Appena due anni fa una terribile alluvione ha colpito alcuni centri della provincia di Messina travolgendo strade e abitazioni e seminando morte e disperazione. La tragedia si sta ripetendo in questi giorni, sempre nel Messinese, dove i problemi legati al dissesto idrogeologico sono noti da decenni. Dopo i fatti e i lutti – e senza che sia mai stata fatta prevenzione – si cercano i possibili responsabili. E, immancabilmente, si dà la colpa allinclemenza della natura. In parte, è vero, cè di mezzo limponderabile. Ma solo in parte. Perché insieme alla natura maligna cè anche linsipienza umana.
Proprio ieri, dalle colonne del nostro giornale, il docente universitario Giuseppe Gangemi, lurbanista che ha redatto non una settimana addietro, ma nel 2003, il Piano regolatore generale di Barcellona Pozzo di Gotto, ha spiegato che nel suo lavoro vengono elencati, uno per uno, i pericoli di inondazione di ampi tratti di questa cittadina. E stato fatto qualcosa, alla luce di queste indicazioni, per prevenire quello che sta avvenendo?
Ci sono, poi, responsabilità del governo regionale: e sono responsabilità pesanti come macigni. Se, nel caso dellalluvione in Liguria, è purtroppo vera la tesi che in fondi che lo Stato mette a disposizione per la tutela del territorio sono pochi, se non risibili, non altrettanto può dirsi per la Sicilia. La nostra è una Regione autonoma che lUnione Europea ha inserito nel cosiddetto obiettivo convergenza. Nel 2007 Bruxelles ha stanziato per la Sicilia una somma che, considerando anche il cofinanzamento di Stato e Regione, ammonta a circa 11 miliardi di euro.
Lattuale governo regionale si è insediato nella primavera del 2008. Dal 2009 lesecutivo ha a disposizione i Piani di assetto idrogeologici (Pai) redatti anche da un geologo che risponde al nome di Giovanni Arnone, nominato dirigente generale del dipartimento Ambiente proprio dallattuale governo. Nel 2009, come già ricordato, cè stata la prima alluvione. Cosa ha fatto il governo da allora ad oggi? Disponibili cerano centinaia di milioni di euro per mettere in sicurezza i paesi dellIsola con problemi di assetto idrogeologico, a cominciare proprio dai centri della provincia di Messina.
E invece? Invece abbiamo assistito allalternarsi di tre o quattro giunte, alla sostituzione di un numero mai visto di dirigenti generali con larrivo di personaggi in certi casi privi della benché minima esperienza.
Incredibile quello che è avvento proprio in materia di fondi europei. In questo delicato settore della vita pubblica è stata messa alla porta una dirigente di grande esperienza per sostituirla con il professore Robert Leonardi, poi a sua volta sostituito, dopo sette o otto mesi, con Felice Bonanno. Un anno di lavoro perso per inutili alchimie di poltrone.
Non cè bisogno di essere scienziati dellamministrazione pubblica per capire che i continui cambi ai vertici degli assessorati – e soprattutto il continuo alternarsi di dirigenti generali ai vertici dei dipartimenti – avrebbe ritardato la spesa dei fondi europei.
La verità è che lattuale governo regionale, in questi due anni, ha privilegiato la politica politicante rispetto alla possibile risoluzione dei problemi reali della nostra Isola. Oggi, nel Messinese, la realtà ci presenta il conto. Ed è un conto salato. Se invece di spendere, sì e no, il 5 o 6 per cento degli 11 miliardi di euro stanziati nel 2007 da Bruxelles, tali risorse fossero state impiegate per prevenire o comunque limitare i danni legati al dissesto idrogeologico oggi lo scenario, in certi centri del Messinese, sarebbe diverso.
Su questo punto insistiamo perché i problemi ambientali di questo territorio sono noti da decenni. E sono tristemente noti dal 2009, anno della prima, terribile alluvione, quando lattuale governo era già in carica da un anno.
Non spetta certo a noi indicare eventuali responsabilità penali: di questo, ne siamo certi, si occuperà la magistratura. A noi spetta il compito di segnalare – stigmatizzandole – le responsabilità politiche dellattuale governo regionale: che ci sono e sono davvero pesanti. Soprattutto se i responsabili della vita pubblica della nostra Isola, almeno ogni tanto, si consultano con quella parte della nostra anima che si chiama coscienza.
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