LA LETTERA 2/ Pronto soccorso del Civico di Palermo: medici e infermieri ok, la struttura sanitaria è un disastro

L’AVVENTURA DI UN PAZIENTE AFFETTO DA UN ATTACCO D’ASMA IN UNO DEI PIU’ GRANDI OSPEDALI DELLA SICILIA

di Aldo Di Vita

Questo Paese ha un urgente bisogno di una sterzata! Stiamo parlando di un’Italia che ogni giorno conta 650 nuovi poveri: il Terzo Mondo è anche qui”. (Gino Strada)

Palermo pronto soccorso Ospedale Civico ore 16:50 reception room.

Ha inizio un lungo calvario d’attesa per un paziente affetto da un attacco d’asma allergica, che è classificato con codice giallo.

Tempo d’attesa stimato in circa 50 minuti, (minuti reali trascorsi circa 180 circa).

Il paziente è supportato subito con ossigeno dall’unico infermiere presente momentaneamente nella sala d’attesa.

La sala d’attesa è colma di altri pazienti a turno per la visita nelle rispettive sale. L’ordine e il seguente: 6 codici gialli, nessuno rosso e 10 verdi.

L’ambiente non riserva spazi sufficienti e protetti della privacy dei pazienti e dell’unico parente autorizzato al seguito. Le condizioni d’igiene, e pulizia sono ai limiti della mediocrità.

I pazienti presenti non sono efficientemente supportati dall’assistenza infermieristica. Si denota la mancanza del personale paramedico in numero inferiore ad espletare un servizio regolare.

Ad assistere il proprio congiunto è il parente che, con buona volontà e spirito di solidarietà assiste moralmente anche altri pazienti che al momento sono soli in attesa dell’arrivo dei propri parenti.

Per questo stato di cose nell’ambiente la confusione regna sovrana.

L’ansia dei parenti che nervosamente aspettano che il congiunto sia assistito in tempi brevi, col passare delle ore, si trasforma in rabbia, delusione e impotenza d’aiuto verso il congiunto.

I pazienti stanchi e sofferenti chiedono aiuto e a volte gridano la loro rabbia e il dolore, specialmente quelli attualmente soli che, disperati e smarriti, esplodono in crisi isteriche chiamando l’infermiere, che non arriva prontamente dato la quantità di pazienti presenti in sala.

Alcuni di loro guardano nel vuoto sperando l’arrivo di una persona cara.

Il mio pensiero a tutta questa sofferenza, che oltre ad umiliare il paziente e la sua dignità d’essere umano, lascia spazio ad un notevole sdegno emotivo, come congiunto del paziente e come cittadino di un Paese che ha il vanto di fare parte dell’Unione Europea, ma di non avere strutture che possano garantire la salute dei propri cittadini, e particolarmente con riferimento all’inefficienza operativa del servizio principale di primo soccorso.

Tutto quanto legato ad un fattore burocratico amministrativo, che con il decretare di leggi e manovre economiche dei cosiddetti tagli ai servizi primari dei cittadini ha, di fatto, messo in ginocchio tutto il sistema sanitario organizzativo decimando posti di lavoro, e risorse economiche indispensabili sia alla ricerca, e al funzionamento strutturale, e tecnico ospedaliero. Ironia della sorte in alcune strutture mancano anche lenzuoli, carta igienica, medicinali, attrezzature medicali, e quant’altro. E come ulteriore beffa spesso le fonti d’informazioni ci fanno sapere di strutture ospedaliere costruiti e mai resi funzionanti nel degrado più assoluto in mano al vandalismo incivile di alcuni.

La cosiddetta macelleria sociale degli ultimi governi tecnici e non, con saggi di primo pelo e consulenti magna, magna, sia a livello nazionale sia a livello regionale, con la maledetta teoria economica del risparmio hanno definitivamente tolto anche la speranza degli ammalati, e di una guarigione alle loro sofferenze. Tutto ciò anche a dispetto delle regole e leggi del parlamento europeo, che impongono secondo la carta dei diritti umani del paziente, una sicura e certa assistenza, Ma loro in barba a tutto questo con arroganza, e puro menefreghismo persevera diabolicamente ad umiliare i cittadini italiani.

Rientrando nell’incubo di questa brutta serata durante l’attesa che il paziente sia assistito prontamente, chiedo con vigore notizie sui tempi d’attesa e mi è riferito che ancora c’è d’aspettare.

Sono passati circa 150 minuti (codice giallo ) e il paziente a causa della lunga attesa continua ad essere fornito di ossigeno per agevolare la ventilazione respiratoria. A un certo punto comincia ad accusare dolore alla gola e al petto e alle spalle. Dato il soggetto asmatico-allergico, da persona poco informata di teorie mediche, credo che sia opportuno trattare il paziente in tempi brevi con Bentelan, antiallergico al cortisone farmaco indispensabile nel caso di crisi respiratoria, ma ahimè, il tempo d’attesa continua a prolungarsi e le condizioni del congiunto mostrano un ulteriore peggioramento.

A questo punto comincio a pensare al grande Dante Alighieri e precisamente al canto dell’inferno

E paragono tale situazione ai cerchi dell’inferno e mi vedo assieme al mio congiunto, che sfortunatamente sta soffrendo maledettamente, vicino al primo cerchio in attesa che qualcuno ci indichi quale girone dell’inferno siamo destinati.

