La madre di Elena fermata per omicidio e occultamento «Ho agito senza capire bene quello che stavo facendo»

La procura ha predisposto il fermo della 23enne Martina Patti per l’omicidio pluriaggravato e l’occultamento del cadavere della figlia Elena Del Pozzo che a metà luglio avrebbe compiuto cinque anni. Stando a quanto emerso finora, la donna avrebbe confessato agli inquirenti senza però spiegare la dinamica completa e il movente. Avrebbe soltanto riferito di avere agito «senza capire quello che stava facendo». Alla fine di un lungo interrogatorio durato tutta la notte, la donna ha dato le indicazioni per fare ritrovare il corpo senza vita della bambina: in una fossa poco profonda scavata in un terreno incolto distante poco più di 400 metri dall’abitazione a Mascalucia (nel Catanese) dove la bimba viveva insieme alla madre. Sul luogo del ritrovamento pare siano state trovate anche delle tracce di sangue. La procura intanto ha disposto l’autopsia sul cadavere della bambina

Nella denuncia presentata ieri ai carabinieri la donna aveva parlato di un commando di quattro uomini incappucciati, con i guanti alle mani e armati che, minacciandola, avrebbero sequestrato la figlia. In una prima versione a bordo di un’auto – di cui la donna non avrebbe saputo riferire né il modello né il colore – poi a piedi. Una ricostruzione che, fin da subito, non ha convinto gli inquirenti che hanno concentrato su di lei i sospetti. Nella serata di ieri, gli operatori della Scientifica avevano analizzato l’auto di Martina Patti, una Fiat 500 di colore scuro. «In un primo momento abbiamo creduto alla storia degli incappucciati – hanno riferito i familiari del padre della bambina, Alessandro Del Pozzo – e non abbiamo pensato che potesse essere stata lei».

E sono stati proprio i nonni paterni – Giovanni Del Pozzo e Rosaria Testa – e la zia – Martina Vanessa Del Pozzo – a tracciare un primo profilo della donna e a chiarire alcune vicende che avevano riguardato il coinvolgimento del padre della bambina in un rapina a una gioielleria di Catania. «Un caso di ingiustizia», ha detto la sorella che in un primo momento ha ipotizzato potesse trattarsi di una vendetta legata a quella storia. Un sospetto che alla zia della bambina sarebbe nato da una frase che la madre avrebbe riportato come se le fosse stata rivolta da quei presunti sequestratori. «Ha riferito che quegli uomini incappucciati, le avrebbero detto: “Non ti è bastato il biglietto? Tuo marito questa è l’ultima cosa che fa: a tua figlia la trovi morta”». Il biglietto a cui si fa riferimento, per la sorella del padre della bambina, sarebbe quello «con delle minacce che mio fratello aveva trovato nella buca delle lettere di casa nostra quando era passato dal carcere ai domiciliari». 

Marta Silvestre

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