E’ un argomento che suscita clamore, ma del quale sappiamo poco o nulla. I mezzi di informazione fanno sensazionalismo e non affrontano il problema in maniera approfondita. La prostituzione di strada è una piaga che non è affatto facile debellare. Soprattutto oggi che ha assunto dei connotati internazionali.
Grazie a Paola Monzini abbiamo provato ad addentrarci un po’ di più nel merito della questione. Paola Monzini ha conseguito il dottorato in Scienze sociali presso l’Istituto Universitario Europeo di Fiesole. Ha lavorato come ricercatrice per l’UNICRI (United Nations Interregional Crime and Justice Research Institute) e come consulente per la DIA (Direzione investigativa antimafia). Per Donzelli ha pubblicato “Gruppi criminali a Napoli e a Marsiglia” (1999). E’ stata anche l’autrice del libro “Il mercato delle donne. Prostituzione, tratta e sfruttamento” (2002) nel quale esamina le tecniche di reclutamento delle ragazze, l’organizzazione dei loro spostamenti all’estero e le forme del loro sfruttamento.
La nostra indagine sul mestiere che alcuni definiscono il più antico del mondo inizia col precisare la gestione del traffico delle donne. “Esistono vari gruppi ed individui” spiega Paola Monzini “i trafficanti e gli sfruttatori spesso sono persone della stessa nazionalità delle ragazze, ma sono tanti gli italiani coinvolti nel traffico anche se questo viene poco pubblicizzato”. Poi si passa ai numeri: secondo alcune stime sono circa 9 milioni di persone in Italia i clienti delle prostitute. “Per la maggiore sono uomini sposati ma molti sono ragazzi”, osserva la sociologa, “ed appartengono a tutte le fasce d’età e a qualsiasi condizione sociale ed economica”.
Di seguito si tocca l’aspetto sanitario e la scarsa consapevolezza del rischio cui le giovani vanno incontro durante i rapporti: ” Molte di loro non sanno nulla. Alcune quando sono costrette a prostituirsi non sono mai state con un uomo, e ricevono poche informazioni. Esiste però un passaggio di informazioni tra ‘colleghe’. Soprattutto tra le nigeriane”.
Poi si passa all’aspetto prettamente legislativo. A tal proposito esiste il DL del 25 luglio 1998 – n. 286 che, con l’articolo 18 del Testo Unico sull’immigrazione, tutela gli immigrati in casi di denuncia di sfruttamento, e prevede per loro la sistemazione in case d’accoglienza e la ricerca di occupazione lavorativa. Paola Monzini ci tiene a precisare che “esiste anche una nuova legge sulla tratta delle persone. Ma come ben sappiamo, una cosa è la legge, un’altra è la sua applicazione” e sottolinea che “tanto dipende anche dai luoghi in cui viene applicata la norma”.
Un altro dato preoccupante è che solo in casi eccezionali le prostitute sono disposte ad accettare aiuti da parte di terzi: generalmente non riescono a sganciarsi dai forti ricatti cui sono sottoposte. Sulla natura di questi ricatti non si hanno dati precisi perché gli studi sul campo sono abbastanza rari.
A proposito del rapporto tra prostituzione e informazione Paola Monzini lamenta un approccio “generalmente sensazionalista e molto superficiale, soprattutto in televisione” e alla domanda su come vedrebbe la proposta di legalizzare la prostituzione riconoscendole uno statuto lavorativo risponde: “Bisogna vedere. Sappiamo che anche nei Paesi come l’Olanda e la Germania, nei quali la prostituzione è definita un lavoro, se non si tratta di donne europee, difficilmente la tutela legislativa è effettivamente applicata. Perciò questa soluzione potrebbe andar bene, ma non risolverebbe ugualmente il problema”.
Allora abbiamo chiesto quale potrebbe essere una manovra efficace. La risposta è stata: “cercare soluzioni alternative”. Piuttosto che dare licenze a “case chiuse” si potrebbero istituire alberghi che facilitano incontri brevi, ad esempio incontri tra le persone che si conoscono tramite internet. “Forse l’utilizzo delle chat per combinare l’incontro tra giovani desiderosi di rapporti sessuali potrebbe essere una soluzione, seppure molto parziale. Dopo essersi conosciuti tramite il web queste persone potrebbero soddisfare le loro voglie erotiche in un albergo senza dover spendere una fortuna. Forse questa possibilità ridurrebbe il ricorso alla prostituzione”.
Infine, sul futuro della prostituzione, Paola Monzini chiude l’intervista in maniera molto secca: “ci saranno ancora più maschi che si prostituiranno. Probabilmente saranno ancora più giovani rispetto all’età media di oggi”.
Sicuramente non sarà stata questa chiacchierata a esaurire l’argomento. Speriamo tuttavia che sia servita a prendere atto del fatto che il mondo della prostituzione ha ancora tanti lati oscuri per i sociologi, per i politici, per le forze dell’ordine e persino per chi è coinvolto in prima persona. Si tratta di una questione profondamente rivelatrice della cultura della nostra società.
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