Un anno intenso quello appena trascorso. L’ultimo del mandato di Leoluca Orlando dopo il suo ritorno a palazzo delle Aquile, tra importanti progetti andati in porto e nodi, invece, rimasti ancora sul tappeto. Un anno che ha visto la provincia andare in ginocchio costretta dalla morsa delle fiamme, la mafia tornare a sparare per uccidere, arresti e inchieste che hanno visto nomi importanti finire alla sbarra. Abbiamo scelto un caso al mese, raccontato attraverso foto e video. Ogni fatto accaduto e selezionato dalla redazione di MeridioNews è stato un momento importante per il capoluogo di regione e per la provincia, in positivo o in negativo. In una lunga carrellata da gennaio a dicembre, ecco il 2016 di Palermo.
1. Gennaio – Cittadini in movimento contro la chiusura del punto nascite di Petralia Sottana
Dopo le indicazioni da parte del ministero della Sanità, pronto a tagliare i reparti di Ostetricia e ginecologia dei presidi ospedalieri con meno di cinquecento nascite all’anno, l’intera comunità delle Madonie è scesa in piazza per difendere il punto nascite dell’ospedale Madonna dell’Alto di Petralia Sottana. Sindaci, amministratori, ma anche semplici cittadini hanno sfidato Roma manifestando a lungo rivendicando il diritto di partorire nella struttura, senza dovere affrontare lunghi viaggi sulle disastrate strade madonite alla volta di altri ospedali. Il sollevamento popolare è riuscito ad ottenere l’attenzione della ministra Lorenzin, ma non la tanto attesa deroga. Così, a distanza di un anno, da domani le porte del reparto di Ostetricia del Madonna dell’Alto rimarranno chiuse.
2. Febbraio – Arrestato un parroco per aver molestato tre minori
Padre Roberto Elice, sacerdote di 40 anni, è finito in manette con l’accusa di violenza sessuale su due fratelli di 13 e 15 anni e un altro minore, durante la sua attività di parroco nel capoluogo siciliano. Tutto avrebbe avuto inizio durante un pellegrinaggio all’estero. Sono state le indagini, scattate dopo la denuncia della madre dei due ragazzi, a scoprire un terzo caso di abusi ai danni di un altro giovane, oggi maggiorenne. Il sacerdote è poi finito agli arresti domiciliari da scontare nella struttura in cui si trovava già prima dell’arresto. A pesare sulla decisione del gip Roberto Riggio è stata anche l’autodenuncia del parroco alla Curia, che ne ha disposto il trasferimento nel centro specializzato subito dopo.
3. Marzo – Duplice omicidio a Falsomiele, in manette finiscono due coniugi
Un agguato in piena regola quello in cui hanno perso la vita Vincenzo Bontà, 44enne genero del boss Giovanni Bontate, fratello di Stefano, figura storica di Cosa nostra negli anni ’60 e ’70, ucciso nel 1981 e Giuseppe Vela, 53 anni. Scesi dalla loro auto in via Falsomiele sono stati raggiunti dai killer, che li hanno finiti a colpi di arma da fuoco. A finire in manette per il duplice omicidio una coppia di coniugi: Carlo Gregoli e la moglie Adele. I due, incensurati, non hanno mai ammesso il loro coinvolgimento nel delitto. A inchiodarli sono state le testimonianze di alcuni passanti e i filmati delle telecamere di videosorveglianza della zona. Alcuni mesi dopo, il 28 giugno, Gregoli si toglierà la vita nell’infermeria del carcere Pagliarelli. Sarebbe stata una vicenda legata a un’eredità ad armare la mano dei coniugi.
4. Aprile – Scontri in centro prima di Palermo-Lazio
Botte, fumogeni, i tavolini di un bar di via Libertà che diventano teatro di guerriglia urbana, tutto questo prima della partita di campionato tra Palermo e Lazio durante il pomeriggio di una domenica qualunque. Otto i tifosi, quattro per parte, finiti in manette, mentre un altro supporter biancoceleste, Mattia Falcone, ha avuto la peggio finendo ricoverato all’ospedale Villa Sofia con una mascella fratturata. L’accusa per tutti è quella di rissa aggravata e lesioni. Secondo la questura, spinta dalla vicinanza dei quattro palermitani ai centri sociali, dietro alla rissa ci sarebbe molto di più della semplice contrapposizione calcistica.
