La mangrovia e il ragusano

Continuando un filone di saggistica cialtrona inaugurato dalla mia analisi filosofica sul personaggio “Malaussène” , la mia attenzione si focalizza sulla fenomenologia del relax del ragusano medio.

 

Il ragusano medio, è notorio, si muove isolato per giungere però a dei punti di ritrovo, che fissano  una inderogabile stanzialità.

Nella determinazione dei suddetti luoghi di ritrovo rilevante è la stagionalità. Scorrendo brevemente le abitudini autunnali/invernali/primaverili che vedono il ragusano oscillare, a seconda dell’età, tra le improbabili “foreste” di pub sotterranei e le strozzature proprie di locali inneggianti alle virtù di Bacco della Ragusa superiore, e i portali e lucernai tipici della più antica Ragusa Ibla, concentriamo la nostra disamina  sui movimenti propri della stagione estiva.

 

Da anni il ragusano medio si spostava quasi in massa con lo scattare del primo giorno del mese di luglio, e si recava negli ameni luoghi di contrada Mazzarelli altrimenti detta Marina di Ragusa. Giunto quivi l’ibleo dedicava gran parte della giornata a bivaccare in spiaggia per poi spostarsi nelle ore notturne in una (solo una) delle due piazze della località balneare, preferite a seconda della presenza o meno di fonti di approvvigionamento alimentare più o meno valide. Particolare risultava la predisposizione, maggiormente radicata nell’ambito della più antica piazza, di concentrarsi in determinati angoli onde rendersi immediatamente reperibili ai propri simili per i consueti rituali di accoppiamento. Memorabili sono i tempi in cui l’asimmetria della disposizione dell’animale ragusano in seno a piazza Duca degli Abruzzi determinava inevitabili ingorghi di persone proprio nei punti di ingresso al pubblico luogo, per poi lasciare infiniti spazi alle bizzarre evoluzioni ludiche dei piccoli della specie.

 

Negli ultimi tempi però, e qui giungo al cuore della mia disamina, le abitudini del ragusano hanno subito un’inversione di tendenza. Sul finire di luglio e nei giorni feriali,  in giro si vedono sparuti gruppi di superstiti, qualche turista, e una tranquillità poco consona alle caratteristiche geofisiche del luogo. Si aprono finalmente gli ampi spazi. È il caso di dire che il ragusano medio di settimana non riesce ancora a staccarsi dai feroci ritmi lavorativi, e dunque è poi costretto a sfogare il proprio  impetus divertendi nelle serate del fine settimana. In quei fatidici giorni che vanno dal venerdì alla domenica assistiamo increduli alla vegetalizzazione dell’animale ragusano. Il fenomeno assume proporzioni rilevanti in orari e località ben precise. È possibile infatti vedere l’evoluzione continua e inesorabile di una mangrovia umana a partire dalle 23,00 del venerdì sera nei pressi di due luoghi di approvvigionamento, senza che quest’ultimo (l’approvvigionamento) costituisca la finalità propria dell’infinito accumularsi di ramificazioni umane.

 

La differenza dagli assembramenti di antica memoria, le già citate concentrazioni di Piazza Duca degli Abruzzi, si manifesta soprattutto in questo specifico particolare, vale a dire l’assenza quasi totale  dell’aspetto nutrizionale, e l’impressionante preponderanza che l’aspetto riproduttivo ha ormai raggiunto. L’intrico di uomini e donne che si viene a determinare infatti comporta reciproco e continuato scambio, cosa che fa fortemente sospettare sull’intenzione manifesta o latente di avviare le pratiche necessarie all’adempimento del processo riproduttivo da finalizzare, eventualmente, in altra sede.

 

Conseguenza insolita e non del tutto prevedibile di questo fenomeno è il manifestarsi di una contraria forza umana che tenta di aprirsi un varco in mezzo alla mangrovia di corpi, nonostante le caratteristiche geofisiche del luogo garantiscano vie alternative di fuga. Osserviamo infatti la formazione di flussi sinuosi di uomini che, come rettili giganti, moderni leviatani, si avventurano rabbiosamente in mezzo all’intrico di persone, con l’apparente sofferenza di chi si trova lì per pura combinazione di nefasti eventi, ma con la subconscia volontà di partecipare abbondantemente al rituale fatto di contatti espliciti e impliciti, volti alla finalizzazione di cui dicevamo prima. Nella mia veste di osservatore neutrale mi sono trovato obbligato a  studiare il doppio fenomeno da vicino, e ho avuto l’intuizione che tale tipologia di comportamento non rappresenti nulla di nuovo nel panorama storico della sociologia umana, essendo stato sicuramente fonte di ispirazione di molti dei gironi infernali della Divina Commedia, come pure causa di rivoluzioni politiche (come dimenticare gli “Assembrement”) e di immani tragedie da panico, per non dimenticare  l’arma in più dell’esercito romano nell’affrontare i nemici (la famosa disposizione a tartaruga).

È proprio dell’uomo nei suoi momenti di maggiore irrazionalità, sgomento o paura,  il volersi raggruppare in modo da formare un’unità compatta, e quasi indistruttibile, onde proteggersi irrazionalmente da eventi potenzialmente distruttivi. Arrivo quasi a formulare il paradosso che “il cattivo umore collettivo” che svuota Marina di Ragusa durante le settimana, generi questo desiderio di contatto intimo, come reazione allo sconforto, alle miserie economiche, alle retrocessioni della squadra del cuore, alle guerre e chissà a cos’altro…

Gianni Raniolo

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