La Sicilia non avrà futuro senza infrastrutture adeguate

L’AUTORE DI QUESTO SCRITTO, CHE SI AUTO-CANDIDA ALLA PRESIDENZA DELLA REGIONE, CI RACCONTA – DA INGEGNERE APPASSIONATO DI TRASPORTI – COSA ERA LA NOSTRA ISOLA NEL PASSATO IN QUESTO SETTORE. E COSA E’ OGGI. E, NATURALMENTE, COSA BISOGNEREBBE FARE PER IL PRESENTE E PER IL FUTURO

di Alfio Di Costa

Amiche ed Amici, affrontiamo oggi uno dei gravi problemi della nostra meravigliosa Isola di Sicilia.. “L’arretratezza delle infrastrutture in Sicilia”. Per essere più chiari, anche se un po’ lunghi, ci mettiamo un breve excursus storico.

Possiamo affermare senza ombra di smentita che “non c’è futuro per la Sicilia senza le infrastrutture adeguate”. Sembrerebbe una frase fatta e scontata per tutti. Sicuramente lo era duemila anni fa per i Romani che creavano il più grande Impero della Storia. I romani, come tutti sappiamo, per prima cosa realizzavano le strade che collegavano Roma a tutte le terre conquistate. Quelle strade ancora sono presenti dappertutto. Anche in Sicilia realizzarono le strade che hanno costituito il sistema viario portante fino a qualche decennio fa.

Le fonti di età romana, in sostanza la Tabula Peutingeriana e l’Itinerarium Antonini, permettono di individuare la viabilità portante interessata dal cursus publicus, come essenzialmente formata dalla viabilità costiera e da alcune trasversali interne da Catania per Agrigento, da Catania per Termini, da Agrigento per Palermo.

Le esigenze militari di difesa dell’Isola nel corso dell’ultima età thematica (sec. VIII-IX), soprattutto nella parte nord-orientale – il Val Demone – in cui si concentrava la resistenza bizantina fecero realizzare nuove Vie. La necessità di fortificare l’Isola per fronteggiare l’avanzata islamica comportò (forse più nella Sicilia orientale che in quella occidentale) la costruzione di luoghi forti, in alcuni casi una diversa dislocazione dei centri urbani e degli itinerari; il caso più significativo è quello relativo alla formazione della via Messina per le montagne, che resterà fino all’età moderna l’asse portante delle comunicazioni all’interno dell’Isola, congiungendo Palermo e Messina e sostituendo in tal senso la via romana da Catania a Termini, il cui uso è peraltro documentato a lungo.

Al sistema viario si associava poi il commercio via mare. Oltre ai piccoli caricatori, erano soprattutto i porti di Palermo, di Messina e in minor misura, di Trapani a gestire il traffico; alterne fortune ebbero i porti secondari di Termini, Marsala, Agrigento, Siracusa, Augusta. Il commercio gravitava sul mare, accesso ai traffici “internazionali” nei quali I’Isola era inserita, e dal mare continuava verso l’interno con una rete viaria scoperta dallo sciame di piccoli e medi mercanti forestieri che, dagli approdi costieri di minuto cabotaggio, si spingono fino alla masseria, come osserva lo storico Giuseppe Ciarrizzo, spesso percorrendo la salda nervatura della viabilità romana.

Nel Settecento borbonico la rete viaria fu migliorata con la costruzione di strade carrozzabili, con un processo che si pone sulla scia della più ampia iniziativa di rinnovamento delle infrastrutture stradali verificatasi in Europa a partire dal XVIII secolo; alla capillare diffusione delle strade carrabili, a partire dagli anni ’40 dell’Ottocento, seguirà l’avvento delle strade ferrate. Il processo, inizialmente dettato da considerazioni politiche e strategiche, è destinato a determinare una svolta importante nella tecnica delle comunicazioni, nella legislazione, nella struttura viaria, a volte con pesanti ricadute sul territorio (si pensi alle vaste demolizioni delle fortificazioni alla radice della falce messinese, luogo per “l’approdo” ferroviario).

In Sicilia, l’obiettivo economico di fondo del nuovo assetto viario rimase quello di permettere un collegamento rapido dall’interno verso la costa, con mezzi di trasporto a terra sostanzialmente invariati. In un primo periodo (fino al 1838) furono privilegiate le province di Palermo, Catania e Messina, certamente in considerazione della gerarchia amministrativa; successivamente (fino al 1860), fu soprattutto la Sicilia sudorientale a registrare una notevole accelerazione nella costruzione delle strade.

Logiche diverse sembrano dettare le varie fasi del processo. In una prima fase è la capitale a farla da padrone, definendo un assetto viario che le consentì non solo di essere in rapido contatto col suo hinterland, ma anche di penetrare nell’Isola verso ovest (Trapani, Marsala), verso sud (Corleone) ed est (Caltanissetta).

