La nuova vita del capodoglio spiaggiato a Cefalù «Vorremmo esporre il suo scheletro in un museo»

«Non si può ancora stabilire se la causa della morte del capodoglio sia stata la grande quantità di plastica ingerita, ma quel che è certo è che ne aveva lo stomaco colmo». Carmelo Isgrò fa parte del comitato tecnico scientifico del museo della fauna dell’università di Messina. E da un paio di anni ha sviluppato una vera e propria passione per i capidogli. Tanto da arrivare sin da Milazzo per analizzare il cetaceo che negli scorsi giorni è stato ritrovato sulla costa tra Lascari e Cefalù: un esemplare molto giovane, di circa sei metri e mezzo, ai quali non erano ancora spuntati neanche tutti i denti. Ad attirare l’attenzione era stato inizialmente l’inusuale colore rosa («dovuta al fatto che l’esemplare è rimasto molto tempo in mare, e dunque si era tolta la pelle che dà al capodoglio quella caratteristica colorazione grigia») e successivamente, appunto, il mare di plastica che l’animale aveva dentro lo stomaco. Il capodoglio è stato smaltito dal Comune di Cefalù, mentre lo scheletro è stato portato  a Messina. Con l’idea di porlo in un museo «anche se ancora non si sa dove e quando».

dopo il caso di Cefalù del 17 maggio, quelli di ieri a Palermo e a Gioiosa Marea accertano un vero e proprio allarme capodoglio.  

Isgrò in ogni caso non è nuovo a casi del genere. Il giovane biologo al cetaceo e al mare inquinato ha dedicato, dopo sforzi lunghi due anni, un’esposizione all’interno del castello di Milazzo. È il giugno 2017 quando un capodoglio simile a quello ritrovato a Cefalù rimane ancorato nel mare di fronte le isole Eolie. «L’esemplare di allora era pure più grande, tra i nove e i dieci metri – racconta il biologo – e rimase spiaggiato per qualche giorno». Il biologo, però, sceglie di non restare a guardare. E interviene in prima persona. In 15 giorni scarnifica completamente l’animale, immerso in un’acqua putrida e puzzolente che si forma per via della carcassa in putrefazione. E anche in quel caso, poi, lo stomaco del capodoglio è saturo di plastica. Ad aiutare Isgrò nell’operazione c’è anche l’amico di una vita, Francesco, che però il giorno dopo la conclusione del recupero delle ossa muore improvvisamente a causa di un incidente motociclistico. 

Un avvenimento tragico che però non ferma il biologo marino, il quale sceglie di chiamare il capodoglio col soprannome dell’amico – Siso – e modella allora l’idea di un’esposizione perenne, che vede anche la mostra della plastica raccolta dentro lo stomaco del cetaceo, «a futura memoria di quello che si trova nei nostri mari, come monito anche per le future generazioni». 

La stanza espositiva sarà aperta a breve grazie a una campagna di crowdfunding e vede, all’interno del castello di Milazzo, al centro lo scheletro del capodoglio, sospeso grazie all’ausilio di alcuni cavi. «Lo scorso mese è venuto ad ammirarlo anche il ministro dell’Ambiente Sergio Costa – racconta il biologo – L’esperienza è stata incredibile entrambe le volte, e a Cefalù non ci aspettavamo tutta questa plastica. Ero sconvolto, nonostante siano casi che avvengono sempre più spesso. Le prime volte mi faceva più impressione, ora sono più abituato ma comunque mi colpisce sempre».

Andrea Turco

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