La lunga corsa per la presidenza dell’Ars

In un clima quasi ‘massonico’ (ed essendoci di mezzo messinesi è quasi scontato), silenzioso, felpato e ‘segreto’ proseguono senza sosta le trattative tra le forze politiche per l’elezione del nuovo presidente dell’Ars. In questi giorni i nuovi parlamentari sono stati ‘accolti’ dai funzionati di Palazzo Reale (o dei Normanni), sede del parlamento siciliano.

Un rito ‘preparatorio’ per una legislatura che, salvo intoppi (in questi anni piuttosto frequenti…), dovrebbe durare cinque anni. Dicevamo dell’elezione del nuovo presidente dell’Ars. Che dovrebbe essere garantita dai parlamentari che compongono la maggioranza. Solo che, a Sala d’Ercole, una maggioranza, grazie all’attuale legge elettorale, non c’è.

Storia nota, perché se i candidati alla presidenza della Regione sono tanti, e ognuno sostenuto da più Partiti – come è avvenuto alle elezioni del 28 ottobre scorso – e un presidente viene eletto con il 30-35 per cento dei voti, il Governo non ha maggioranza.

Se poi – come sta succedendo – le divisioni attraversano tutti i Partiti, il gioco si complica: che è quello che sta succedendo in queste ore.

Il candidato dell’area politica che ha vinto le elezioni – Pd, Udc, lista Crocetta e Ambiente e Territorio – dovrebbe essere Giovanni Ardizzone, fedelissimo del coordinatore dell’Udc siciliana, Giampiero D’Alia. Già queste quattro formazioni politiche non hanno, in Aula, la maggioranza per eleggere Ardizzone.

Non solo. Non è detto che tutti i parlamentari di queste quattro forze politiche siano d’accordo su Ardizzone (foto a sinistra). Si sa, ad esempio, che Antonello Cracolici, capogruppo del Pd nella passata legislatura, non sembra molto felice di come stanno andando le cose. E ne ha motivo, in fondo.

All’inizio si era detto che sarebbe stato lui il presidente dell’Ars. Poi gli hanno detto che il posto toccava all’Udc. Motivo: il Pd esprimerebbe già il presidente della Regione. Cosa non vera per due motivi. Primo: perché Rosario Crocetta ha già dimostrato di essere indipendente. Secondo: perché Crocetta, benché europarlamentare del Pd (ormai dimissionario), sembra più in sintonia con l’Udc.

Già Cracolici non era molto convinto di abbandonare l’idea della presidenza della Regione (e forse non l’ha del tutto abbandonata). Quando poi gli hanno detto che non avrebbe fatto nemmeno l’assessore regionale, beh, è andato su tutte le furie. Ma ha avuto poco da fare, perché, nella composizione della giunta, è passata la linea di Crocetta (e dell’Udc, o meglio, di D’Alia, che ha messo tutti ‘tecnici’ per non scontentare i parlamentari del suo Partito che sarebbero rimasti fuori: e per accontentare se stesso, ovviamente): niente assessori ‘politici’.

Morale: Cracolici potrebbe provare a giocare le sue carte per fare le scarpe ad Ardizzone. Come? Cercando di trovare in Aula una maggioranza alternativa. Contando su chi? Sui deputati del Pd che riuscirà a tirare dalla propria parte e sui deputati degli altri Partiti, anche di opposizione.

La stessa cosa sta facendo il gruppo che sostiene Ardizzone. Non ci chiedete come sono combinati gli schieramenti in campo, perché cambiano di ora in ora. In questo momento – e qui ha ragione il capo dell’opposizione, Nello Musumeci – la futura Ars (perché ancora non si è nemmeno insediata, se è vero che l’iscdiamento è previsto per mercoledì, 5 dicembre, giorno in cui si dovrebbe votare per l’elezione del presidente del’Ars) è una specie di suk: chi tira di qua e chi tira di là, chi va di qua e chi va di là…

Si sa, ad esempio, che il Cantiere Popolare-Pid – 5 deputati – attende il ‘canto’ dell’Udc e, in particolare, di D’Alia: una sorta di dichiarazione di unità di intenti. Ma il messinese D’Alia, fino ad ora, non sembra aver cantato. Risultato: il messinese Ardizzone (messinese quanto D’Alia) è sempre il candidato più accreditato per la presidenza dell’Ars. Ma bisognerà trovare i voti per eleggerlo. Convincendo il Pd a votare compatto per lui (in questo scenario non è da escludere che il ‘sacrificio’ dell’assessore Patrizia Valenti rientri in questa trattativa: Patrizia Valenti, infatti, che ha svolto il ruolo di numero uno del Consorzio autostrade siciliane (Cas) con grande determinazione (e grande correttezza) potrebbe aver pestato i piedi a qualche esponente del Pd messinese: da qui potrebbe essere maturata la richiesta del suo ‘siluramento’ dal Governo Crocetta.

Insomma, la situazione è fluida. Il candidato resta Ardizzone. Ma l’esponente dell’Udc dovrà superare le tante insidie dell’Aula. A cominciare dall’insofferenza, sempre più palpabile, di tanti deputati, stanchi del continuo ricorso a giunte ‘tecniche’, quasi che l’avere il consenso popolare alle spalle costituisca una nota politica di demerito.

Non è da escludere, insomma, che la politica siciliana, a prescindere dal colore politico, possa lanciare un segnale preciso, decida di lanciare un segnale, non per colpire lo stesso Ardizzone, ma per mettere in discussione una ‘filosofia’ politica forse un po’ troppo ‘tecnocratica’.

L’unico dato certo – a meno di accordi che, in questo momento, sembrano lontani – è che la prima votazione per il presidente dell’Ars, prevista per mercoledì prossimo, alle 11,00, dovrebbe dare luogo a una ‘fumata nera’.

Nella prima votazione, infatti, occorre la maggioranza qualificata: un terzo dei parlamentari dell’Ars (60 su 90): ed è difficile che Ardizzone racimoli sulla propria candidatura una maggioranza così ampia.

Potrebbe andare meglio la seconda votazione, prevista sempre mercoledì, dove è richiesta la maggioranza assoluta: 46 voti. Questo secondo obiettivo potrebbe essere già alla portata di Ardizzone (ma anche di un suo eventuale antagonista). Se dovesse andare male pure la seconda votazione, l’indomani mattina, giovedì 6 dicembre, andrebbe in scena il “chi c’è c’è”: per eleggere il presidente dell’Ars basterebbe la maggioranza dei parlamentari presenti in Aula.

A questo punto Ardizzone dovrebbe farcela: ma potrebbe farcela anche un altro candidato…

 

Giulio Ambrosetti

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