Palermo si colloca così al punto di confluenza del reticolo stradale, l’unico fino al 1824 degno di questo nome.

Nella seconda fase si delinea una nuova articolazione territoriale: Trapani riuscì a collegarsi con una rotabile a Calatafimi, offrendo alla produzione dell’entroterra uno sbocco alternativo a Palermo. L ‘innovazione più importante è la rotabile Palermo-Caltanissetta-Catania-Messina, di cui la vera beneficiaria fu Catania, che poté organizzare il percorso circumetneo e porsi in competizione con Palermo quale polo di riferimento per l’interno dell’Isola.

Nelle due fasi successive la posizione di Catania si rafforzò ulteriormente con la rotabile che la collegò a Siracusa a Noto e ai popolosi Comuni del Ragusano. Accanto a i tracciati maggiori, la rete viaria definì delle sub aree articolate nel Trapanese, nell’Agrigentino e nel Nisseno per consentire autonomi sbocchi al mare. Le ubicazioni dei caricatori (XVIII secolo) e delle dogane (XIX secolo) permettono la lettura della complessa e spesso conflittuale articolazione di porti ed approdi spesso vicini con conseguente conflittualità e competizione.

Ancora non desueta, la rete trazzerale della Sicilia assicura una penetrazione capillare nel territorio, soprattutto in relazione al trasporto sulla costa dei prodotti dell’ interno. Nell’arco di un secolo, tra il XVIII e il XIX secolo la rete viaria ridefinì anche l’armatura urbana delI’Isola. Le carte rivelano che per i percorsi postali, che oramai ricalcano quelli stradali, i tempi di percorrenza si sono più che dimezzati: nel 1714 per recarsi da Palermo a Caltanissetta occorrevano due giorni, alla metà dell’Ottocento occorre meno di un giorno; da Palermo a Catania il tempo da quattro giorni si è ridotto a due. L’Isola si è fatta più piccola, i percorsi più “veloci”, le mura anche se ci fossero ancora non avrebbero più nulla da segnalare, né da difendere.

Arrivando ai giorni nostri ci rendiamo conto che le infrastrutture in Sicilia non sono al passo con i tempi. Molte strade interne sono rimaste le stesse degli inizi del secolo e pertanto non più adeguate alla normale circolazione. Un turista che si trova a Capo d’Orlando e vuole andare ad Agrigento si perde in un viaggio interminabile su strada ed un viaggio impossibile con la ferrovia. Da ingegnere e da viaggiatore penso che non abbiamo dove andare. Come possiamo pensare di essere competitivi?

Presidente Rosario Crocetta: inizieremo a stimolarti con idee concrete affinché la Sicilia si adegui alle altre Regioni italiane. Iniziamo dalle strade.

Siccome ho messo a disposizione dei Siciliani la mia candidatura a Presidente della Regione, penso ad una Sicilia moderna. La Sicilia non può fare a meno di un’efficiente rete autostradale. Si dovrebbe completare la rete autostradale che dovrebbe interessare il periplo della Sicilia ed adeguare alle norme Europee le autostrade Ct – Pa , Ct – Me, Me – PA, PA – TP per renderle più sicure. Poi velocemente completare la Nord-Sud (Mistretta-Gela) e la Palermo-Agrigento.

Passando alla rete ferroviaria, ritengo sia fondamentale adeguarla per renderla decente e funzionale all’utilizzatore. Prima di pensare all’Alta velocità, penso sia giusto pensare ad una rete ferroviaria che colleghi le città siciliane in tempi accettabili per il Terzo millennio. Magari che da Catania a Palermo ci metta un’ora e trenta e così anche Messina-Palermo nella stessa ora e trenta.

Non possiamo pensare allo sviluppo se non pensiamo al principale mezzo di collegamento che è l’aereo. Dovremmo ampliare tutti i nostri aeroporti: sia i principali di Catania e Palermo, sia quelli di Comiso, Trapani, Pantelleria e Lampedusa. .

Il tutto si completa con i Porti sia commerciali ed industriali, sia turistici. Bisognerebbe adeguare i Porti di Palermo, Messina Catania, Trapani ai sempre maggiori traffici internazionali: crocieristici, merci e passeggeri. Senza dimenticare i Porti di Augusta, Siracusa, Gela, Porto Empedocle, Sciacca, Marsala.

In Sicilia si ha una forte carenza di porti turistici in grado di gestire l’importante traffico diportistico.

Mi rendo conto che ognuno di questi argomenti avrebbe meritato uno studio specifico. Penso che non potremmo mai dirci un’Isola moderna in grado di competere in questo mondo globalizzato se in tempi rapidi non ci adeguiamo ad affrontare le sfide che il Terzo millennio ci impone. Avremo modo di approfondire questi temi. #InsiemesiPuò

 

 

 

Redazione

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