Ormai stanco e avvilito come un attore che recita male la parte di una persona apparentemente calma mi avvio verso qualcosa che somiglia ad una reception in cerca di lumi che esauriscano la mia richiesta di assistenza in tempo breve. Davanti a me si pone un addetto che, con altrettanta finta pazienza, cerca di dare risposte soddisfacenti a tutti quelli che si accalcano nella speranza comune di ricevere buone notizie.

Quindi pongo la mia domanda: quanto tempo ancora deve aspettare il mio congiunto, dato che sono passate due ore e 30 minuti e le condizioni del paziente non sono buone? Per non fare esplodere la mia rabbia mi stringo la lingua in mezzo ai denti e cosi riesco ancora ad tenere un comportamento civile. L’addetto che percepisce il mio stato per incoraggiarmi m’invita ad avere pazienza.

Passati altri 30 minuti si apre uno spiraglio e in un mixer di rabbia, ansia e tachicardia sento una voce chiamare dalla sala rossa, in quel momento non impegnata in casi d’immediato pericolo di vita. Sono passati 180 minuti di travaglio psicologico.

Veniamo accolti da una dottoressa che immediatamente, dato il caso, si mobilita attuando un’adeguata terapia di aiuto all’attività respiratoria del paziente a base di Bentelan somministrata attraverso feblo glucosio e altro farmaco; inoltre prescrive prelievo venoso per valutazione emocromo e ispezione radiografica del torace.

Con particolare sensibilità e attenzione noto che la dottoressa è supportata da un solo infermiere e senza la presenza di un ulteriore collega data l’affluenza di pazienti nelle varie sale.

Denoto anche una stanchezza del personale medico e paramedico; la dottoressa molto provata, stanca ed esaurita fisicamente continua a dare professionalmente e moralmente un sufficiente apporto al paziente e al parente, dimostrando un ottimo rapporto di socialità e civiltà, ma ritengo inopportuno che dei professionisti nel campo medico debbano lavorare in condizioni di questo genere, limitando di fatto una migliore e più qualificata assistenza con un personale sufficiente ed un servizio più celere e qualitativo.

Per norma in sala rossa gialla o verde occorre la presenza minima di due dottori e altrettanti infermieri.

Dopo la terapia gli esami e i raggi passeranno ulteriori 180 minuti d’attesa per rientrare in sala rossa ed ottenere il responso degli esami e la terapia prescritta al proprio domicilio del paziente.

A dare il responso medico sarà un altro dottore montante che, attraverso i dati ricevuti tramite internet, consegnerà la terapia al paziente. Solo alle ore 00:30 del giorno dopo si chiude un’amara giornata infernale di un cittadino italiano venuto a chiedere un diritto inalienabile l’assistenza sanitaria.

Ringrazio tutto il personale che, pur in condizioni impossibili per effettuare un servizio primario d’emergenza, continuano ad esprimere la propria professionalità e solidarietà nei confronti delle sofferenze fisiche, umane e morali degli ammalati. Facendo fede al loro giuramento etico d’Ippocrate.

Giuramento d’Ippocrate: Testo moderno.

Consapevole dell’ importanza e della solennità dell’ atto che compio e dell’ impegno che assumo, giuro: di esercitare la medicina in libertà e indipendenza di giudizio e di comportamento; di perseguire come scopi esclusivi la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica dell’ uomo e il sollievo della sofferenza, cui ispirerò con responsabilità e costante impegno scientifico, culturale e sociale, ogni mio atto professionale; di non compiere mai atti idonei a provocare deliberatamente la morte di un paziente; di attenermi alla mia attività ai principi etici della solidarietà umana, contro i quali, nel rispetto della vita e della persona, non utilizzerò mai le mie conoscenze; di prestare la mia opera con diligenza, perizia, e prudenza secondo scienza e coscienza ed osservando le norme deontologiche che regolano l’esercizio della medicina e quelle giuridiche che non risultino in contrasto con gli scopi della mia professione; di affidare la mia reputazione esclusivamente alla mia capacità professionale ed alle mie doti morali; di evitare, anche al di fuori dell’ esercizio professionale, ogni atto e comportamento che possano ledere il prestigio e la dignità della professione. Di rispettare i colleghi anche in caso di contrasto di opinioni; di curare tutti i miei pazienti con eguale scrupolo e impegno indipendentemente dai sentimenti che essi mi ispirano e prescindendo da ogni differenza di razza, religione, nazionalità condizione sociale e ideologia politica; di prestare assistenza d’ urgenza a qualsiasi infermo che ne abbisogni e di mettermi, in caso di pubblica calamità a disposizione dell’Autorità competente; di rispettare e facilitare in ogni caso il diritto del malato alla libera scelta del suo medico, tenuto conto che il rapporto tra medico e paziente è fondato sulla fiducia e in ogni caso sul reciproco rispetto; di osservare il segreto su tutto ciò che mi è confidato, che vedo o che ho veduto, inteso o intuito nell’ esercizio della mia professione o in ragione del mio stato; di astenermi dall’ “accanimento” diagnostico e terapeutico.

Inferno canto V

Così discesi del cerchio primaio giù nel secondo, che men loco cinghia, e tanto più dolor, che punge a guaio.

Stavvi Minòs orribilmente, e ringhia: essamina le colpe ne l’intrata; giudica e manda secondo ch’avvinghia.

Dico che quando l’anima mal nata li vien dinanzi, tutta si confessa; e quel conoscitor de le peccata

vede qual loco d’inferno è da essa; cignesi con la coda tante volte quantunque gradi vuol che giù sia messa.

Redazione

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