“Laureare l’esperienza”: che succede a Catania?

In Italia vari enti – dal ministero dell’Interno all’Ordine dei giornalisti, dal Collegio dei ragionieri alla Guardia di Finanza – hanno la possibilità di firmare convenzioni, a favore dei propri dipendenti o associati, con una università che, in cambio della quota di iscrizione, riconosce dei crediti d’ingresso (con una media di 90 e punte fino a 180, pari a quelli occorrenti per conseguire la laurea, prima della legge Mussi) sia come corrispettivo dell’attività lavorativa svolta (con lo slogan “laureare l’esperienza”) sia anche come equivalenti ai corsi interni di formazione.

Un meccanismo, quello delle convenzioni, introdotto dalla riforma universitaria del 1999 e che poggia le sue radici ideologiche sul programma “Laureare l’esperienza”, in base al quale chiunque vuole conseguire un titolo di studio universitario (se almeno in possesso di un diploma di scuola media superiore) ha la possibilità di veder trasformati gli anni di lavoro in crediti formativi utili al conseguimento di una laurea di primo livello.

 

Il decreto legge 509/99 lasciava ai singoli atenei la libertà di fissare in base ai profili professionali il  numero di crediti da riconoscere ai fini della laurea. A Torino, per esempio, la facoltà di Scienze Politiche riconosceva (nella migliore delle ipotesi) circa 90 crediti su 180 complessivi a tutti gli iscritti all’Ordine dei giornalisti, mentre l’Università di Cassino per la stessa categoria arrivava a quota 120. Toccavano quota 124, invece, i ragionieri commercialisti e i consulenti del lavoro ad Enna. Nel 2006, finalmente, il Ministero si accorge che si stavano regalando delle lauree e, con il decreto Mussi, il limite dei crediti formativi riconoscibili per le conoscenze e le abilità professionali, ai fini della laurea triennale o della laurea magistrale, viene ridotto da un minimo di 40 a un massimo di 60.

E nel nostro ateneo? Risponde il prof Giuseppe Cozzo, docente di Ingegneria Civile e delegato del rettore alla Didattica.

 

Qual è la situazione a Catania? Quante convenzioni ci sono attualmente in atto? Con quali enti? Con quale bonus massimo di crediti?

Le convenzioni sono uno strumento grazie al quale determinate categorie chiedono all’università di vedere riconosciute delle abilità professionali. In particolare chiedono ad un determinato corso di laurea il riconoscimento di crediti in base all’attività svolta. Ma si tratta comunque di persone iscritte a tutti gli effetti, che pagano le tasse.

Secondo la legge finanziaria del 2001, art. 22 comma 13, gli enti con cui è possibile stipulare convenzioni sono le forze dell’ordine e il personale dell’amministrazione pubblica, allo scopo di farne aumentare la qualificazione. Il riconoscimento avviene comunque individualmente, e non riguarda la categoria. La clausola della legge che ha destato polemiche è quella riguardante il personale della scuola pubblica, per il quale sono previste delle abbreviazioni di corso per il conseguimento dei titoli. Ma si tratta di riconoscimenti sulla base di titoli già conseguiti. E per quanto riguarda i crediti, non viene superata la soglia dei 60.

 

Come avviene il riconoscimento dei crediti?

Il riconoscimento avviene con la discrezionalità del corso di laurea di destinazione, all’interno del quale un consiglio analizza i singoli casi individuando delle specifiche corrispondenze tra le materie d’insegnamento e le abilità professionali acquisite, valutando il percorso dello studente.

 

Ma secondo lei, queste abbreviazioni di corso si possono configurare come un modo per attirare più iscritti e di conseguenza pesare maggiormente nel sistema di attribuzione dei fondi ministeriali?

Non penso. Perché più iscritti ci sono, più peggiora la qualità del servizio, dato che comunque i fondi ministeriali non possono superare il 90%, qualunque sia il numero degli iscritti. Lo scopo primario dell’università è quello di diffondere la cultura e non di riservarla a pochi. Avere studenti che fanno esplicita richiesta di iscrizione, quindi motivati, viene considerato un vantaggio.

 

La facoltà che ha destato maggiori sospetti nel nostro Ateneo è Scienze Politiche, perché si tratta dell’unica facoltà ad aver attivato una convenzione con le scuole pubbliche.

Il preside di Scienze Politiche, prof. Giuseppe Vecchio, ha dichiarato che la sua facoltà ha attualmente stipulato convenzioni con l’Arma dei carabinieri, la Polizia, la Guardia di Finanza, la Polizia Penitenziaria, l’Ordine dei Giornalisti e il Provveditorato degli insegnanti.

E prende le distanze dalla definizione “lauree all’esperienza”: “La facoltà di Scienze Politiche non ha mai rilasciato titoli di studio di questo tipo. In base alla legge del 2000, noi riconosciamo come attività formativa quella di carattere militare. In osservanza del decreto ministeriale Mussi, riconosciamo un massimo di crediti equivalente a 60 per l’esperienza professionale, mentre per quanto riguarda i tirocini riconosciamo al massimo 9 crediti su 180. Laureare l’esperienza significa invece riconoscere altri tipi di titoli.”

 

Dunque nessun tipo di sconto a Scienze Politiche? “Assolutamente no. Ammettiamo abbreviazioni di corso, ad esempio, a professori di liceo in possesso di una laurea in Lettere che vogliono conseguire quella in Scienze Storiche. Ma questo si è sempre fatto, in tutte le facoltà.” La validità dei crediti viene valutata dal Consiglio del corso di laurea competente.

 

E per quanto riguarda il mantenimento dei diritti acquisiti dopo il decreto ministeriale che ha ridotto i crediti riconoscibili a 60? “Dal momento in cui il decreto è entrato in corso, lo abbiamo rispettato. Ho sempre considerato il decreto precedente (il 509/99, Ndr) illegittimo.”

Il Dirigente dell’Area Didattica, Giuseppe Caruso, alla domanda su quali siano le facoltà che aderiscono a questo tipo di convenzioni, nomina Scienze Politiche, che, a quanto ne sa, ha stipulato contratti con la Guardia di Finanza e l’Arma dei Carabinieri. Ma  Caruso non saprebbe dire esattamente quante convenzioni sono oggi in corso e quanti studenti o aspiranti tali ne abbiano usufruito nel nostro ateneo: “Non so di preciso quante convenzioni ci siano in atto a Catania, ma so che gli iscritti con questo tipo di clausole si sono molto ridotti negli ultimi anni.”  Chiosa il prof Cozzo: “Per questo ho pensato di fare un’indagine, e quindi ottenere dei numeri, su quanto è avvenuto in questi anni a proposito della questione”.

 

Il nodo da sciogliere è complesso. Sì perché se queste iscrizioni sono state considerate come “abbreviazioni generiche di corso di laurea”, e statisticamente catalogate alla stessa stregua di quelle che interessano quanti, cambiando corso di studi, si vedono riconosciute dalla nuova struttura esami già sostenuti nella precedente carriera, il numero esatto resterà per sempre ignoto ai più.

Ilaria Messina

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