La vera storia di Sicilia e Servizi, la società che qualcuno vorrebbe chiudere per lasciare la Regione ai predoni dell’informatica

INTERVISTA A TUTTO CAMPO A UN PERSONAGGIO CHE DI QUESTA STORIA CONOSCE FATTI, PERSONAGGI E COSE. CHE RACCONTA UNA STORIA COMPLETAMENTE DIVERSA DALLE “VERITA’ DEGLI ASCARI”.

La Società di servizi informatici è finita spesso, forse troppo spesso, sui giornali in questi anni. Ne esce un odore sempre nauseabondo, non si capisce mai davvero cosa stia succedendo. Da ultimo, un’inchiesta della Corte dei Conti ha messo in discussione la legittimità delle assunzioni volute da Antonio Ingroia.

Noi abbiamo deciso di vederci chiaro, e abbiamo intervistato una persona che da molti anni ha a che fare con la Società. Lo spaccato che ne è uscito non è quello che si riporta sui giornali. Ne esce fuori una società che ha una missione giusta, ma che la Regione, o qualcuno fuori dalla Regione, si ostina a non voler fare funzionare. Noi non esprimiamo un’opinione, raccogliamo solo una testimonianza, ma ci è sembrata interessante e abbiamo deciso di portarla a conoscenza dei nostri lettori con questa intervista al Signor Oudeis, così ha voluto chiamarsi.

Signor Oudeis, perché questo nome intanto?

“Oudeis è il nome che Ulisse (Odysseos in greco) diede a Polifemo per non farsi riconoscere, cioè letteralmente nessuno”.

Perché non vuole farsi riconoscere? Ha qualcosa da temere?

“Per me, no. Ma guasterei qualche amicizia e qualche rapporto personale. E poi così si parla più liberamente”.

E allora ci parli di questa ‘patria del malaffare’.

“Piano con le parole! Sicilia e Servizi è, o purtroppo devo ancora dire ‘sarebbe’, una risorsa importantissima per la Sicilia. Chi la dipinge in quel modo è chi vuole fare affari con la Regione senza che questa abbia uno strumento proprio per produrre servizi informatici o per condurre trattative o committenze ad alto livello. Insomma, chi getta palate di fango contro Sicilia e Servizi ha la coscienza sporca, quasi sempre, nel senso che vuole che la Regione sprechi il proprio denaro, come sempre. Sicilia e Servizi è cosa buona e giusta, solo che qualcuno, nella politica e fuori, chissà perché, non vuole che funzioni”.

Appunto, non funziona…

“Ma non certo per colpa della Società! Guardi che l’idea non solo è buona, ma è una cosa assolutamente normale nei Paesi civili. Le do qualche numero, per capire di che stiamo parlando. Tutte le Regioni del Centro-Nord, per la complessità della gestione dei servizi ICT, hanno una società dedicata, e si parla di società con centinaia di dipendenti, persino la piccola Val d’Aosta; il Piemonte addirittura ha una società, che è un punto di riferimento nel settore pubblico, di più di mille dipendenti. Il Sud, invece, tanto per cambiare, è in genere ‘colonizzato’, cioè dipende in tutto e per tutto da forniture esterne che gli succhiano il sangue. Anche la Sicilia era così prima di Sicilia e Servizi, con poche e non coordinate procedure informatiche, non comunicanti tra di loro, pagate ‘a sangue di papa’. Insomma ‘terra di conquista come sempre, finché…”.

Finché non si ebbe l’idea di fare anche noi come al Nord?

“Esattamente! Ed è ciò che avvenne con la Legge n. 6 del 2001 che istituiva la Società mista per il decollo di una Piattaforma Telematica Integrata, per la Presa In Carico delle ‘vecchie’ procedure, e per il lancio di nuove iniziative nella e-administration”.

