La rivolta del Sette e mezzo di Palermo, un esempio da ricordare per salvare la Sicilia di oggi dai nuovi ‘colonizzatori’ e da un Governo ‘ascaro’

IL FRONTE NAZIONALE SICILIANI RICORDA UN PERIODO GLORIOSO DELLA NOSTRA ISOLA, QUANDO ANDO’ IN SCENA UNA GRANDE RIBELLIONE POPOLARE CONTRO I LADRI E ASSASSINI DELLA FINTA UNIFICAZIONE ITALIANA. LA NOSTRA ISOLA AVRA’ LA FORZA DI RIBELLARSI ALLA NUOVA TIRANNIDE EUROPEA CHE HA GIA’ ‘IMPRIGIONATO’ L’ITALIA? AVRA’ LA FORZA DI CONTESTARE UN ASSESSORE REGIONALE ALL’ECONOMIA CHE FA GLI INTERESSI ROMANI?

“Gli Indipendentisti di lu Frunti Nazziunali Sicilianu ricordano che, il 15 Settembre del 1866, a Palermo, ed in gran parte dei paesi del circondario, ebbe inizio la grande sommossa indipendentista che sarebbe passata alla storia come la “RIVOLTA DEL SETTE E MEZZO”, per la sua durata che si sarebbe protratta per oltre sette giorni. Fu una rivolta popolare, annunziata ed a grandissima partecipazione degli ambienti cattolici, ma sostanzialmente laica ed interclassista. Con la quale il Popolo Siciliano contestava il ruolo di COLONIA assegnato alla Sicilia nel 1860 e reclamava libertà, progresso, indipendenza e scelte di politica economica e finanziaria adeguate alle esigenze della Sicilia”.

Così leggiamo in un comunicato diffuso dagli amici del Fronte nazionale siciliano. Anchje se noi non c’eravamo, ricordiamo con molta invidia quel periodo: un periodo in cui i siciliani tiravano fuori i coglioni contro la dominaizone Sabauda.

Oggi vivimo un periodo simile. Anzi, per certi versi peggiore. Perché, nel 1866, cominciava ad essere chiaro che, per il Sud d’Italia, il Risorgimento era stato una grande presa in giro, come riconoscerà lo stesso Garibaldi quando, nella vecchiaia, ammetterà che mai e poi mai avrebbe messo piede in Sicilia e nel Mezzogiorno, perché i meridionali avrebbero avuto tutte le ragioni del mondo per prenderlo a sassate.

“La rivolta – leggiamo sempre nel comunicato firmato da Giuseppe Scianò – dopo un buon successo iniziale, fu domata, ‘MANU MILITARI’, soltanto il giorno 22, in modo tragico e sotto una pioggia di bombe, provenienti dalle artiglierie delle navi della Flotta Militare del Regno d’Italia e dalle truppe del Regio Esercito comandate, queste ultime, dal Generale ANGIOLETTI. Tutte queste formazioni militari (forti di oltre 40.000 uomini) erano agli ordini del Generale Raffaele CADORNA, nominato di proposito ‘Commissario Regio’ per la Sicilia. Era stato anche proclamato lo STATO D’ASSEDIO (per tutta la Sicilia). Capo del Governo italiano era Bettino RICASOLI; mentre il Re d’Italia era Vittorio Emanuele II”.

A questo generale Cadorna, un assassino mandato da Casa Savoia, ancora oggi Palermo, indegnamente, dedica una strada: non sarebbe il caso, egregio Sindaco Leoluca Orlando, di intitolare questa via a un’altra personalità e, con l’occasione, sbarazzarci di tutti i porci che, negli anni subito successivi alla presunta unificazione italiana hanno scannato i meridionali nel nome dei ‘banditi’ piemontesi?