5. Maggio – Pino Maniaci indagato per estorsione
http://www.youtube.com/watch?v=D7biqZeMf8Y
Un’operazione contro la mafia del Partinicese vede tra i dieci destinatari dell’ordinanza il nome di Pino Maniaci. Il direttore di Telejato non ha nulla a che vedere con i presunti boss finiti dietro alle sbarre, ma sul suo capo pesa un’accusa pesante, quella di estorsione, e per questo gli viene imposto il divieto di dimora nelle provincie di Palermo e Trapani. A spostare la lente degli investigatori sul giornalista una telefonata al sindaco di Borgetto, Gioacchino De Luca, l’11 giugno del 2014, intercettata dai carabinieri impegnati nell’indagine sulla mafia locale. Qui sarebbe avvenuta la prima richiesta estorsiva documentata. Somme di poche centinaia di euro, che hanno spinto tuttavia gli inquirenti a includere nell’inchiesta anche l’icona dell’antimafia, che in un incontro con il primo cittadino avrebbe prospettato lo scioglimento del Consiglio comunale per mafia. E un’ulteriore estorsione sarebbe stata fatta ai danni del sindaco di Partinico, per favorire l’assunzione in Comune di un’amica del giornalista, impiegata nelle pulizie. Tra attacchi e veleni l’inchiesta non si è ancora conclusa, ma il direttore di Telejato, che ha sempre respinto ogni accusa, è tornato a Partinico e continua con la sua attività giornalistica. Attività che gli avrebbe, a suo dire, causato i problemi legali in cui è coinvolto, per le tante inimicizie accumulate negli anni, specie dopo avere trattato il caso della giudice Silvana Saguto.
6. Giugno – La provincia messa in ginocchio dalle fiamme, distrutto il lungomare di Cefalù
Il 16 giugno è una data che nessuno dimenticherà facilmente. Complici infatti le altissime temperature, che hanno toccato i 46 gradi, e il vento di scirocco, la provincia di Palermo è stata dilaniata dagli incendi. Dalle Madonie al golfo di Alcamo, era un’unica striscia di fuoco. Troppo pochi gli uomini e i mezzi a disposizione di vigili del fuoco e guardie forestali per arginare l’avanzata delle fiamme, che in molti punti minacciavano i centri abitati. Piano di emergenza all’ospedale San Raffaele Giglio di Cefalù, circondato. Tanti i volontari che per salvare le proprie case, parchi, spiagge sono scesi in campo rimboccandosi le maniche e tentando con quello che avevano a disposizione di arginare gli incendi. Terribile il bilancio dei danni. A pagare il prezzo più alto è stata proprio la cittadina normanna, con case e attività distrutte e un lungomare da ricostruire. Desolante, a Palermo, lo spettacolo di Monte Pellegrino gravemente colpito dal rogo.
7. Luglio – Condanne pesanti per gli imputati dell’omicidio Zito, rissa in aula: colpito il pm
Una dura sentenza di condanna fa scoppiare il finimondo in un’aula del tribunale di Palermo. Il processo in questione è quello per l’omicidio di Antonino Zito, freddato con un colpo di pistola alla testa e poi bruciato. Dopo ore di camera di consiglio, è arrivata la sentenza: condannati a 30 anni Maurizio Pirrotta, a 27 Pietro Mazzara, cinque per Carmelo Ferrara, imputato per favoreggiamento. Alla lettura della sentenza in aula è scoppiato il caos. Alcuni famigliari degli imputati si sono scagliati fisicamente contro il pm Maurizio Bonaccorso, che sarebbe anche stato raggiunto al volto da un pugno. Momenti di reale panico, con la vedova Zito, Rosa, barricata in una stanza e protetta dai carabinieri. «Volevano ammazzare le mie figlie, non so cosa fare. Io non ho paura di morire, ma i miei figli non deve toccarli nessuno» ha raccontato a MeridioNews.
8. Agosto – Almaviva non si aggiudica la commessa Enel, riscoppia la vertenza
Dopo mesi di estenuanti trattative tra sindacati, ministero dello Sviluppo economico e azienda, con i 1670 licenziamenti scongiurati a Palermo, scoppia di nuovo il caso Almaviva. A scatenarla è stata la mancata aggiudicazione di una nuova commessa per e-distrubuzione, la nuova Enel, su cui il colosso dei call center puntava molto. L’azienda in una nota ha dichiarato di non potere, dunque, tenere fede agli accordi presi attorno al tavolo del Mise per quanto riguarda i dipendenti in esubero che erano assegnati sulla vecchia commessa Enel, scaduta a dicembre, che fanno parte di un servizio che andrà gioco forza smantellato entro l’anno e sul quale si è discusso anche a Roma, durante gli incontri al ministero. Da qui l’inizio del nuovo calvario, con l’incubo dei trasferimenti dei lavoratori palermitani a Rende, in Calabria, e una ritrovata crisi a livello nazionale.