È sicuro che quel modello fosse sano? Dipendenza per anni e anni da un socio privato unico che detiene il monopolio e fa i prezzi che vuole, assunzioni clientelari…

“Era il modello, sano o no, che in quegli anni era pienamente legittimo. È vero: ci si legava mani e piedi per anni a un grande soggetto privato, che però, trasferendo il know-how al pubblico, ne avrebbe consentito in un secondo momento il decollo. È vero, nel frattempo il privato faceva una barca di soldi. Ma era l’unico modo di fare un salto tecnologico in breve tempo e poi, in ultimo, funzionava così in tutta Italia. Era cioè un modello collaudato e comunque, opportuno o no, legittimo. Quanto alle assunzioni clientelari, stesso discorso: allora, e fino al 2008, le partecipate sfuggivano all’obbligo di concorso pubblico, e quindi erano diventate il modo per assumere amici dei politici. Ricordo di quegli anni uno ‘scandalo’ a Palermo in cui nelle partecipate finirono persino i figli di alcuni noti sindacalisti. Ma alla fine, purtroppo, si arrivò alla conclusione che quelle assunzioni erano formalmente legittime. In ogni caso Sicilia e Servizi non aveva nessuna specificità negativa, e infatti nessun Commissario dello Stato ravvisò problemi di costituzionalità, nessun Governo centrale, né Procura della Repubblica o della Corte dei Conti trovò nulla da ridire su quel modello”

Però poi la nostra, a differenza di quelle settentrionali, rimase al palo…

“E qui c’è da chiedersi quale sia stata la ragione reale di tutto ciò: arrivammo tardi? perdemmo tempo arrivando ad una prima strutturazione solo nel 2008, sette anni dopo la legge, quando ormai il contesto giuridico ed economico era cambiato? solo sfortuna e ritardi siculi, ovvero c’è stato – questo sì – un disegno criminoso per bloccare l’autonomia informatica della Sicilia e tenerla attaccata quanto più possibile alle forniture esterne? Succedono cose strane”.

Secondo lei?

“Ripeto, il progetto è valido. Ma poi una prima gara va a monte. La seconda si conclude solo nel 2005. Nel 2006, finalmente, la Società è costituita dal notaio, ma è solo sulla carta. Solo nel 2007 si firma la Convenzione Quadro a tre: Regione, Società e Socio privato con cui si dà avvio al grande progetto. Solo nel 2008 si assumono i primi dirigenti e quadri per il funzionamento della Società, e poi, dopo le elezioni regionali e la vittoria di Raffaele Lombardo, si congela tutto, non per colpa sua certo, però è un fatto che allora tutto si blocca”.

In che senso?

“Sette anni per passare dalla legge, teorica, a un primo start-up, e nel frattempo la Sicilia restava terra di nessuno, arretrata nei servizi informatici e nell’e-government, e continuava ad essere spremuta dai fornitori esterni, certo non meno di quanto avrebbe fatto il successivo vincitore dell’appalto-concorso. Non è strano questo?”.

Fermiamoci un attimo al 2008, cioè alle prime (e uniche) assunzioni a tempo indeterminato. È qui che sono stati assunti una decina di dirigenti con contratti da favola?

“Anche questa cosa che si legge sui giornali è inesatta. L’organico era fatto soltanto da quattro dirigenti: un direttore generale, un dirigente per l’area tecnica, un altro per l’area legale e generale e un altro ancora per l’area dell’amministrazione e controllo. Un’impostazione giusta per una società che avrebbe dovuto ospitare alcune centinaia di dipendenti. Gli altri erano alcuni quadri e alcuni impiegati semplici. I dirigenti furono inquadrati – è vero – con contratti generosi, e con severe penali per la Regione in caso di licenziamento. Ma c’è anche da dire che si trattava di persone capaci, provenienti dal mondo del lavoro privato, dove godevano di retribuzioni simili. Non si può pensare di gestire un settore così delicato con stipendi da 2.000 euro al mese, questo è indubbio. Si è esagerato? Forse, ma il sistema, allora, lo consentiva. A questi nel tempo, con uno stipendio assolutamente normale, si aggiunse l’unico dipendente/dirigente confluito da Sicilia e-Innovazione nel frattempo giustamente liquidata, perché troppo sovrapposta alla nostra società, e poi nel 2013 hanno subito tutti un taglio drastico di tutto il salario variabile (l’unico ritoccabile senza ricorrere al licenziamento). Ora c’è quest’ulteriore taglio, vedremo come andrà a finire. Credo che la Regione non abbia competenza sulla disciplina di contratti di diritto privato, che possono essere modificati solo alla scadenza. Prevedo inutili contenziosi che vedranno soccombere la Regione. Ma in realtà il costo del lavoro è una voce minima, trascurabile, del costo complessivo dei servizi informatici”.