“Il Governo italiano, allora, aveva sede, com’è noto, a Firenze – scrive sempre Scianò, che di certo non sta pensando all’attuale Sindaco di questa città, Matteo renzi -. Le forze armate italiane e la flotta militare erano, inoltre, facilmente manovrabili in quanto ancora ‘mobilitate’ per la Terza Guerra d’Indipendenza, già terminata ma per la quale non era stato ancora firmato il Trattato definitivo di Pace. Vittorio Emanuele II, informato dei fatti, aveva subito scritto di suo pugno (ed il lingua francese) un MESSAGGIO al Capo del Governo RICASOLI, raccomandandogli di ‘NON AVERE PIETA’ di quella plebaglia’. Insomma: il nemico da combattere e da abbattere era, ancora una volta, il POPOLO SICILIANO”.

Oggi sta avvenendo una cosa simile. Oggi, in Sicilia, la gente non si ammazza più a cannonate, ma tagliano i soldi ai Comuni, ai servizi sociali, alle famiglie e alle imprese. A massacrate i siciliani, oggi, non sono più i generali piemontesi, ma i delegati romani. Romano, infatti, è l’assessore regionale all’Economia, Luca Bianchi, che fa da ‘base operativa’ in Sicilia per consentire al Governo centrale di scippare i soldi dei siciliani. E se, nel 1866, il re savoiardo scriveva in francese, oggi gli ordini arrivano in tedesco, come alla fine degli anni ‘30 del secolo passato.

“La repressione fu tremenda – leggiamo ancora nel comunicato-racconto del leader del Fronte nazionale siciliano -. Si contarono fra i ribelli oltre 10.000 morti. Furono eseguite fucilazioni senza processi, né verbali. Furono praticate torture e violenze di ogni genere, anche contro i semplici ‘SOSPETTI’ (di ribellione). Le rappresaglie e le persecuzioni politiche e poliziesche si sarebbero protratte per circa un quinquennio dalla data del 22 settembre 1866. Le manipolazioni della verità, la disinformazione, la congiura del silenzio, la ‘CENSURA’, messe in atto dal Governo italiano e dai suoi rappresentanti, non riuscirono, però, a soffocare tutte le testimonianze, né tutti gli urli di dolore delle povere vittime. Alcune testimonianze preziose sono sopravvissute e sono pervenute alla nostra conoscenza. La verità, insomma, è venuta a galla”.

Scianò scrive che “lo spirito rivoluzionario del Popolo Siciliano contro l’oppressione colonialista interna del Regno d’Italia (e di chi gli è subentrato), inoltre, non sarebbe stato mai distrutto completamente, nè domato”.

Speriamo che questo “spirito rivoluzionario” sia sopravvissuto per davvero e aiuti, oggi, i siciliani a liberarsi dagli ‘ascari’ che governano la Sicilia. A cominciare da un assessore regionale all’Economia che fa solo gli interessi di Roma, svuotando le ‘casse’ della nostra Regione.

Il leader del Fronte nazionale siciliano ci informa che “domenica 29 Settembre, alle ore 10,00, si svolgerà, a Palermo, un ‘ATTIVO’ “rivolto a recuperare questa pagina insanguinata e negata di Storia della Sicilia. Non manca la speranza di fornire una informazione più corretta e più completa sulle dimensioni e sulle modalità di una Rivolta che facciamo fatica a non chiamare ‘RIVOLUZIONE. Analoga attenzione si darà alla ‘vicenda’ della ‘repressione’, la cui crudeltà ha pochi precedenti in Europa, e nel corso della quale furono violati i diritti fondamentali dell’Uomo. Nonché quelli specifici del Popolo Siciliano”.

La nostra speranza è che i siciliani, oggi massacrati dalle politiche economiche dell’Unione Europea, della Banca centrale europea, dal Governo nazionale del nostro Paese che è ormai un Governo di fantocci in mano alla stessa Unione Europea e da un Governo regionale di ‘ascari’ si ribellino a questo stato di cose. La speranza è che dalla Sicilia dei disoccupati, dalla Sicilia di quelli che da mesi e, forse, da oltre un anno sono stati lascianti senza retribuzione, dalla Sicilia dei prossimi disoccupati parte la ‘scintilla’ per una nuova rivoluzione civile per liberarci da questa nuova e inquietante schiavitù.

 

Redazione

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