La politica dei compromessi e delle mediazioni, della chiacchierata a cavallo tra la vigilia della seduta parlamentare e il suo inizio, la sintesi dei malcontenti è uscita dal parlamento siciliano con la morte di Lino Leanza, tessitore di ricuciture e analista delle criticità, e con l’entrata in giunta di Baldo Gucciardi e Antonello Cracolici. Giuseppe Lupo, vicepresidente dell’Ars, non si sottrae all’ascolto, ma non ha margini di risoluzione. Mentre il collante che deve tenere insieme spiriti e motivazioni diverse, non solo nel Pd, è un universo frastagliato e non riconducibile a uno schema unitario. I mal di pancia di Giovanni Di Giacinto e Antonio Malafarina sono noti da tempo a chi, pur avendo orecchie discrete, si trova a transitare per i corridoi di Palazzo dei Normanni. La bocciatura del documento di programmazione economica rallenta solo fino a un certo punto il percorso di una legge di stabilità dove tutti sono messi insieme solo dall’interesse comune di andare avanti. Come non si sa.
Il rifinanziamento delle leggi di spesa in dettaglio produce solo rigore e ricerca, tutta da verificare, di stabilità dei conti. I cantieri come strumento per l’inclusione sociale erano attuali vent’anni fa e oggi mettono solo tanta tristezza in più. Rimandano a una dimensione di interventi statica e poco lungimirante. E poi ci sono gli enti, dal Cerisdi agli Istituti per i ciechi di Palermo e Catania, dai consorzi alle partecipate su cui – dichiarazioni spot a parte di Crocetta e Baccei – occorrerà capire l’impatto della razionalizzazione non solo in relazione ai costi, ma anche alla produttività e agli investimenti. Nel caso ad esempio di Sicilia e-Servizi, la politica siciliana si trova nella condizione di sopportare una macchina del passato che oggi non può più permettersi. Ma il coraggio di scelte impopolari manca a tutti, anche perché le alternative non sono moltissime. Anche su Riscossione Sicilia, del fidatissimo Antonio Fiumefreddo, Crocetta mostra idee di rilancio che, al momento, non sono chiare e percepite.
Una finanziaria che si accontenta di mettere mano alla questione dei precari, scongiurando al peggio l’ipotesi di non avere i forestali per strada, è una legge da cui non ci si può aspettare un grande sviluppo. Perché, fuori dalla demagogia, il solo ridimensionamento delle indennità dei regionali non autorizza grandi speranze per la Sicilia. Nel primo caso l’esecutivo non cerca una soluzione strutturale: c’è l’incentivo ai Comuni che stabilizzano, ma manca il bilanciamento tra enti che hanno molti precari e altri dove se ne trovano di meno e neanche tra strutture centrali, assessorati e Comuni spesso male assortiti. Nel secondo caso, esponendo un esercito di dirigenti della Regione obiettivamente sproporzionato – i privilegiati, come l’esecutivo a volte li ha fatti passare – si pensa di risolvere le questione di pancia dell’opinione pubblica. Adesso il rischio è la paralisi di molti settori della pubblica amministrazione che attende al varco il governatore. L’analisi e le soluzioni ancora non ci sono.
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