E poi cosa è successo? Intendiamo dal 2008 in poi.

“Intanto dal 2008 è scoppiata la ‘crisi eterna’, dalla quale non siamo più usciti. Da questa sono venute norme sempre più stringenti di austerity su tutti i fronti, partecipate comprese. E quindi, da allora gli organici delle partecipate sono stati cristallizzati: possono solo licenziare, ma non assumere. Insomma devono morire lentamente. Che poi questo, in realtà, fa parte dei disegni del Gruppo Bilderberg: il ‘pubblico’ deve dimagrire sino alla morte. L’informatica delle aziende pubbliche, quando le società saranno inadatte allo scopo, sarà ‘privatizzata’ con un bagno di sangue per i conti pubblici, ma chi se ne importa? Il popolo bue sarà contento di questa privatizzazione: lo illuderanno che si tagliano gli sprechi, e invece si tagli l’autonomia del pubblico rispetto al privato”.

C’è, in questa storia, una specificità siciliana?

“Sì. Un conto era dire al Piemonte, con i suoi 1000 dipendenti, ‘per ora non assumere nessuno’, un conto era dirlo ad una società appena decollata, con dieci dipendenti circa. Questa mossa era un regalo al privato: non assumendo dipendenti preparati, la Società, che nel frattempo andava svolgendo i propri compiti abbastanza bene, in realtà dipendeva in tutto e per tutto dal socio privato. Anche se le assunzioni si sarebbero potute comunque fare, perché derivavano da un obbligo contrattuale precedente all’entrata in vigore del blocco delle assunzioni, all’inizio ci fu una certa incertezza sul da farsi. Sulle prime Lombardo, senza sapere leggere e scrivere, bloccò il popolamento così, per questione di principio. La Società tentò di avvalersi delle possibilità date dalle pieghe della norma, stipulando contratti precari, da stabilizzare poi, lentamente. Insomma cresceva”.

E poi?

“Poi ogni dubbio fu sciolto: la Legge di Stabilità del 2010 chiarì che le assunzioni del personale formato dal socio privato non erano coinvolte nel blocco delle assunzioni. A quel punto bisognava correre, fare diventare la società operativa, ed emancipare la Regione dal monopolista privato”.

E invece cos’è successo?

“E invece successe di nuovo qualcosa di strano, di molto strano. Sotto il pretesto del rigore, mentre la legge consentiva le assunzioni, tutta una serie di delibere di Giunta e di circolari lo rendevano sempre più difficile, al punto che i lavoratori assunti con contratti a tempo determinato non poterono essere prorogati, si tornò indietro, i lavoratori continuavano a prestare il loro lavoro, ma questa volta alle dipendenze del socio privato. Il Governo regionale, inspiegabilmente, non procedeva al popolamento della Società, anzi compiva atti che lo ritardavano e lo ostacolavano. Miopia? Boh! E nel frattempo la conflittualità a tutto campo che caratterizzò la legislatura ‘lombardiana’ si trasferì sulla Società, scambiata dai partiti del centro-destra per un campo di battaglia politica, e dimentichi che quella società serviva per realizzare un interesse pubblico”.

A questo punto, se non ricordiamo male, sono intervenuti i soci privati.

