Certe frane sono lente, la burocrazia quasi sempre. Si potrebbe sintetizzare così la storia che ha portato la Regione a rinunciare a utilizzare 14 milioni di euro per la prevenzione del rischio idrogeologico. Un problema che interessa profondamente la Sicilia e che, in passato, ha causato danni ingenti: dalla tragedia del 2009 di Giampilieri, dove morirono 37 persone e quasi un centinaio restò ferita, al cedimento del pilone del ponte Himera sull’A19, che nel 2015 spaccò l’isola in due. La decisione di revocare gli esiti di una gara, indetta sulla scorta di uno dei tantissimi finanziamenti che arrivano dalla Comunità europea, è stata presa nei giorni scorsi dal dirigente generale del dipartimento regionale della Protezione civile Salvo Cocina. «Il potere di ritiro in autotutela rientra – si legge in un decreto della settimana scorsa – nella potestà discrezionale della stazione appaltante ove vi siano concreti interessi pubblici che rendano inopportuna o sconsigliabile la prosecuzione della gara».
I motivi che hanno indotto il dirigente a stoppare l’iter sono condensati nelle dieci pagine che compongono il documento. A pesare, sopra ogni cosa, è una valutazione: c’è il rischio che l’Ue si riprenda i fondi prima che il progetto sia concluso. Il timore è legato alla consapevolezza che le risorse comunitarie andrebbero rendicontate entro la fine del 2023, mentre le attività previste dall’appalto dovrebbero durare cinque anni. E quindi concludersi, nella migliore delle ipotesi, a metà 2026. «La perdita della copertura finanziaria legittima l’amministrazione a rivalutare i motivi di interesse pubblico sottesi all’affidamento», scrive Cocina, riportando i contenuti di una sentenza del Consiglio di Stato.
Denominato Insyland, il progetto prevedeva lo sviluppo di sistemi di prevenzione per il monitoraggio di fenomeni franosi a cinematica lenta innescati da pioggia. Cioè eventi che si manifestano sul lungo periodo, passando quasi inosservati, ma che, pur non rappresentando un’immediata minaccia per l’incolumità delle persone, possono creare danni al territorio. La rosa delle zone da monitorare copriva quasi tutte le province, a riprova di come il tema del rischio idrogeologico interessi tantissimi punti della Sicilia. In un rapporto dell’Ispra, datato ormai 2005, viene quantificata in circa 500 chilometri quadrati la porzione di isola interessata da eventi franosi.
A incidere nella decisione della Regione sono stati anche i ricorsi alla giustizia amministrativa presentati da uno dei tre partecipanti alla gara. Un raggruppamento temporaneo di imprese, di cui ha fatto parte anche l’Università Bicocca di Milano, si è visto dare ragione sia dal Tar che dal Cga. Tra i rilievi accolti dai giudici c’è stato quello relativo all’arbitrarietà con cui l’aggiudicatario aveva deciso di modificare i punti di monitoraggio delle frane senza rispettare il vincolo dettato dal dovere rimanere all’interno della stessa provincia. Tuttavia, calendario alla mano, pensare che senza il passaggio dalle aule dei tribunali i problemi non ci sarebbero stati sarebbe fuorviante.
Il Consiglio di giustizia amministrativa, infatti, si è pronunciato definitivamente a giugno del 2020. Da allora sono passati sei mesi prima che la Regione prendesse atto del rischio di non riuscire a rispettare il cronoprogramma: è metà gennaio quando il Rup condivide l’idea di annullare la gara. Inoltre, andando a ritroso e tenendo come riferimento la data ultima del 31 dicembre 2023, si potrebbe dire che i tempi erano risicati già dal primo momento. L’ultima seduta di gara – la 21esima – si era svolta infatti il 12 novembre del 2018. Da quel momento, la Protezione civile avrebbe avuto meno di cinquanta giorni prima di far partire le attività e garantirsi così almeno cinque anni di monitoraggi. Invece bisogna aspettare la metà di aprile del 2019 per l’approvazione della proposta di aggiudicazione. A firmare quel decreto fu Calogero Foti, il predecessore di Cocina alla Protezione civile. Lo steso Foti, parlando del progetto, l’anno precedente aveva detto: «Abbiamo bisogno di elementi che ci consentano di capire quando può innescarsi una frana, se un’attività del genere non si fa mai non potremo affinare la tipologia degli avvisi che facciamo come Protezione civile».
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