Lampedusa, alle radici della sconfitta di Giusi Nicolini «Non è razzismo, ma la differenza tra realtà e retorica»

«Perché ho vinto? Perché a Lampedusa si è votato per un sindaco, non per un ministro, né per un deputato». Quando risponde al telefono, Totò Martello sta ancora festeggiando l’insediamento sulla poltrona di primo cittadino dell’isola delle Pelagie. Un ruolo che conosce bene visto che ha appena iniziato il suo terzo mandato, a distanza di 15 anni dall’ultima volta. Nel frattempo quella carica è stata ricoperta da Bernardino De Rubeis prima e da Giusi Nicolini dopo. È lei la grande sconfitta delle ultime Amministrative, terza con il 24,28 per cento dei voti, a fronte del 40 per cento di Martello: una differenza di 635 preferenze su un totale di quattromila votanti. 

«In questi anni – ha commentato Matteo Renzi – lei è stata un punto di riferimento per molti in Italia e in Europa, impegnata in una difficile sfida culturale: far capire che i valori non si barattano con la paura. Ieri Giusi ha perso a Lampedusa, succede. In politica si può vincere, si può perdere. Ma la qualità dei rapporti umani – se autentici – non viene mai meno. Grazie Giusi per la tua testimonianza di questi anni. Lavoreremo ancora nel PD, avanti, insieme». Perché, si chiedono in moltissimi fuori dai confini di Lampedusa e della Sicilia, quella che è stata il simbolo dell’accoglienza è stata bocciata dai suoi compaesani?

«Se davvero qualcuno vuole capire, deve partire dalla contraddizione tra reale e rappresentato». Giacomo Sferlazzo è un musicista lampedusano, nonché il portavoce del collettivo Askavusa, molto critico negli ultimi anni nei confronti dell’amministrazione Nicolini. «Il voto ha generato molto stupore, fino a ieri si diceva che i lampedusani erano il popolo più accogliente del mondo, oggi si dice che sono razzisti e contro i migranti. La verità è che a Lampedusa accoglienza vera non se n’è mai fatta. Sono state costruite delle essenze, delle immagini dei migranti e dei lampedusani che non corrispondono alla realtà. E questa immagine non è innocua, non è stata creata tanto per. L’obiettivo era fare di Lampedusa un simbolo, utile alla Nicolini e al Pd». 

Lo scarto tra le essenze e la realtà, secondo Sferlazzo (che nel blog del collettivo ha condotto un’analisi più approfondita del voto sull’isola), sta anche nelle inchieste che hanno toccato l’hotspot di Lampedusa. L’ultima, quella della Dda di Catanzaro, ha scoperchiato le presunte connivenze tra la Misericordia di Isola Capo Rizzuto, che gestisce anche il centro per migranti dell’isola delle Pelagie, con la ‘ndrangheta

«Avere a che fare coi media è cosa diversa dalla realtà». Carmine Menna è l’oculista napoletano che da 30 anni vive a Lampedusa e che è stato tra i primi a tirare su dal mare i migranti nel grande naufragio del 3 ottobre del 2013. «Io sono sempre per l’accoglienza – dice – ma la storia dei migranti non c’entra con la sconfitta di Nicolini. Lei ha girato le spalle al popolo, in questi anni è stata inavvicinabile per tante persone». Una tesi che Sferlazzo condivide e che, secondo il musicista, trova conferma anche nella sonora bocciatura arrivata pure dall’altra piccola isola che ricade nel Comune di Lampedusa: Linosa. «Lì i flussi migratori non sono mai arrivati e Nicolini ha perso sonoramente».

Ad approfittarne è stato Martello: presidente del consorzio dei pescatori, titolare di un albergo, una vita tra Pci, Ds e alla fine Pd, lo stesso partito di Nicolini. «Ma non prendo la tessera da due anni, perché non ho cosa fare in un partito che non ha più dialettica interna, dove ci sono solo ordini dall’alto». Anche in questo, dall’altra parte della barricata rispetto alla sua predecessora, filo renziana. Adesso Martello guarda a cosa è nato a sinistra del Pd. «È normale, non posso cancellare le mie radici». 

Eppure chi ha assistito ai festeggiamenti per la vittoria racconta di tante persone attorno a Martello che niente hanno a che vedere con la sinistra. «Lui ha sfondato tra i pescatori, tra la gente povera – riflette Giuseppe Fragapane, dj, candidato consigliere nelle liste di Nicolini e pure attore in Fuocoammare -. È un ritorno al vecchio, se avesse fatto qualcosa di buono poi… Quando, cinque anni fa, Giusi si è insediata, ha messo fine a un sistema in cui lavoravano gli amici degli amici. Il Comune era una babilonia: tutti che entravano, uscivano, gridavano. Adesso temo che finirà tutto quello che Lampedusa ha rappresentato in questi cinque anni: cultura e accoglienza. La verità è che qui Giusi è sprecata». 

Ieri mattina, qualcuno ha salutato la sua sconfitta disseminando scritte censurabili su alcuni muri dell’isola: «Avete estirpato il cancro lampedusano», recitavano. Subito sono state cancellate. «Non è con le offese che risolleveremo Lampedusa», stronca l’iniziativa Maria Dell’Imperio, la consigliera che ha ottenuto più voti in assoluto e che Martello ha nominato assessora. Negli ultimi anni lei, da avvocato, ha difeso numerosi cittadini lampedusani in alcune cause contro quel Comune che adesso è chiamata ad amministrare. E ha pure vinto. Al centro della contesa c’è la distribuzione dell’acqua, nodo dolente in parte dell’Isola, dove arriva non potabile. «Il giudice ha stabilito, come chiedevamo, che il Comune non può far pagare oltre 400 euro come tariffa forfettaria in case che non hanno né contatore, né contratto». Adesso che si troverà dall’altra parte della barricata, ha annunciato che rinuncerà a difendere i suoi assistiti e che risolverà il problema. 

«Rete idrica, fognatura, collegamenti, spazzatura, depurazione: ho trovato gli stessi problemi che ho lasciato 15 anni fa», elenca il neo sindaco Martello. Che da domani però si pone una priorità: «Vorrei aprire le porte del Comune e riprendere il dialogo con la cittadinanza. E poi, lo scriva mi raccomando, io per prima cosa sono per l’accoglienza dei migranti, ma deve essere fatta in modo dignitoso. Da sindaco ho il compito di controllare che l’organizzazione dell’hotspot sia corretta, che gli ospiti vengano rispettati o se, al contrario, c’è qualcuno che ci vuole lucrare. Dire questo – conclude – equivale a essere un razzista?». 

Salvo Catalano

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