“Sì, a un certo punto furono i soci privati, che pure un po’ beneficiavano di questo stallo, a cercare di far andare avanti la Convenzione nei termini pattuiti. A che serviva loro fatturare decine e decine di milioni alla Società, la quale poi li rifatturava alla Regione, se poi la Regione non collaudava più i servizi ricevuti e quindi non li pagava, se non per acconti? Nel frattempo le esigenze informatiche cambiavano di anno in anno, e la Società, non strutturata, non era in grado di pilotare questi cambiamenti. Doveva muoversi tra le richieste con carattere di urgenza dell’Amministrazione regionale, e il ‘consiglio’ dei privati, che di fatto si trovavano a far da balia alla Regione, ma a che titolo?”.

Poi arrivò il tempo della paralisi…

“In tutto questo la Società, in quanto tale, non aveva alcuna responsabilità. Se non il suo Consiglio di Amministrazione, che finì per essere del tutto paralizzato dai veti incrociati. Il Collegio Sindacale fu forse l’unico che tenne la barra ferma sugli interessi della Società in quanto tale, ma restò inascoltato e si occupò in maniera necessaria, ma anche un po’ patologica, di compiti che normalmente sarebbero stati di competenza dell’organo gestorio. È di questo periodo, tanto per dirne una, un incarico attribuito dal Presidente del Consiglio di Amministrazione ad un avvocato di Catania, per svariate centinaia di milioni di euro: una vicenda che ancora blocca la Società e di cui lo stesso Ingroia ha recentemente parlato”.

Insomma la Società era un’occasione buona per fare affari. Allora facevano bene i giornali a sparlare…

“No! I giornali facevano solo confusione. Non dicevano ai cittadini che era loro interesse che questa società funzionasse e che c’era chi non la voleva fare funzionare, non si capisce bene per quali interessi. Erano solo interessati a fare un polverone ‘anti-lombardiano’, per dire che era ‘tutto uno schifo’. Ma questo non aiutava a capire, anzi inibiva ancor più ogni iniziativa di normalizzazione”.

E Lombardo allora?

“Lombardo capì tardi, troppo tardi, le mosse da fare, praticamente a ridosso delle elezioni del 2012. Decise di uscire dall’impasse amministrativo con una forzatura: pose in liquidazione ‘finta’ la Società, giusto per qualche mese, in modo da congedare il precedente litigioso Consiglio di Amministrazione e razionalizzò l’amministrazione della Società trasformandola in Società con amministratore unico. Avviò pure le trattative con il Socio privato per un’uscita dall’impasse concordata: dare a loro quel che gli spettava, caro o no che fosse, previa verifica e collaudo dei servizi ricevuti, farsi ‘le corse’ per il popolamento nell’ultimo anno di attivazione della convenzione”.

Tutto questo a ridosso delle elezioni?

“Già, purtroppo le elezioni regionali erano vicine. L’ex presidente della Regione non ebbe il tempo di guidare il processo, solo quello di mettere un suo amministratore fidato a guida della Società. L’ultimo passaggio di questa incredibile storia l’avrebbe gestita il suo successore, cioè l’attuale presidente, Rosario Crocetta”.

E Crocetta che sta combinando?

“Crocetta invece non ha fattu niente per più di sei mesi. Altri sei mesi preziosi sprecati. Mentre l’amministratore gestiva l’ordinaria amministrazione. Questi pensava che alla scadenza si sarebbe dovuto fare un altro bando, con un altro socio privato, magari con lo stesso, continuando così con la dipendenza della Regione dai salassi continentali in eterno. Però ha tentato anche di presentare un piano industriale per il popolamento della società; ma su questi intendimenti non è riuscito a comunicare con la Regione. In breve, nell’era dell’ex assessore all’Economia, Luca Bianchi, di attivare la Società, di farla funzionare, di far superare questo salasso continuo, non ne ha parlato nessuno. Per un po’ arrivavano solo richieste di stringere la cinghia sui compensi degli organi sociali, su quelli dei dirigenti, etc. Cose importanti, per carità, ma non decisive. A marzo, infine, il colpo di grazia, irresponsabile a dir poco”.

