Discriminazioni sul lavoro. Una situazione conosciuta a molte categorie di persone come le donne o i portatori di handicap, ma anche da gay, lesbiche bisessuali e trans. Per i quali è difficile affermare i propri diritti, anche quelli politici come il lavoro. Accedere è complicato soprattutto per chi decide di cambiarsi i connotati durante il periodo di assunzione, ma anche per chi non ha ancora fatto outing e magari è costretto a farlo dalle contingenze.
Se n’è parlato questa mattina durante il primo degli incontri organizzati nella settimana del Pride la cui sfilata si svolgerà il prossimo 28. Una data importante per il movimento Lgbt in ricordo dei violenti scontri tra omosessuali e polizia, nel 1969 a New York, passati alla storia con il nome dei moti di Stonewall. «Come Arcigay abbiamo compreso che le questioni della vita quotidiana devono essere affrontate a 360 gradi. Non possiamo solo soffermarci sui diritti civili che certamente sono importanti afferma Alessandro Motta, presidente di Arcigay Catania – Il lavoro unisce tutti, ci caratterizza nella società, ma nell’ambito della liberazione sessuale e dei corpi vogliamo sottolineare che ciò che ci identifica è l’identità, non la nostra attività».
Discriminazione, molestie, mobbing. Sono solo alcune delle vessazioni che qualcuno è costretto a subire. Esiste un decreto legislativo numero 216 del 2003 che recepisce una direttiva europea del 2000 e che identifica alcune condotte considerate discriminatorie, ma secondo la comuntà Lgbt non è sufficiente. «Ha bisogno di essere implementato e ha bisogno delle associazioni di categoria per sensibilizzare avvocati e giudici affinché i risarcimenti siano sufficienti per le parti offese e un deterrente per i datori di lavoro. Devono comprendere che le diversità possono essere valorizzate per migliorare la produttività e il clima in ambito lavorativo», spiega Cathy La Torre, vicepresidente Mit, movimento d’identità transessuale.
E poiché spesso, come afferma Flavio Romani, presidente nazionale di Arcigay, «neanche le stesse vittime sanno come difendersi, servirebbe un’alfabetizzazione per un risvolto umano ed economico». E proprio allo scopo di aiutare chi ne ha bisogno, questa mattina è stato presentato l’opuscolo Rights at work disponibile sia in formato cartaceo che elettronico. «Raccogliamo segnalazioni per riflettere meglio sul da farsi», spiega Margherita Ruggero dell’associazione Unar, ufficio nazionale anti discriminazione razziale.
«Sono 114 i casi segnalati nel 2013 per orientamento sessuale non è accettabile», conclude.
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