Accostarsi ai Muse non è mai un’impresa facile: catalogarli come rock band è fin troppo riduttivo, così come definire la loro musica con un paio di aggettivi sarebbe impossibile. Probabilmente, per comprendere la complessità di un gruppo simile bisognerebbe inventare una scienza per poter analizzare, passo dopo passo, tutte le equazioni che, ogni tre anni circa, portano i Muse al compimento di album che si rivelano dei veri e propri capolavori.
Detestabili o ammirabili, originali o stacanovisti, i Muse sono, a prescindere da ogni cliché, una band fuori dal comune, che per la registrazione del nuovo album “The resistance” ha optato per un segretissimo studio sul lago di Como piuttosto che uno super-glamour di New York, per coerenza con la scelta di “essere più che apparire” (Matthew Bellamy, diciamocelo, è più simile ad un impiegato di banca che ad una classica rockstar consumata). Una band che sull’ambizione musicale e sulla continua mutazione stilistica ha costruito, in dieci anni di carriera, il suo marchio di riconoscimento.
Ambizione: la sinfonia di “Exogenesis”, divisa in tre parti (Overture-Cross Pollination-Redemption), in cui l’amore per la musica classica si fonde ai toni “drammatici” tipici dei Muse.
Mutazione: “The resistance” significa sonorità più elettroniche in pezzi come “Undisclosed desires”, caratteristica quasi completamente assente nei lavori precedenti.
Nonostante tutto, la protagonista assoluta dell’intero album rimane la resistenza. Invece d’armarsi di fucili e cannoni, Bellamy, con un piglio alla working class hero, riprende l’eterno motto beatlesiano “all you need is love” e lo trasforma, riadattandolo ai tempi moderni, in “love is our resistance“, facendo di questa frase la filosofia portante del disco.
L’amore diviene l’arma più potente per attuare una rivolta e ribellarsi ad una selezione innaturale che opprime, cantata in “Unnatural selection”, quasi sette minuti di rock introdotti dal suono di un organo. E se in “United States Of Eurasia” potrà sembrarvi di riconoscere un’eco queeniano, ci pensano pezzi come “Mk Ultra” a ricordarvi che il cd che state ascoltando è dei soliti Muse.
“The resistance” è un album complesso, a tratti volutamente discontinuo. “I belong to you”, con il suo intermezzo francese (“Mon coeur s’ouvre a ta voix”, tratto da “Sansone e Dalila” di Camille Saint-Saens), è l’ennesima conferma della versatilità creativa del trio che, in barba ai più tradizionalisti, modella a propria immagine e somiglianza gli schemi classici del rock. Pretenziosi? Arroganti? Macché, sono tre musicisti che, consapevoli dei propri mezzi, spingono la loro musica fin dove le insensate leggi del mercato diventano impotenti, lì dove la musica diventa pura arte. E non è poco.
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