La politica italiana? Del bene comune se ne frega!

Diciamolo pure, degli interessi del Paese , quindi, del bene comune, non gliene frega niente a nessuno ! Basta far mente locale allo spettacolo indegno che si recita nelle aule parlamentari, basta far mente locale alle tifoserie, più o meno, “artificiali” che esprimono una indignazione per uomini e fatti che si sconoscono.

La grande accusata, quella che sta sul banco degli imputati, è la legge elettorale che avrebbe consentito la selezione di una rappresentanza non all’altezza dei compiti e, magari, in molti priva di senso dello Stato. Una legge che, qualcuno, definisce liberticida perché priverebbe l’elettore di scegliere il suo rappresentante. Ma siamo veramente certi che sia vero tutto questo oppure lo si dice o lo si ripete perché bisogna in ogni caso dirlo o ripeterlo?

Mi pare che affermando ciò, si dice, però, una mezza verità e si sfugge al vero tema, che è culturale e che riguarda una società malata, bombardata da messaggi contraddittori e non sempre in buonafede, che non si rende ancora conto di come il mondo sia cambiato travolgendo modi di pensare e stili di vita considerati tuttavia ancora irrinunciabili.

Nessuno ha il coraggio di dirlo, perché i vari santoni che gridano agli scandali e al degrado e che contribuiscono anche loro attivamente a costruire degrado, non possono essere contestati, l’ipocrisia rivestita di pudore impedisce di scrutare che sotto il vestito c’è il nulla.

Noi, però, non abbiamo riserve e responsabilmente, a chiare lettere, siamo costretti a dire che, contrariamente a quanto si pensa, la situazione nella quale si trova oggi il Parlamento italiano ha ben poco o quasi nulla a che fare con la legge elettorale e che solo chi è in malafede – in molti casi si tratta di imbecilli disinformati – non parlo naturalmente degli imbonitori di piazza, può pensare cose diverse. Ed allora, di chi è la colpa?

La ragione vera è che gli italiani, col loro voto, hanno determinato una situazione che non consente sbocchi. Non è dunque la legge elettorale – che anzi si sforza attraverso un meccanismo diabolico, quello che permette al 30% dell’elettorato di ottenere una rappresentanza di oltre il cinquanta per cento – ma è la consistenza dei consensi, la loro tripartizione equilibrata, perché l’aborto montiano non conta, che impedisce di costruire una maggioranza parlamentare.

Questa è la vera ragione dell’impasse sul quale bisogna riflettere. Ed è una ragione che ci porta dritti dritti alla crisi della democrazia parlamentare, alla necessaria rifondazione dei partiti perché, con buona pace di chi scioccamente immagina- sbagliando – che si possa fare a meno, essi ” continuano ad essere, come ci ricorda il profeta degli indignati Stéphane Hessel, uno strumento essenziale della partecipazione politica.”

Rifondazione e riforma dei partiti in Italia, la loro liberazione dai ghetti autoreferenziali nei quali si sono chiusi, la circolazione del dibattito democratico al loro interno. Ciò che significa, e mi meraviglio che i tanti difensori della Carta costituzionale non ne abbiano fatto tema di dibattito, dare anche attuazione all’art. 49 della stessa laddove si impone per “concorrere” a determinare la politica nazionale” l’adozione del metodo democratico.

Proprio a conferma di ciò, ricordiamo quanto, in occasione della discussione alla Costituente di quest’articolo fondamentale, ebbe a dichiarare Costantino Mortati, grande giurista e grande democratico. “E’ nei partiti infatti che si preparano i cittadini alla vita politica – dichiarava Mortati – e si da modo di esprimere organicamente la loro volontà, è nei partiti che si selezionano gli uomini che rappresenteranno la nazione nel Parlamento. Mi pare quindi che non si possa prescindere dall’esigere anche per essi un’organizzazione democratica”.

Parole lapidarie, pronunciate 63 anni fa, ma ancora attuali.

Pasquale Hamel

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