La vita dietro uno schermo

Internet, chat, forum, messaggerie istantanee erano, fino a qualche tempo fa, molto sottovalutate; si era pronti all’impatto con la nuova tecnologia e si prevedeva un surplus di interventi in rete, di nuovi utenti, di nuove comunità; ma di certo non si era pronti a soccorrere personalità affette da un disturbo “virtuale”.

Le statistiche e i sondaggi ci dimostrano come in realtà la tecnologia stia deviando le realtà sociali di ogni navigatore; l’ “American Sleep Association” afferma che il 60% dei ragazzi americani soffrono d’insonnia perché passano troppo tempo in rete, secondo il sondaggio condotto dalla “Pew Internet and American Life Project” nel 2004 in America il 56% della popolazione navigava costantemente su internet mentre nel 2003 la percentuale era vicina al 47%. È evidente l’aumento, soprattutto se si tiene conto che stiamo assistendo al diffondersi di una nuova forma di dipendenza, l’ “Internet Addiction Disorder” (Iad). Ci sono varie forme di disturbi legati alla rete, alcuni di questi sono difficili da individuare, altri sono molto evidenti, ma tutti riconducibili alla possibilità di costruire una realtà parallela, virtuale, nella quale è solito trovare un rifugio, un mondo dove ogni persona si cela dietro uno schermo e con la quale è possibile instaurare una serie di rapporti che oltrepassano di gran lunga lo stereotipo del semplice incontro. A dimostrazione di ciò l’evidente e incontestabile utilizzo di chat e forum in continuo aumento.

Secondo alcuni studiosi è chiaro come la dipendenza dalla rete non vari solo in base al tempo che si passa navigando, ma si sviluppa su uno sfondo di personalità atipiche, personalità caratterizzate da ossessività, compulsività e impulsività. La personalità che subisce la Iad, secondo alcuni studiosi, patisce la solitudine, è stressata dal lavoro, è annoiata, depressa, insicura spesso del suo aspetto fisico; si compone di una serie di problematiche che nella rete tendono quasi a svanire, a mischiarsi con le altre individualità creando cosi una fittizia comunità, composta da “web-abitanti” completamente uguali fra loro.
Secondo altri studiosi, tra i quali John Grohol, direttore di “Menthal Health Net” (un portale internet dedicato ai problemi mentali), non tutte le realtà virtuali sono da condannare, spesso infatti si tende a enfatizzare troppo le componenti non vantaggiose di questa dipendenza minimizzando le possibilità che la rete ci offre. Si tende a dimenticare che, grazie alla rete, è stato possibile allargare gli orizzonti conoscitivi, migliorare le abilità comunicative e relazionali. E’ chiaro però come la dipendenza sia vicina al concetto di abuso, il che è sicuramente preoccupante per la vastissima quantità di persone che ogni giorno navigano imprudentemente.

In conclusione, la differenza che lo studioso in questione ci propone tra i navigatori che abusano della rete e i navigatori ai quali semplicemente piace la “comunità parallela” è il grado di consapevolezza del distacco tra personalità reale e personalità virtuale. E’ proprio per questo che urge fare delle distinzioni, perché qualsiasi attività umana portata all’estremo può essere classificata come dipendenza, ma non sempre lo è, il suo riconoscimento varia in base alla valutazione personale del problema e al ruolo che il giudizio sociale detiene su ogni attività.

 

Link utili:

http://www.ismho.org/
http://www.internetaddiction.com/

Mavie Fesco

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