola e fondendola con la mission che il Parco vuole realizzare e che attiene alla conservazione, rivitalizzazione e trasmissione della memoria storica attraverso una serie di iniziative e di progetti che facciano rivivere i resti tangibili della cultura dello zolfo, uscendo dal mito, scaricandolo di idillismo e nostalgia, rientrando nella sfera culturale come momento ineliminabile dal nostro diario di vita, non per il ricordo di un tempo passato che non ci appartiene più, bensì come palladio della storia di tutti e del singolo in rapporto con gli altri». Parco che però, purtroppo, in seguito a una delibera nel 2013 è stato, insieme a molti altri in Sicilia, soppresso del tutto.

Silvia Buffa

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