«Ruggero, ecco la tua Sicilia». Ci sarebbe anche un risvolto romantico dietro alla forma di quella che una volta era l’isola di Maredolce, dominata dal suo castello al centro del lago che sorgeva in quello che ora è il quartiere Brancaccio di Palermo. Secondo lo studioso spagnolo Jose Tito Rojo, infatti, l’isolotto sarebbe stato creato con le sembianze della carta della Sicilia disegnata dal geografo arabo Idrisi. Ma questa è solo l’ultima delle tante scoperte nate dal rinnovato interesse che sta suscitando il parco di Maredolce La Favara, con le sue meraviglie per anni dimenticate. E chissà che tra le tante opere di rivalutazione dell’area non si riesca anche a realizzare il sogno mai – finora – compiuto di riportare il lago laddove ci sono solo terreni e costruzioni abusive, fin sotto l’autostrada. Un’idea ambiziosa, che divide i tecnici del settore, ma c’è ancora chi ci crede con caparbietà.
Proprio ieri si sono presentati i risultati della quattro giorni di lavori del workshop internazionale della fondazione Benetton studi ricerche, che si è tenuto nell’area di Maredolce la scorsa estate, dal 26 al 30 luglio. Gli studiosi hanno concentrato la propria attenzione sul parco e le sue colture. Quel che resta del lago, la sorgente di acqua dolce che appunto dà il nome al palazzo fatto erigere nel 1071 da Ruggero II, che ne fece la propria abitazione, garantirebbe un supporto notevole in termini di irrigazione, ma gli esperti si sono mostrati molto scettici riguardo al ripristino dello specchio d’acqua. «Per il fondo del bacino – si legge nel materiale prodotto dopo il workshop – si propone la coltivazione di seminativi a rotazione annuale che consentano la vista dell’isola centrale, trasformandone continuamente l’intorno. Per le zone umide, che costituiscono una preziosa riserva di biodiversità da mantenere, alla riproposizione seppur parziale di uno specchio d’acqua (ipotesi difficilmente perseguibile per a condizione del sistema di impermeabilizzazione, attualmente compromesso) si preferisce l’idea di un mari d’erve». Una distesa, in pratica, di erba che ondeggiando al vento potrebbe riprodurre un effetto tale da dare la suggestione dell’antico lago.
Una proposta concreta, che però non fiacca nel morale chi da almeno venti anni punta a riportare il mare dolce alle porte di Palermo. «Noi abbiamo un’idea: puntiamo sul lago – dice senza mezzi termini Domenico Ortolano, presidente dell’associazione Castello e parco di Maredolce – Quello che è mancato è lo studio di fattibilità. Ciò che faremo il prossimo anno sarà mettere insieme tutte le figure professionali: architetti paesaggisti, geologi, ingegneri idraulici, per tirare fuori un progetto. Sembra una banalità, ma non si tratta di una mera questione di soldi, ma di progettualità. Di fronte a un progetto serio e fattibile i soldi in qualche modo si possono reperire». E la tenacia con cui i membri dell’associazione hanno lottato per arrivare fino all’abbattimento di gran parte delle abitazioni abusive che soffocavano palazzo e parco autorizzano a credere, o quanto meno a sperare, che il loro piano possa andare in porto. «Sono venti anni che sogniamo di riportare il lago a Maredolce – prosegue Ortolano – Si tratta dell’unica Agdal esistente in Europa. Entrare a Palermo dall’autostrada e trovarsi alla propria destra il lago, con l’isolotto, il palazzo, sarebbe un bellissimo biglietto da visita per la città. Noi – conclude – siamo in pieno fermento, se non siamo un po’ ambiziosi che senso ha tutto questo lavoro?».
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