L’aggressione al rider e la scelta di Zangaloro sullo Zen Discriminazione sociale o denuncia? «Chiediamo scusa»

Se quel rider ieri sera fosse stato aggredito in pieno centro anziché allo Zen, l’azienda titolare avrebbe reagito allo stesso identico modo? Zangaloro Meat Factory, cioè, avrebbe ugualmente fatto un post per denunciare pubblicamente quanto accaduto, prendendo di conseguenza la stessa identica decisione presa a caldo ieri sera di sospendere le consegne a domicilio in quel preciso quartiere? La prima a porsi questa domanda, già a poche ore dalla notizia dell’aggressione al rider di Zangaloro, era stata la presidente dell’associazione Laboratorio Zen Insieme Mariangela Di Gangi, dispiaciuta non solo per l’immediato dito puntato, al solito, verso un’intera zona dove a vivere ci sono anche persone perbene che con la criminalità e la delinquenza non hanno nulla a che fare. Ma anche e soprattutto per l’infelice scelta della nota burgeria palermitana di interrompere il domicilio, quasi come lo Zen fosse il Far West. Come se altrove una cosa del genere non potrebbe accadere. 

I messaggi di solidarietà rivolti al rider vittima dell’aggressione e all’azienda stessa sono stati tantissimi. Ma compensati anche dalle numerose critiche che tale decisione ha sollevato. Tanto da spingere oggi i titolari a fare una sorta di passo indietro. «In riferimento all’aggressione di ieri sera subita da uno dei nostri rider, ci teniamo a ringraziarvi per i tanti messaggi di solidarietà nei nostri confronti e soprattutto nei confronti del ragazzo. Ma vogliamo soprattutto scusarci con tutta la gente che popola il quartiere ZEN, che è anche la casa di alcuni nostri dipendenti. Il momento di sconforto, causato anche dal susseguirsi di episodi criminali subiti nell’ultimo periodo, ci ha fatto scrivere un post di tutta fretta. A questo proposito, il nostro atteggiamento non deve essere visto come un atto di discriminazione sociale ma come un’azione di denuncia contro ogni forma di criminalità, sperando che sia da stimolo per tutti». 

Una scelta in parte compresa e condivisa dagli affezionati clienti della burgeria, in parte bacchettata ulteriormente. E che, scuse a parte, non chiarisce del tutto il nodo focale della faccenda: le consegne a domicilio in quel quartiere, a questo punto, verranno ripristinate o restano comunque sospese? In  molti se lo domandano. Ma a una utente che sulla pagina ufficiale della burgeria domanda se il servizio di conseguenza riprenderà anche lì, segue la risposta secca e decisa di uno dei titolari: «Sì». Qualcuno però, pensa solo che l’azienda, dopo le critiche ricevute, abbia deciso per mettere una pezza per coprire il buco, ritenendola addirittura peggiore. Mentre altri ancora si domandano se non abbiano ricevuto qualche minaccia per essere diventati, nel giro di una notte, così «remissivi». «Un intero quartiere non può pagare per il gesto di un paio di delinquenti – sottolinea un altro utente, sotto al post di scuse di Zangaloro -. Può succedere ovunque, specie in questi giorni di paura e di fame». E a prendere la parola, tra curiosi, clienti affezionati e leoni da tastiera, anche chi allo Zen ci vive e conosce meglio di chiunque altro contesto e territorio: «A noi abitanti del quartiere dispiace sentire queste cose. Tutta la vicinanza al ragazzo che ha subito l’aggressione».

Ma basta scorrere qualche altro commento per imbattersi nell’ennesima querelle sulla vicenda. «Ma davvero volete far credere che lo Zen sia un semplice quartiere come un altro? – domanda un altro utente ancora, rispetto a chi chiedeva a gran voce all’azienda di rivedere la propria decisione -. Davvero fate finta che il tasso di criminalità e scafazzo superi di n volte quello che può essere in via Libertà? Davvero vogliamo raccontarci la favoletta che ciò che si legge nei giornali non esiste? Io davvero resto sbalordito. Dovrebbero essere proprio le persone per bene di questi quartieri difficili a iniziare a prendere le distanze dalla merda che li circonda, non continuare a dire “siamo un quartiere come un altro, la munnizza c’è anche in via Libertà”, perché io ho studiato le leggi che regolano le proporzioni, la statistica, conosco i miei concittadini, leggo i giornali, valuto i fatti, respiro l’aria diversa quando mi ritrovo in certi quartieri, come potete continuare a nascondere la testa nella sabbia e fare finta che non ci siano delle difficoltà evidenti? Ma davvero pensate che per uno che abita per esempio in corso Calatafimi sia la stessa cosa passeggiare da solo o con la zita la sera in via Libertà piuttosto che dentro lo Zen? Ma davvero ci e vi prendete così in giro?». Una lettura che chiaramente non trova l’accordo di tutti. Specie di chi di rimando chiede perché allora «il servizio adesso è stato ripristinato? Da oggi lo Zen si è civilizzato?».

«Perché – la risposta – Zangaloro è un’azienda che, soprattutto in questo periodo, mette al primo posto il fatturato. Il post di ieri è stato fatto, giustamente, con rabbia e ha scatenato tante risposte negative dalla gente del luogo. Per evitare di perdere clientela hanno dovuto ripristinare il servizio. Mi auguro comunque con tutto il cuore che per i domicilio in quella zona venga mandata gente del luogo, che conosca la situazione e la gente del posto, come rapportarsi e chi chiamare in certe situazioni. Attaccare un riders, che guadagna meno di 1€ a trasporto, e magari danneggiarlo fisicamente, è la più grande infamia che si possa fare in questo periodo di difficoltà mondiale. E chi solo pensa che sia difendibile chi si rende responsabile di certi atti, non conosce minimamente la civiltà. Se sei disperato vai alla Caritas, non attacchi un rider».

Silvia Buffa

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