La padrona del giardino di Carlo Muratori

Se la world music è la contaminazione tra musica pop ed etnica e coinvolge tutti quei progetti musicali che attingono da tradizioni culturali diverse, Carlo Muratori, cantautore siracusano che di musica etnica se ne intende, si inserisce all’interno della sperimentazione musicale tra folk, pop e jazz a pieno titolo. Con il suo gruppo suona strumenti acustici tradizionali siciliani ma anche di altre culture, che unisce ai suoni elettronici, ai canti popolari e a canzoni composte da lui.

In un concerto tenutosi all’Auditorium dei Benedettini, organizzato e promosso dal sito Marforio, dalla facoltà di Lettere e Filosofia, Radio Zammù, in collaborazione con il Laboratorio Multimediale di Sperimentazione Acustica, Carlo Muratori ha presentato il suo dodicesimo album, La padrona del giardino.

“Suono da più di vent’anni ma presentare un nuovo disco è sempre emozionante”, ha dichiarato l’artista dopo la breve presentazione della moderatrice di Marforio Serena D’Auria, precisando che “non è un disco di canti tradizionali”. Infatti Muratori, dedicandosi allo studio e alla ricerca della musica siciliana di tradizione orale, l’ha contaminata con canti spagnoli e francesi e con la musica moderna, facendo sì che la sua opera si possa considerare come “a cavallo tra tradizione e modernità”.

Accompagnato dal suo gruppo, costituito da Massimo Genovese, “detto manolesta per la sua abilità di passare da un ritmo ad un altro in pochi attimi” alla chitarra classica, Francesco Bazzano alla batteria e alle percussioni e Marco Carnemolla al basso, il musicista siracusano ha aperto il concerto con il pezzo che dà il titolo all’album, La padrona del giardino, in cui i versi sono in spagnolo, italiano e dialetto siciliano.

Muratori spiega le ragioni della contaminazione: “La nostra isola è un multiverso culturale, non un universo, perché è pieno di diversità. Io credo che la grande civiltà siciliana meriti da parte degli artisti e degli intellettuali l’attenzione che merita”.

Il cantautore ha voluto sottolineare anche il legame tra i suonatori di tamburo e la terra: “Il tamburo è lo strumento del ritmo per eccellenza, è fatto di pelle e di legno. Il suonatore di tamburo è una persona particolare, che stabilisce con la musica un rapporto primordiale”.

L’amore che beve racconta la storia vera di un emigrato polacco in Sicilia e della sua donna, finita a prostituirsi per strada. I due vengono separati da una serie di circostanze, per poi riunirsi una notte in cui decidono di togliersi la vita annegando in mare. “La Sicilia, per secoli terra di emigrazione, diventa oggi meta di emigrati, che con la loro ingenuità, arrivano pieni delle speranze alimentate dalla televisione. Non conoscono i veri problemi che affliggono il paese”.

Il concerto prosegue con la canzone che Muratori ha composto per il film L’uomo di vetro di Stefano Incerti (in concorso al Taormina Film Festival nel 2007), che traspone cinematograficamente la storia di Leonardo Vitale, il primo pentito di mafia, le cui dichiarazioni lo fecero considerare pazzo e rinchiudere in manicomio, per poi essere ucciso una volta fuori. In passato Carlo Muratori ha composto colonne sonore per film di ambientazione siciliana come La Piovra 7 e Liscio di Claudio Antonini (per cui ha ricevuto la nomination ai Nastri D’Argento del 2007 come miglior canzone originale per il cinema).

Stella Maris è uno dei brani più famosi di Carlo Muratori. La canzone dà il titolo all’album del 1996 e, in un misto di siciliano e italiano, racconta un viaggio per mare nel Mediterraneo. “Ascoltando le preghiere dei pescatori, ho immaginato un viaggio su una nave a forma di triangolo come la Sicilia, che è una terra senza destinazione, senza nocchiero” perché amava troppo i cannoli, afferma ridendo.

Muratori ha poi raccontato un aneddoto riguardante il suo cognome, spesso storpiato al singolare. Durante la sua collaborazione con il compositore toscano Riccardo Tesis, questi presentò, in un concerto a Bologna, un brano che Muratori aveva scritto per lui. Il giorno dopo un giornalista de Il Resto del Carlino scrisse che Tesis aveva scritto una canzone a quattro mani con un muratore siciliano!

Il concerto è proseguito con Canto indigeno, uno dei brani più folkloristici, composto da versi siciliani e proverbi, per poi concludersi con Sipario, il pezzo finale del disco La padrona del giardino: “Tutto finisce. La condizione di precarietà ha a che fare con la vita dell’uomo. Siamo tutti precari, non solo i giovani. Ho voluto usare la simbologia del sipario per testimoniare quel qualcosa che un attimo prima c’è e un attimo dopo non c’è più”. 

Ilaria Messina

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