Ovvero?

“Una delibera di Giunta che ‘congela’ la legge del 2010, che consentiva il popolamento della Società. A 9 mesi dalla scadenza della Convenzione, senza sapere come avrebbe fatto il giorno dopo, il Governo tagliava le gambe alla società, impedendole qualunque forma di autonomia operativa. Ma poi si è fatto ancor di peggio. E’ stato creato, con la Finanziaria del 2013, un ufficio interno di informatica, in cui sono stati concentrati tutti ‘gli esperti’ diffusi per la Regione. Solo che non si è detto esplicitamente se questo ufficio sostituiva Sicilia e Servizi e, in ogni caso, questi esperti, nella migliore delle ipotesi, erano esperti utenti, cioè interfacce tra la Società e la Regione. Di gestire in proprio le procedure più delicate, o il centro tecnico, non ne sarebbero stati capaci, se non dopo un lungo training, non parliamo dello sviluppo. Insomma una mossa avventata, o per lo meno non coordinata con tutto il resto della legislatura e dei contratti vigenti, e questo a sei mesi circa dalla scadenza della Convenzione”.

E con la Società?

“Silenzio di tomba, fino a luglio, poi una campagna stampa delirante, in cui si accusava la Società di aver compiuto chissà quali ‘fatti criminosi’, laddove l’unico crimine, se c’è, è la continua serie di inadempimenti della Regione”.

Tutto fatto solo per “sistemare” Ingroia?

“Non solo. Certo, c’è stata una forzatura per insediare Ingroia, ma alla fin fine si sta rivelando un amministratore attento e scrupoloso. Il vero fine era o sembra essere, al solito, quello di non rendere autonoma la Regione dalle forniture esterne, creando una false flag”.

Ci faccia capire: la Regione si lamentava di questa Società delle proprie responsabilità e, nel frattempo, lasciava tutto com’era? Perché dovremmo crederle?

“Non mi credete? Le faccio un esempio. Intorno al mese di giugno, il cessato amministratore, il Prof. Vitale, tenta finalmente di trasferire dalla Val d’Aosta a Palermo, dove nel frattempo si è attrezzata una sala, il Centro Tecnico della Regione. Un passo importante, che comporta risparmi, maggiore sicurezza, etc. Certo, questo trasferimento ha dei costi, ci mancherebbe. Come risponde l’ex assessore Bianchi? Accorda il trasferimento? Neanche per sogno! Grida ai quattro venti allo scandalo: Ma come? Il nostro Centro Tecnico è ancora in Val d’Aosta? Dopo tutti questi anni? E quanto paghiamo? Di qua e di là. Risultato: non se ne fa nulla, e il centro rimane là dov’è. Non le sembra quanto meno strano?”.

Poi però arriva Ingroia…

“E su questo obiettivo, solo su questo obiettivo, la Regione spreca un mucchio di tempo, che poi è tempo prezioso. Non c’è nessun malaffare in Società, si deve solo sostituire un amministratore nominato da Lombardo due anni prima della scadenza naturale. E allora che si fa? La stessa ‘forzatura’ fatta da Lombardo l’anno prima: si passa dalla liquidazione. Ma questa volta è più dura. Non c’è il consenso dei soci. Non c’è la paralisi del Consiglio di Amministrazione. Non c’è una copertura legislativa per questa decisione. C’è solo la volontà del Presidente della Regione. Anche il Collegio sindacale esprime perplessità. Però la Regione va avanti: Ingroia deve insediarsi, poi si vedrà”.

Poi che succede?

“Il precedente amministratore si prende tutto il tempo previsto dalla normativa, insomma, fa quello che può… L’assemblea straordinaria è solo alla fine di settembre, ma, all’ultimo, il notaio si rifiuta di omologare la delibera, considerandola manifestamente illegittima. Nel frattempo dicembre si avvicinava…”.

