Sei liberi consorzi più tre città metropolitane: nove, tante quante erano le province. Con più funzioni, soprattutto nel caso delle aree di Catania, Palermo e Messina. E con la stessa estensione territoriale dei vecchi enti. Le novità vere stanno nella mancata elezione diretta degli organi decisionali da parte dei cittadini e nel fatto che tutte le cariche saranno a titolo gratuito. Sono i tratti fondamentali dell’ultimo tentativo di riforma delle province siciliane. Il nuovo disegno di legge è stato depositato dal governo Crocetta in commissione Affari istituzionali e ora affronterà un lungo iter, che già si preannuncia pieno di imboscate, soprattutto per provare a inserire l’elezione diretta, prima che diventi legge.
Il nuovo ddl era atteso da tempo e in sostanza rivoluziona e completa quello del marzo del 2014, con buona pace di quei pochi Comuni che, con difficoltà e a volte con dispendio di risorse economiche, avevano seguito l’iter descritto nel provvedimento di un anno fa. Nel frattempo sono trascorsi undici mesi durante i quali le ex province sono state commissariate, senza ricevere adeguati finanziamenti, col risultato di enormi difficoltà economiche.
Adesso l’ultimo disegno di legge mira a riempire questo gap. Vediamo come.
ESTENSIONE GEOGRAFICA
Vengono istituiti sei liberi consorzi, coincidenti con i confini delle ex province di Agrigento, Caltanissetta, Enna, Ragusa, Siracusa e Trapani. E tre città metropolitane – Palermo, Catania e Messina. Anche in questo caso la loro estensione coincide con i confini delle rispettive ex province. E’ questa la novità più importante. Nel ddl del marzo 2014 i limiti della aree metropolitane erano fissati dal decreto del presidente della Regione del 10 agosto 1995. Adesso non più. In tal senso la Sicilia si adegua alla legge Delrio, che regola la riforma delle province nel resto d’Italia. E’ quanto chiedevano da tempo i sindaci di Catania e Palermo, Enzo Bianco e Leoluca Orlando.
Cosa succederebbe per quei Comuni che in questi mesi hanno aderito a liberi consorzi diversi da quello di appartenenza originaria?
I casi sono solamente quattro: Gela e Niscemi hanno lasciato il libero consorzio di Caltanissetta e aderito a quello di Catania. Dove era approdata anche Piazza Armerina, uscendo dal consorzio di Enna. Licodia Eubea, invece ha abbandonato il consorzio di Catania per aderire a quello di Ragusa. A questi Comuni, se il ddl venisse approvato dall’Ars così com’è, verrebbe data la possibilità di tornare sui propri passi con una delibera del consiglio comunale, da adottarsi a maggioranza dei due terzi ed entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. Se questo non venisse fatto, Gela, Niscemi e Piazza Armerina si ritroverebbero non più nel consorzio etneo, ma nella città metropolitana di Catania. Dettaglio non da poco, soprattutto per Gela che ambiva a diventare, in quanto città più popolosa, la città capofila di un consorzio etneo privo del capoluogo.
C’è sempre la possibilità di creare nuovi consorzi, ma gli stringenti paletti e i tempi imposti dalla legge, nonché il fallimento della maggior parte dei tentativi dei mesi scorsi, rischiano di scoraggiare anche i più temerari. E’ richiesta infatti la continuità territoriale tra i comuni aderenti e una popolazione non inferiore a 180mila abitanti (con la precedente legge la soglia era di 150mila).
GLI ORGANI DECISIONALI
I liberi consorzi avranno un presidente, un’assemblea e una giunta.
Il presidente sarebbe eletto dai sindaci e dai consiglieri comunali dei Comuni appartenenti al libero Consorzio. Chi ha ricevuto una condanna, anche non passata in giudicato, non può esprimere il suo voto, né può essere eletto. Tutti i sindaci dei centri che fanno parte del consorzio sono candidabili. C’è, poi, la questione del voto ponderato. Per fare in modo che i vari comuni abbiano un peso diverso a seconda del numero di abitanti, ogni elettore non voterà una sola scheda, ma tante quante sono quelle previste per la fascia demografica del comune di appartenenza. Fasce demografiche che però il governo regionale non ha ancora presentato. E’ previsto l’eventuale turno di ballottaggio tra i due sindaci più votati, nel caso in cui nessuno al primo turno abbia ottenuto la necessaria maggioranza assoluta.
L’assemblea dei liberi consorzi – organo di indirizzo politico e di controllo – sarà composta dai sindaci dei Comuni compresi nel territorio del libero consorzio. La giunta è invece l’organo esecutivo, può essere composta da un minimo di 4 a un massimo di 8 componenti in base alla grandezza del Consorzio, e viene eletta dall’assemblea che sceglierà da una rosa di nomi proposti dal presidente. Quest’ultimo potrà candidare solo sindaci e consiglieri in carica dei comuni del Consorzio.
Le città metropolitane avranno un sindaco, una Conferenza e una giunta.
Il primo verrà eletto con le stesse modalità descritte per il presidente del libero consorzio. La Conferenza metropolitana – organo di indirizzo politico e di controllo – è composta dai sindaci dei Comuni compresi nella città metropolitana. La giunta – l’organo esecutivo – viene eletta dalla Conferenza che sceglierà da una rosa di nomi presentata dal sindaco metropolitano. Le giunte delle città metropolitane di Catania e Palermo, con una popolazione superiore al milione di abitanti, saranno composte da 8 membri. Quella della città metropolitana di Messina ne avrà 6, perché ha una popolazione compresa tra i 500mila e il milione di residenti.