9. Settembre – Anello ferroviario, arriva il nuovo cronoprogramma, ma i residenti non ci credono più
Mentre il cantiere per il passante ferroviario completa l’ottanta per cento del suo percorso, quello dell’anello ferroviario rimane ancora il punto debole della mobilità palermitana su cui Leoluca Orlando ha fondato gran parte del suo mandato da sindaco. I lavori, infatti, non sono mai decollati. L’incontro in prefettura tra Comune, Tecnis, Rfi e Italferr ha dato i suoi frutti: Nuovo cronoprogramma dei lavori, nuove scadenze per il completamento della chiusura della linea che da Notarbartolo porta a Giachery, a rilento dopo i guai giudiziari del colosso catanese degli appalti e titolare dei cantieri. Da parte di Saverio Ruperto, amministratore giudiziario di Tecnis, sono arrivate dichiarazioni di ottimismo. Dal Comune è arrivata fiducia a tempo determinato. Intanto davanti all’edificio in via Cavour si assiepavano i residenti e i commercianti delle vie coinvolte nei lavori. Ormai allo stremo. Costretti a vedere prorogare il fine lavori al dicembre 2018.
10. Ottobre – Entra in vigore la Ztl
Dopo mille diatribe e un iter lungo e travagliato, passato anche per le sedi del tribunale amministrativo regionale, il 10 ottobre è entrata ufficialmente in vigore la Ztl1. Si tratta di un perimetro ridotto, che va dalla Stazione Centrale a via Cavour e da Porta Nuova a Porta Felice, molto meno ampio rispetto alla prima versione del provvedimento, stoppata dal Tar dopo il ricorso delle associazioni Bispensiero e VivoCivile supportate da cittadini, commercianti e associazioni di categoria, che ha costretto palazzo delle Aquile a stracciare la prima stesura e ridisegnare i limiti e le adempienze. Una fase ancora sperimentale in attesa di capire se fra qualche tempo si potrà attivare anche la Ztl 2 fino a Notarbartolo. Pesanti le sanzioni per chi trasgredisce: fino a 164 euro. Proteste di piazza, alcune anche non proprio pacifiche, e un nuovo ricorso, in seguito bocciato dai giudici amministrativi, non sono riusciti a fermare il nuovo provvedimento.
11. Novembre – Il caso delle firme false del M5S finisce in Procura
Tutto parte dalla denuncia ai microfoni de Le Iene di Vincenzo Pintagro, ex attivista del Movimento cinque stelle, che ha raccontato della ricopiatura di circa duemila firme in occasione della presentazione delle liste per le elezioni comunali del 2012. Tra veleni, accuse e colpi di scena, anche la procura di Palermo decide di vederci chiaro, parte così un’inchiesta con dieci indagati, tra cui nomi eccellenti. Tra loro ci sono i deputati regionali Claudia La Rocca, che ricevuto l’avviso di garanzia decide di autosospendersi dal Movimento e inizia a collaborare con i magistrati, e Giorgio Ciaccio, che segue le orme della collega. Diverso l’atteggiamento dei parlamentari nazionali Riccardo Nuti, all’epoca candidato sindaco, Giulia Di Vita e Claudia Mannino. Loro decidono di non collaborare: si avvalgono della facoltà di non rispondere di fronte ai pm Dino Petralia e Claudia Ferrari. E scelgono inoltre di non sospendersi, contravvenendo al dictat del leader del M5s Beppe Grillo, decisione che varrà ai tre la sospensione da parte del collegio dei probiviri pentastellati. Ma è solo l’inizio del ciclone che si abbatte sui grillini palermitani, con le comunarie in stand by fino a fine dicembre e un meet up sempre più spaccato, tra rinunce, passi indietro, accuse di altri ex attivisti e schermaglie a mezzo social.
12. Dicembre – Omicidio Agostino, tra l’archiviazione e i nuovi sviluppi 27 anni dopo
Nel 2016, a 27 anni dalla morte dell’agente di polizia Nino Agostino e della moglie Ida Castelluccio, è successo di tutto. Prima un confronto all’americana in cui Vincenzo, il padre di Nino Agostino, ha riconosciuto Giovanni Aiello, Faccia di mostro, come uno dei possibili responsabili della morte del figlio. Poi la richiesta d’archiviazione da parte della procura. E, in fine, la scoperta di nuovi, interessanti, risvolti della vicenda che resta uno dei più grandi casi irrisolti della cronaca nera legata al periodo della guerra aperta tra la mafia e gli uomini dello stato che la fronteggiavano. Da un’informativa della Dia e da un’altra della Squadra mobile del luglio 1989 è emerso, infatti, che l’agente ucciso era di turno come scorta il giorno in cui Cosa nostra aveva pianificato l’omicidio di Giovanni Falcone con una bomba piazzata all’Addaura, dove il giudice andava al mare, e nel giorno del ritrovamento dell’ordigno. Una prova, tuttavia, che non è supportata dalla versione del commissariato San Lorenzo, dove prestava servizio Agostino, che ha smentito quanto annotato sui propri registri.
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