La nuova vita in 4k di Totò che visse due volte «Oggi non creerebbe più lo scandalo di allora»

«Totò che visse due volte mobilitò un intero Paese all’insegna dell’articolo 21 della Costituzione. E mise il dito sulla piaga anacronistica della censura preventiva». Ora, a distanza di 21 anni dall’uscita nelle sale, l’ultimo film censurato dalla chiesa cattolica in Italia torna a nuova vita. La pellicola più celebre dell’ex duo cinematografico palermitano Daniele Ciprì e Franco Maresco rivive grazie al restauro in 4k promosso dalla Cineteca di Bologna. Nel ricordare l’ondata di polemiche che investì allora i due registi e autori, Maresco non si lascia andare alla nostalgia nè tantomeno alla rivalsa. In lui c’è solo una punta di soddisfazione, quella dell’appassionato che è riuscito a «salvare il supporto originale» di un film che ha affrontato prima il divieto di uscita in sala e poi l’obbligo di visione esclusivamente per le persone maggiorenni. Come fosse un film pornografico.

E invece quella pellicola raccontava, racconta di una Palermo immersa nel degrado, in un bianco e nero pasoliniano – lo stesso della sperimentale e coraggiosa Cinico Tv che aveva visto l’esordio di Ciprì e Maresco su Rai3 – e che non lasciava scampo. L’idea alla base della pellicola, giudicata blasfema, era di ambientare la parabola di Gesù Cristo nelle periferie più disastrate del capoluogo siciliano, facendo interpretare alcuni personaggi biblici (gli apostoli, la prostituta Maria Maddalena) ai freaks già resi noti dalla Cinico Tv. Il secondo lungometraggio, poi premiato al Festival di Berlino, costò ai due autori palermitani da una parte l’ostracismo di larga parte dell’opinione pubblica e dall’altra il sostegno di intellettuali e colleghi.  Ma cosa è cambiato in questi 21 anni? 

«Tante cose – osserva Maresco – La società è cambiata, in peggio, e internet ha travolto ogni cosa. Allora si parlava di comune senso del pudore, mentre oggi si può assistere alla morte in diretta (che è pura pornografia). In una realtà sociale sensazionalistica come quella odierna, che è l’apoteosi del pettegolezzo, forse oggi un film del genere non smuoverebbe nulla. Noi comunque puntavamo ad altro, al contenuto. E in parte eravamo riusciti nei nostri intenti, poi arrivò la caciara patetica e oscena del processo che sviò le attenzioni. Fino ad oggi, dunque, Totò non aveva vissuto due volte. Solo con questo restauro forse abbiamo raggiunto lo scopo di allora».

E come è cambiata, invece, Palermo? «La città si è trasformata fisicamente – dice l’autore – Nel film abbiamo colto la fine di un’epoca, eravamo alla fine di un decennio che era anche la fine di un secolo e di un millennio. Ora non siamo certo nella città ideale, ma di certo quelle periferie apocalittiche sono meno presenti. Alcuni problemi sono rimasti, come la munnizza, altri si sono aggiunti. Sicuramente c’è la buona volontà del sindaco, che però spesso non va in porto. In generale Palermo è una città con meno identità rispetto a 30 anni fa, che attraversa una fase di globalizzazione dove però resistono alcune forme di vita. Abbiamo visto l’arrivo dei turisti radiocomandati, in cambio la città ha perso il senso del mistero e di casualità. Nel centro storico poi sembra di stare sul set di Cinecittà, ma c’è ben poco oltre il passìo».

Il restauro di Totò che visse due volte è stato realizzato dal laboratorio L’Immagine Ritrovata. E rinnova gli ottimi rapporti tra Maresco e la Cineteca di Bologna, che già da tempo vede una proficua collaborazione all’interno del cinema De Seta attraverso la proiezione ogni venerdì di alcuni classici della cinematografia di ogni tempo. Rigorosamente restaurati in 4k. Totò che visse due volte, dopo la prima di domani a Bologna, tornerà anche a Palermo. «La proiezione in città sarà il 19 aprile, durante la settimana santa, mi pare un’occasione opportuna» sogghigna il regista. Il film sarà poi inserito nella programmazione nazionale a partire da settembre, per la stagione 2019-2020.

Andrea Turco

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