Tutte le cariche, sia dei liberi consorzi che delle città metropolitane, saranno a titolo gratuito, durano cinque anni e sono incompatibili con la carica di deputato regionale. Possibile, secondo il ddl, invece la coabitazione con la carica di parlamentare nazionale. Verranno rimborsate solo le spese per le trasferte, effettivamente sostenute e documentate riguardanti vitto, alloggio e l’uso dei mezzi di trasporto.
LE FUNZIONI DEI LIBERI CONSORZI
Il nuovo ddl riempie in parte il vuoto lasciato dal precedente nella divisione delle funzioni tra Comuni, Liberi consorzi e Regioni. Rientrerebbero nelle funzioni proprie dei liberi consorzi tutte le funzioni delle ex province, più la pianificazione in materia territoriale, ambientale, di trasporti e di sviluppo economico. E in particolare:
– la pianificazione territoriale e urbanistica, comprese le strutture di comunicazione, la rete di servizi e infrastrutture, i sistemi coordinati di gestione dei servizi pubblici;
– la pianificazione dei servizi di trasporto, l’organizzazione del trasporto locale interurbano; l’autorizzazione in materia di trasporto privato; la costruzione e la gestione delle strade del consorzio e la regolazione della circolazione stradale;
– la tutela ambientale e turistica;
– lo sviluppo economico e sociale;
– i sistemi di informatizzazione e di digitalizzazione in ambito consortile;
– la formazione (pianificazione, organizzazione, gestione e supporto)
– la motorizzazione civile.
LE FUNZIONI DELLE CITTA’ METROPOLITANE
– adozione e aggiornamento di un piano strategico triennale del territorio metropolitano, che costituisce atto di indirizzo per l’Ente e per l’esercizio delle funzioni dei comuni;
– pianificazione territoriale generale ed urbanistica, delle reti infrastrutturali dell’area metropolitana, la Città metropolitana fissa vincoli e obiettivi all’attività dei Comuni compresi nel territorio metropolitano;
– strutturazione di sistemi coordinati di gestione dei servizi pubblici locali dell’area metropolitana, già di competenza comunale;
– mobilità e viabilità del territorio metropolitano;
– promozione e coordinamento dello sviluppo economico e sociale nell’area metropolitana, anche assicurando sostegno e supporto alle attività economiche e di ricerca innovative;
– promozione e coordinamento dei sistemi di informatizzazione e di digitalizzazione;
– pianificazione, organizzazione, gestione e supporto – nei limiti della programmazione regionale – in materia di formazione;
– motorizzazione civile.
In più, sia i liberi consorzi che per le città metropolitane, si occuperanno del servizio sistema di raccolta e smaltimento rifiuti, eventualmente assumendo le funzioni e le competenze delle Società per la regolamentazione del servizio di gestione rifiuti (S.R.R.); così come del sistema di approvvigionamento e distribuzione dell’acqua, eventualmente assumendo le funzioni e le competenze delle Autorità A.T.O; potranno chiedere e gestire fondi europei.
PERSONALE
I nuovi enti assorbiranno il personale a tempo determinato e indeterminato delle ex province, mantenendo la stessa posizione giuridica ed economica e l’anzianità di servizio. Verrà istituito l’Albo Unico dei dipendenti dei liberi Consorzi comunali e delle Città metropolitane.
GLI ENTI PARTECIPATI, CONTROLLATI O VIGILATI DALLE EX PROVINCE
I nuovi enti dovranno effettuare, entro tre mesi dall’entrata in vigore della legge, una ricognizione di tutti gli enti, agenzie, organismi da loro partecipati, controllati o vigilati, individuando quelli che esercitano funzioni in tutto o in parte coincidenti con le nuovi funzioni. Quindi la legge prevede la dismissione delle quote nelle società che non sono strategiche per i servizi di interesse generale, nei seguenti casi:
– se le quote sono complessivamente inferiori al dieci per cento del capitale sociale;
– se le società hanno un numero di dipendenti inferiori a tre unità di personale;
– se le società hanno chiuso gli ultimi tre esercizi di bilancio in passivo;
– se le spese di funzionamento per il personale, il costo degli organi amministrativi e di gestione, le consulenze esterne di tali società superano il cinquanta per cento delle spese correnti.
I TEMPI PER L’APPROVAZIONE DEFINITIVA
La commissione Affari istituzionali si prenderà una settimana di tempo per le audizioni con docenti universitari, attuali commissari delle province e con i sindaci di Palermo, Catania e Messina. Lunedì prossimo scade il termine per presentare emendamenti in commissione. Entro il 20 febbraio il testo dovrebbe essere esitato e spedito all’Ars. E lì sarà battaglia.
«Se la riforma passa così com’è, sarà completa ma non sarà una buona riforma», commenta i deputato regionale del Movimento cinque stelle, Salvatore Siragusa, membro della commissione Affari istituzionali. «In sostanza non non cambia nulla rispetto a oggi, non c’è niente di rivoluzionario. Ci appiattiamo sul resto d’Italia dando qualche funzione in più agli enti. Ma istituendo tre città metropolitane troppo vaste e impossibili da gestire». I timori adesso si concentrano sulla possibilità che anche la governance venga modificata. «Noi speriamo che venga mantenuta com’è, senza elezioni di primo livello – conclude Siragusa – ma ci aspettiamo dei trabocchetti per inserire componenti politiche che al momento sono assenti».
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