La maledizione della vita eterna

Immaginate di essere tra i pochi, fortunati immortali che non devono affrontare l’incombente avvicinarsi della morte.
Immaginate anche di scoprire che non è così bello vivere per sempre. Succede proprio questo al protagonista di Amedeo che non muore, romanzo edito da Avagliano e scritto da Egle Palazzolo, giornalista e scrittrice palermitana alla sua quarta prova editoriale, che venerdì scorso ha presentato il suo ultimo lavoro nei locali della libreria Cavallotto di Catania.
Presenti, oltre l’autrice, la libraia Cetti Cavallotto (che ha sottolineato il legame tra la scrittrice e la propria famiglia) e i due relatori: Antonio Di Grado, docente di Letteratura italiana nella facoltà di Lettere e Filosofia di Catania, e la giornalista de “La Sicilia” Maria Lombardo.
 
«Oggi l’eterna giovinezza sembra diventata un’ossessione, lo vediamo in molte pubblicità», esordisce la Lombardo. Il problema, tiene a precisare, non è solo della società moderna: «Si può agganciare al momento in cui viviamo nel terzo millennio e contemporaneamente vederlo nel cinema e nella letteratura, ne sono esempi Faust o Dorian Gray». La storia ha appassionato la giornalista catanese che considera il romanzo «piccolo, ma godibile», e nella foga rivela anche il finale.  E’ l’autrice che rivela un piccolo segreto caro agli scrittori: spesso i lettori riscontrano nei romanzi più significati di quelli attribuiti dagli stessi scrittori. Non sono però significati sbagliati, spiega la Palazzolo, ma solo inconsapevoli e contenuti in un percorso preciso. 

Per Di Grado, “Amedeo che non muore” è «un’operetta morale che affronta la questione vita-morte con una leggerezza che non toglie nulla allo spessore». E il docente prosegue elogiando la scelta dell’espediente letterario dell’immortalità per analizzare una società alle prese con problemi morali, come la trasgressione, e con quelli materiali, come il pagamento delle pensioni. Situazioni anomale e paradossali, che in qualche modo rimandano ai temi trattati dai grandi scrittori siciliani come Pirandello e Bufalino, o a un maestro del cinema come il regista svedese Ingmar Bergman. Di Grado lo ricorda in occasione del dialogo tra Amedeo e la morte: «Chiamami “vita eterna”, ma sono sempre io. Non hai scampo».
Egle Palazzolo si riconosce l’inconsapevole “colpa” di citare Pirandello, ma «evidentemente a noi siciliani ci si attacca», sottolinea.

La scrittrice conclude l’incontro rivolgendosi direttamente al pubblico, attento, ma poco numeroso, come sempre più spesso accade quando sono i libri a stare sotto i riflettori. Lo fa con una precisazione sul protagonista. Definisce Amedeo una sagoma senza particolari caratterizzazioni, un contenitore vuoto da riempire con questa storia e con cui tutti i lettori possono identificarsi: «Tutti voi sarete un pezzetto di Amedeo».
 
 
Scheda del libro:
Titolo: Amedeo che non muore
Autrice: Egle Palazzolo
Casa editrice: Avagliano, Roma
Pagine: 120
Anno: 2009
Prezzo: 12,00 euro

Alberto Conti

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