La lotta alle malattie neurodegenerative A Messina un centro di eccellenza

«Il nostro scopo è migliorare la qualità della vita» di quelli che «non sono pazienti, ma ospiti». Un impegno non da poco, una vera missione, per lo staff del centro clinico Nemo Sud di Messina. Il loro compito è guidare e cercare una cura per quanti sono affetti da malattie neurodegenerative, patologie senza rimedio di origini genetiche che colpiscono grandi e piccoli senza alcuna distinzione. La realtà peloritana «sta diventando il centro di riferimento per il Sud», afferma Letizia Bucalo, responsabile comunicazione del centro. «Il progetto Nemo è nato sette anni fa all’ospedale Niguarda di Milano». Sono due le strutture in tutto il Paese, una nel capoluogo lombardo e quella siciliana. «Nemo nasce dai pazienti, sulle loro reali esigenze».

Alla base c’è la fondazione Aurora, onlus che vede tra i suoi partner l’Unione italiana lotta alla distrofia muscolare, l’Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica e la fondazione Telethon che da anni lancia le sue campagne di raccolta fondi proprio nel mese di dicembre. In Sicilia ad affiancare il centro Nemo contribuiscono il policlinico e l’università messinesi. Come spiega Bucalo, a rendere speciale la struttura è la multidisciplinarità dell’equipe che vi lavora. Grazie alla presenza di varie professionalità, per ciascun malato «si cerca il percorso migliore». Per quanti sono affetti da malattie neurodegenerative, poter trovare in un unico luogo neurologo, logopedista, fisioterapista e psicologo è un fattore determinante per una situazione difficile da affrontare. Anche economicamente. «Nel Sud, poi, soprattutto nella provincia, dove per qualsiasi esame o visita bisogna spostarsi, si eliminano costi che nel tempo diventano determinanti». L’affiancamento a uno psicologo, inoltre, è garantito anche per i familiari dei pazienti. Quello delle malattie degenerative, spiega Bucalo, «è un percorso emotivamente difficile». Sia per chi soffre, ma anche per chi gli sta vicino.

Un altro tratto distintivo, e quasi rivoluzionario per un Paese come l’Italia, è l’età del personale impiegato. Medici, fisioterapisti, operatori socio sanitari sono tutti under 50. Giovani, ma non apprendisti, tiene a precisare la responsabile: «Sono altamente qualificati, scelti perché hanno esperienze nella cura di patologie neuromuscolari». Tutti i dottori, inoltre, «sono stati ricercatori Telethon o lo sono ancora; e si tratta di persone che hanno studiato all’estero e hanno riportato qui quanto hanno appreso». Cervelli in fuga, rientrati sull’isola per contribuire alla ricerca di una cura. «Una bella controtendenza».

Il centro messinese è stato aperto ai pazienti dal 21 marzo e «abbiamo il 98 per cento di occupazione di posti letto, segno che c’è realmente l’esigenza di un polo del genere», prosegue Letizia Bucalo. I dati sull’incidenza delle malattie neurodegenerarive parlano chiaro: «Solo in Sicilia ci sono tremila casi. Se li mettiamo assieme, non sono rari. Esistono», chiarisce la responsabile citando anche la campagna Telethon #Ioesisto. A usufruire dei servizi offerti dal Nemo Sud finora sono in maggioranza cittadini siciliani e calabresi. Tra ricoveri, day hospital e ambulatori, «coinvolgiamo 500 persone». La struttura, come l’assistenza, sono pensate anche per chi accompagna gli ospiti. «Non ci sono orari di visita e diamo la possibilità ai parenti di pernottare assieme al malato». Bambini affetti da distrofia di Duchenne si trovano accanto ad anziani malati di Sla, «una grande famiglia». Con gli ospiti del centro che pubblicano sulla pagina Facebook del Nemo Sud i video dei progressi fatti in palestra. E le immagini di una breve passeggiata di un uomo che aveva perso anche la speranza di potersi rialzare diventa un messaggio positivo per migliaia di persone.

A occuparsi del lato finanziario è la fondazione Aurora. «Abbiamo una convenzione con il policlinico di Messina; ma, dato che siamo una onlus, la maggior parte dei fondi viene dalle donazioni dei privati». E dopo aver toccato con mano la validità del centro, sono gli stessi ospiti a trasformarsi in attivissimi fundraiser. La scelta è caduta su Messina «e non Palermo o Catania, perché qui c’è una scuola di neurologia molto nota in ambito di ricerca da più di 30 anni». Un centro che già negli scorsi anni ha collaborato con la ricerca targata Telethon.

Assistenza e ricerca, impegno e studio. E si lavora anche ben oltre gli orari stabiliti ammette senza difficoltà Letizia Bucalo, che ha alle spalle una laurea in Giurisprudenza, un lavoro già avviato e messo da parte per impegnarsi in un percorso totalmente diverso. «Non siamo Madre Teresa o Gandhi, ma quanto vediamo cosa ci danno loro, qualcosa di immenso, come si fa a fermarsi? Come fai a non impegnarti?», chiede senza retorica. «Molti, spesso, prima di arrivare qui si sono sentiti soli e trovare qualcuno che li ascolti è già una cura». Uno degli esempi è quello rappresentato da un ospite anziano, «di quelle persone per le quali smettere di camminare rappresentava la morte. Era arrivato in barella, adesso si muove con il girello». Pochi giorni fa, facendosi portare il materiale da parenti e amici che lo vengono a trovare, ha preparato una cona, il presepe artigianale tipico della tradizione siciliana per contribuire a rallegrare le corsie già addobbate con oggetti realizzati da artisti locali. Un regalo inaspettato che per chi combatte quotidianamente contro un male devastante quanto subdolo. È la speranza – «che non è illusione», chiarisce la donna – a muovere medici, ricercatori, caregiver, parenti in una battaglia senza tregua. «È giusto che loro sperino – conclude con convinzione – Dev’essere così».

Carmen Valisano

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