La rivolta notturna dello Zen e i rifiuti per strada «Minaccia alla salute, finora soltanto promesse»

«Non si può vivere con un rogo di immondizia a sera, con la puzza di fumo che è insopportabile e la velenosissima diossina che si sparge nell’aria da mesi ed entra dentro le case». Dallo Zen le scene di ieri notte, con gli abitanti del quartiere che hanno gettato per strada i rifiuti che da anni sono accatastati in uno degli snodi centrali della più nota periferia palermitana, ricordano il recente film Joker. La rivolta notturna ha creato parecchio allarme al Comune, mentre i telefoni di dirigenti e assessori sono al momento irraggiungibili. A raccontare i motivi della forte protesta è Mariangela Di Gangi, l’operatrice sociale che conosce a menadito le complessità del quartiere e che da tempo si batte per il suo riscatto, tra narrazioni differenti e voglia di uscire dalla ghettizzazione.

«La provocazione è questa – aggiunge -: se non venite a togliere i rifiuti perché sono in uno spazio privato allora noi ve li mettiamo in un luogo pubblico». Lo spiazzo antistante via Fausto Coppi, accanto alla sede dell’associazione Laboratorio Zen Insieme, è un luogo di proprietà di un privato che, già nella costruzione (realizzata solo in parte) del quartiere Zona Espansione Nord negli anni ’70 vide quei terreni dimenticati dal pubblico. Mai espropriato fino ad ora, lo spiazzo durante questo lasso di tempo è diventato un’enorme discarica a cielo aperto: rifiuti marci si accompagnano a depositi più recenti di qualsiasi tipo. Da giugno poi si susseguono in maniera quasi regolare gli incendi dei cumuli di immondizia, realizzati dai residenti esasperati che, nonostante i continui appelli e le reiterate richieste, sono stati lasciati soli. Quello che più preoccupa è la presenza aggressiva di una colonia di topi che si fa sempre più nutrita: i roditori hanno preso a rosicchiare anche i fili delle auto, col risultato di lasciare a piedi sempre più spesso gli abitanti del quartiere.

«E’ vero che il Comune in teoria non può intervenire perché il terreno è privato, ma qui c’è una minaccia alla salute pubblica. Dunque chiediamo o che il terreno venga recintato o che sia immediatamente ripulito – interviene Mariangela Di Gangi – Il punto di partenza della protesta è sempre lo stesso, si tratta di una situazione che va avanti da anni. L’avevamo già posta ad esempio all’attenzione dell’allora presidentessa della Camera Laura Boldrini quando venne nel 2016. E’ la stessa situazione da cui si è originata il campetto di calcio realizzato dal Comune, la stessa da cui è nato il movimento che ha recuperato alcuni spazi nel quartiere e che ha permesso la realizzazione di un Punto Luce Save The Children».

In realtà, sempre su pressione del Laboratorio Zen Insieme e degli abitanti del quartiere, le istituzioni hanno promesso più volte di intervenire in quei luoghi. Ma al contempo l’elenco delle promesse non realizzate è già lungo. «Su questo luogo era prevista una bonifica grazie al Piano Periferie del precedente governo nazionale, prima bloccato e poi sbloccato ma di cui ancora non si sa che fine abbia fatto – osserva Di Gangi – E prima ancora la bonifica avrebbe dovuto essere realizzata con i fondi regionali ex Gescal (per l’edilizia residenziale sociale, ndr)».

Su quest’ultimi fondi ieri il deputato nazionale pentastellato Adriano Varrica ha provato a riaccendere i riflettori. «Quando lo scorso marzo come Movimento 5 Stelle abbiamo riacceso l’attenzione sui quasi 50 milioni di euro destinati alla riqualificazione dei quartieri Zen, Borgo Nuovo e Sperone di Palermo, bloccati da 20 anni, la Regione aveva programmato la sigla dell’accordo tra Musumeci e Orlando entro settembre 2019 – ha affermato Varrica – Oggi ho scritto all’assessore regionale Marco Falcone per sollecitare nuovamente la chiusura dell’accordo. Il mio impegno, insieme a quello dei consiglieri comunali e di circoscrizione di Palermo, Antonino Randazzo, Viviana Lo Monaco, Concetta Amella, Simona Di Gesù, Giovanni Galioto e Pasquale Tusa, è volto a garantire la massima cooperazione istituzionale per lo sblocco e l’efficace utilizzo di queste risorse. La nostra battaglia continuerà per ottenere il riutilizzo delle risorse ricavate da economie di spesa o da interventi già realizzati. Lo Zen e lo Sperone hanno bisogno di strutture al chiuso da destinare ai giovani e alle associazioni sportive. Per Borgo Nuovo è stata già approvata la mozione della Quinta Circoscrizione per destinare tali risorse alla realizzazione di Parco Tindari. Continueremo a compiere ogni atto possibile che possa stimolare e supportare l’amministrazione a compiere scelte corrette per il futuro di questi quartieri e per il beneficio dei cittadini di Palermo».

Attraverso diverse attività l’associazione Laboratorio Zen Insieme dal 1988 segue, tra bambini, adolescenti e famiglie, circa 400 persone di cui 150 in maniera specifica. Il terzo settore, però, non può continuare a sopperire alle mancanze delle istituzioni, capaci di intervenire allo Zen in maniera massiccia solo per interventi repressivi. Come ad esempio l’impiego, appena la scorsa settimana, di cento agenti delle forze dell’ordine (più un elicottero e le unità cinofile) per due arresti. Con il sindaco Leoluca Orlando che aveva salutato con piacere l’operazione parlando di “forte presenza dello Stato in via preventiva e repressiva in uno dei quartieri più complicati della città”.

«Il tema qui è il modo in cui si declina la presenza dello Stato – ragiona ancora l’operatrice sociale – Non si tratta soltanto di responsabilità dell’amministrazione locale o di un pro o contro Orlando. Si deve agire a tutti i livelli, dalla Regione Siciliana allo Stato nazionale mediante ad esempio l’intervento della prefettura. La situazione è talmente ingarbugliata che è chiaro che la questione non si risolve con l’ottemperanza di un problema amministrativo. E’ una situazione straordinaria che richiede un intervento straordinario. Dieci anni fa qui intervenne l’esercito per ripulire la zona. Ora, se anche dovesse ripetersi un’azione del genere, pretendiamo di sapere anche cosa sarà fatto dopo, è un nostro diritto».

Andrea Turco

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