Cioè la scadenza della Convenzione con il socio privato…

“Appunto! E nessuna delle parti in causa, l’Amministratore uscente e la Regione sembravano avvedersi del problema. A un certo punto, a novembre, un primo segno di allarme arriva dal Collegio sindacale: una nota in cui si chiedeva alle parti se avessero valutato le conseguenze di servizio – giuridiche ed economiche – di un inadempimento della Convenzione Quadro. La nota è vagamente minacciosa: si adombrano comunicazioni alle Procure della Corte dei Conti e della Repubblica”.

E i soggetti come rispondono?

“Più freschi del quarto di pollo, si dice a Palermo. L’Amministratore uscente garantisce la capacità di garantire ogni servizio, anche con una nuova gara. La Regione dice che ‘tanto ormai abbiamo l’ufficio di informatica interno’… e quindi Sicilia e Servizi non serve più’. Francamente due risposte che non stanno né in cielo, né in terra. Provvidenzialmente interviene l’Avvocatura dello Stato che reputa legittima la delibera di messa in stato di liquidazione e ne consente l’iscrizione nel registro delle imprese. Arriva Ingroia, anche se il passaggio delle consegne gli ruba altri due mesi”.

E all’arrivo di Ingroia che succede?

“La Società, forzatura o no, si trova un amministratore molto attento e onesto. Era venuto, dietro l’imbeccata di Crocetta, pensando di trovare una banda di mafiosi. Trova un manipolo di dipendenti, volenterosi quanto scoraggiati, che si mettono subito a sua disposizione, spiegando che di malaffare in quella Società non c’era neanche l’ombra. Capisce subito che il privato, che pure in fondo non ha colpe, è il vero problema da risolvere mandandolo via, e nel frattempo si trova con l’emergenza. Il resto è cronaca”.

E la Regione, dopo l’insediamento di Ingroia?

“Sarà che lui ha spiegato quali fossero i problemi, sarà che si sono resi conto, sta di fatto che a dicembre finalmente rinsaviscono e capiscono che quella Società serviva eccome, e che si era perso troppo tempo e cercano di correre ai ripari. Assumono, come era lecito, i dipendenti del socio privato, sia pure solo a tempo determinato e sottoponendoli ad un esame che non tutti avrebbero passato. Revocano l’assurda delibera che vietava le assunzioni. Ribadiscono, con la Finanziaria (la prima) del 2014 il carattere strategico della società, avviano una trattativa col socio privato per definire le sue competenze. Riscattano le quote del socio privato, facendo diventare la Società una società al 100 % pubblica. Infine si esce di nuovo dalla liquidazione e si rientra nella gestione ordinaria. Insomma inizia, meglio tardi che mai, una gestione sana. Uno dei pochi, pochissimi, meriti del Governo Crocetta, se posso aggiungere”.

Ma c’è l’inchiesta della Corte dei Conti che ha contestato le assunzioni…

“Non della Corte dei Conti, ma della sua Procura, e peraltro ancora è solo un’inchiesta senza rinvio a giudizio. Se posso dire qualcosa anche su questa vicenda, è quanto meno strana”.

In che senso?

“Non metto in dubbio la buona fede del procuratore Albo, ma – guarda caso – questa interviene quando si prospetta finalmente una Società che funziona, e che fa risparmiare soldi alla Regione. Mi chiedo: la Regione ha bisogno di servizi informatici? Sì. Si possono avere senza una Società dedicata? No, perché nessuna Regione o ente locale ha mai saputo gestire in maniera internalizzata e con gli strumenti del diritto amministrativo una materia così effervescente e delicata, e perché al contrario dipendere al 100 % dai fornitori privati è una follia. Quindi la Società ci vuole. E può una Società vivere senza dipendenti, come uno schermo vuoto che compra dai privati servizi e poi li vende alla Regione? No. Come farebbe senza dipendenti dunque?”.

Quindi ci vogliono i dipendenti.

