La nuova leva calcistica di Sicilia, tra serie A e B Da Monachello a Torregrossa, giovani in vetrina

Giovani, siciliani e vincenti. C’è una generazione di calciatori che sta facendo strada. Tra serie A e serie B, i riflettori del calcio italiano sono puntati anche su talenti nostrani che, alla nostra maniera, ossia con estro e molto, molto carattere, fanno parlare di sé scalciando sui manti erbosi di tutto lo Stivale. I picciotti stanno venendo su davvero bene, e si impongono. Dal Mediterraneo alle Alpi. Come raramente era accaduto per la Sicilia. 

Adriano Montalto, classe 1988, ed Ernesto Torregrossa, classe 1992, ad esempio, costituiscono la coppia d’attacco del Trapani in B. Il primo, destro da Erice, ha militato in varie squadre italiane: dal Messina al Como, dall’Ascoli al Martina Franca, per poi accasarsi tra le saline. Torregrossa, numero 9 da Caltanissetta, è in prestito dall’Hellas Verona e ha inaugurato il campionato in corso con una doppietta alla Ternana già alla prima giornata. Se ci spostiamo più su, esattamente a Cesena, incontriamo Antonino Ragusa da Giardini Naxos; nato nel 1990 dove l’Etna cede il passo ai Peloritani, ha fatto il suo esordio in B tra le fila della prima squadra professionistica che lo ha accolto nelle proprie giovanili, il Treviso. «Inizialmente è stata dura – afferma il talento isolano – mi mancava tutto: famiglia, amici, luoghi; ti ritrovi solo in mezzo a persone e situazioni del tutto nuove e molto diverse da quelle solite. Poi inizi a vivere la squadra e ti rendi conto che è così che può nascere qualcosa di importante». L’ultimo anno di Primavera, Ragusa, lo fa al Genoa, per poi iniziare a girare su e giù per l’Italia: Salernitana, Reggina, Ternana, Pescara; l’anno scorso disputa la prima di campionato col Genoa e subito dopo si trasferisce a Cesena, in B, dove ora gioca titolare. Tra idoli come Del Piero e compagni di spogliatoio del calibro di El Shaarawy, arriva anche all’Under 21 azzurra in occasione delle qualificazioni agli Europei; gli piacerebbe essere allenato da Sarri e, se dovesse tornare al di qua dello Stretto, la squadra ideale, da buon siciliano, sarebbe «vicino casa»: Catania o Messina, «anche se il Palermo, negli anni, è diventato prestigioso».

Venendo a colui che, al momento, rappresenta una vera e propria promessa per tutto il calcio siciliano, Gaetano Monachello di anni 21, c’è da ricordare il giudizio de La Gazzetta dello Sport in occasione del suo esordio in Under 21, lo scorso 8 settembre: un 5,5 indigesto non solo per i sostenitori di Gaetano, ma anche per molti addetti ai lavori. Se, ancora oggi, si transita sulla 115 all’altezza di Palma di Montechiaro, si scorge una tribuna che si staglia, a mo’ di cattedrale nel deserto, nella periferia della città del Gattopardo. È qui, tra cemento e sabbia, che è nato e cresciuto. «A quattro anni e mezzo ho iniziato a correre dietro a un pallone, mio padre e mio nonno erano rispettivamente direttore sportivo e presidente della squadra del paese». A dodici anni va all’Inter, nonostante club come Milan, Reggina e Fiorentina gli facessero la corte e poi inizia a girare il mondo: dall’Ucraina al Belgio passando per la Grecia. «Esplodo a Lanciano e poi si avvia una travagliatissima trattativa con l’Atalanta». 

Adesso è in A coi bergamaschi, domenica scorsa ha esordito e, magari, la prossima partirà titolare, recupero di Denis permettendo. Il suo sogno è giocare in Champions, gli piaceva la cattiveria di Vieri e Higuain lo fa andare in visibilio. La sua ragazza è palmese, è simpatico e sta con i piedi per terra: «Non dimentico Palma: è casa mia, è il posto dove i ritmi ti permettono di fare un sacco di cose, compreso andare al bar due o tre volte al giorno e mangiare la pasta come la sappiamo fare noi». Adesso l’obiettivo è la riconferma di Di Biagio in Nazionale Under 21 e fare bene in campionato. «La squadra c’è, io ci sono con la testa; in più il mister è il massimo che potessi aspettarmi: fa quel 4-3-3 che rappresenta il calcio che mi piace». Tra i campi dei massimi campionati italiani si parla siculo, dunque, e proprio da Monachello arriva l’in bocca al lupo ai colleghi: «Forza ragazzi, portiamo avanti il nome della Trinacria».  

Gino Pira

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