Tempo fa ho partecipato a un incontro sul futuro della carta stampata organizzato dal Pulp and paper products council, a Bruxelles. Secondo me il problema non è nel mezzo ma nel messaggio. Dopo molte visite nelle redazioni di quotidiani statunitensi e del resto del mondo, mi sono convinto che il problema è proprio lì, nelle redazioni, e non nelle notizie.
La maggior parte delle redazioni che ho visitato funziona esattamente come quando ci lavoravo io, come se nulla fosse cambiato: certo, non si usano più le macchine da scrivere (erano gli anni settanta!), ma ci sono ancora i lanci di agenzia e la divisione tra inviati, giornalisti e grafici. Le separazioni territoriali all’interno delle redazioni sono vive e vegete e stanno spingendo i giornali nella tomba. Provate a dire a chi fa la cronaca locale di interagire con gli inviati degli esteri e guardate cosa succede. Provate a suggerirgli di ignorare le notizie del giorno prima perché i lettori le conoscono già. Le redazioni devono imparare ad andare oltre la semplice notizia e i giornalisti devono fare lo stesso. Viviamo in un’epoca in continuo mutamento tecnologico e dobbiamo concentrarci sul mezzo giusto. Ecco perché alcuni giornali hanno già creato delle redazioni focalizzate sui contenuti più che sull’attualità.
Sono convinto che ogni quotidiano dovrebbe avere due redazioni: una vecchio stile per il giornale online, con dei reporter impegnati a scovare le notizie, e un’altra dove i giornalisti si concentrano sull’analisi e sull’approfondimento e fanno la vera informazione. Perché, come dice Hans Nijenhuis, direttore del giornale olandese Nrc Next, “la notizia è gratis. L’informazione no”.
La tecnologia della carta (sì, la carta è a tutti gli effetti una tecnologia, anche se a volte lo dimentichiamo) non è più l’unico mezzo per diffondere le notizie, ma è certamente il modo migliore per diffondere un’informazione che leghi il nostro ieri al nostro domani. La carta è in grado di fornire un approfondimento che, per dirla con le parole di Bruce Brandfon, editore di Scientific American, “avrà un forte impatto sui lettori”. Dobbiamo cominciare a far sentire quel profondo impatto anche nelle redazioni.
Il cambiamento deve cominciare dall’interno, o i profeti di sventura continueranno a predire la fine dei giornali. Un giornale è esattamente questo: un veicolo di giornalismo di altissimo livello che ha un forte impatto sulla vita dei lettori. Non importa che si parli di politica, cultura, finanza, spettacolo o costume: la chiave per un giornalismo di successo è l’approfondimento. Ma non è certo una novità: il giornalismo non ha smesso di essere importante, è solo cambiato il modo in cui viene distribuito. La carta è perfetta per un certo tipo di giornalismo, internet funziona bene per un altro.
Il segreto è adattarsi e cambiare. Ma il cambiamento deve venire da dentro le redazioni, altrimenti i giornali si estingueranno. Se un giornale non è fondamentale per i lettori, il suo editore può cominciare a fare il conto alla rovescia per la sua fine. E se state ancora parlando della necessità di cambiare, è già troppo tardi. I giornali potranno avere un futuro solo se liberiamo le redazioni e il modo in cui lavorano. I tagli al personale, i restyling grafici e la chiusura delle sedi all’estero sono solo dei cerottini su una ferita ben più profonda. È arrivato il momento di fermarsi un attimo e ripensare alla nostra intera strategia per il futuro.
Ripreso da: http://www.internazionale.it/interblog
Samir Husni è direttore del dipartimento di giornalismo e professore all’università del Mississippi. Questo articolo è uscito sul suo blog con il titolo The problem is in the newsroom, not the newspaper.
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