“Solo con i dipendenti preparati la Regione può funzionare. E il Piano dei Servizi e del Personale appena approvato ne prevede appena 130, di cui 70 già all’opera. Gli altri dovrebbero essere assunti subito, altro che storie! Tra questi ci sono persone ad altissima professionalità che, formati dal socio privato, gestiscono già da anni questi servizi. Dobbiamo disperdere un patrimonio di investimenti durato più di dieci anni per la bella faccia di chi?”.

C’è di parla di concorso.

“Non si possono fare, a norma vigente, mentre le assunzioni derivanti da contratto sono previste. Ma anche se… Chi assumiamo? Un marziano che nulla sa di Regione? E poi, per formarlo, che facciamo? Spendiamo altri 50 milioni di euro? E quelli persi chi ce li dà? Il Procuratore? Insomma, fino a oggi abbiamo pagato per quei servizi gli stipendi più il margine di profitto per il privato. Giusto? Non lo so, ma era così. Ora, con i dipendenti, si risparmia più del 50 % dei costi, ma non va bene ancora. Ci vogliono 0 (diconsi zero!) dipendenti. Ma è o non è una follia?”.

Non sono troppi 130?

“Non ci dimentichiamo che la Sicilia è una delle Regioni più grandi d’Italia e che ha più funzioni di tutte, compreso il coordinamento sugli enti locali. In pratica, è uno Stato. Il numero giusto, a mio avviso, non dovrebbe essere meno di 600 dipendenti. 130 addetti è un numero da Paese sottosviluppato e succube, speriamo che su questo punto si possa tornare”.

Ne usciamo da questa storia nell’interesse dei siciliani, che è l’unica cosa che a noi interessa?

“Il vero fatto è che oggi si criminalizza ogni forma di spesa pubblica in quanto tale, ogni stipendio in quanto tale. La musica è sempre la stessa, il copione è ben rodato. Prima si alza un polverone in cui non si capisce più nulla, poi si invoca la chiusura della società, e dopo? Dopo i servizi saranno appaltati a qualche grande multinazionale di ‘amici degli amici’. Crocetta è morbido, su questo fronte avrebbe capitolato. Si deve alla fermezza di Ingroia se ancora c’è una speranza che questo pezzo di Sicilia possa funzionare”.

E allora ci dobbiamo augurare che Sicilia e-Servizi funzioni?

“Certo! Come dovremmo augurarci che funzionino le Asp con i medici, la Protezione civile con i suoi addetti, i Parchi, etc. Per aggiustare tutte le branche dell’Amministrazione regionale basterebbero anche, a voler essere generosi, un paio di miliardi di euro l’anno. Lo Stato, solo con l’art. 37, ne ruba tre volte tanto alla Sicilia e, insieme all’Europa, poi fa regali di decine e centinaia di miliardi l’anno alle banche”.

Questo noi lo scriviamo ogni giorno!

“Lo so, leggo LinkSicilia. Siete intellettualmente onesti. Per questo vi dico: per favore, almeno voi, non unitevi al coro dei giornalisti che criminalizzano la spesa pubblica. Le tasse non derivano da quella, ma dall’Europa. E quella è tutta un’altra storia. Noi siciliani dovremmo tenerci stretti quei servizi che ancora ci sono, e forzare anche il blocco delle assunzioni. Le Pubblica amministrazione ha bisogno di sangue nuovo, non di essere lentamente soffocata. E l’e-administration che potrà consentire la nostra Società, una volta che decolli, consentirebbe risparmi ben superiori al costo di questo o quello stipendio. In pratica, se facciamo bene i conti, questa Società, non solo non costa niente, ma addirittura potrebbe far risparmiare, pagando qualche stipendio e qualche impresa che sviluppa software, una barca di soldi alle Amministrazioni regionali. Sì, è una società strategica, e va detto con forza!”.

La ringraziamo di questo contributo, signor Oudeis, almeno ora abbiamo un altro punto di vista su cui riflettere.

 

 

Redazione

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