La guerra pulp di Tarantino

D’accordo è a tratti violentissimo! Splatter, pulp o comunque si voglia dire sanguinolento e ributtante (tanto che “vietato ai minori di 18 anni” può essere limitante; andrebbe evitato ai deboli di stomaco letteralmente). Ma “Inglorious basterds” è un film fatto bene. Bello dritto, ha un racconto solido alle spalle. Non è un capolavoro, ma ha una regia solida. E questo non è poco. Tarantino, quando vuole, sa essere un autore come si deve. Ci sono troppe cose improbabili, ma in ogni racconto epico ci sono cose improbabili.

Tarantino innesta una storia con la s minuscola sulla storia della Seconda Guerra mondiale. Immagina l’esistenza di un gruppo di antinazisti americani, guidati da Aldo Raine (Brad Pitt), in missione nella Francia settentrionale, occupata dai tedeschi. Le incongruenze, gli eccessi, le forzature, qualche inciampo nella banalità non mancano (il regista ha affermato che pensava a quest’opera da una decina d’anni, ma poi la sua realizzazione si è concentrata in pochi mesi, a partire dall’ottobre 2008), ma non penalizzano un film che corre tutto d’un fiato e tiene incollato il pubblico. In più inducendo un luciferino senso di claustrofobia nello spettatore, il quale, pur sprofondato nella poltrona, vede nello schermo il cinema della finzione non passarsela tanto bene. Si scusi la vaghezza delle formule: è che non si vuole rivelare troppo della trama e rovinare l’attesa.

Tarantino proprio non sa rinunciare alla violenza e ai fiotti di sangue, che qui perdono ogni intento dissacratorio o irriverente (avete presente “Le iene”o “Pulp fiction” dove la violenza fuori dalle righe era il corredo assurdo di anonimi contesti metropolitani?). In “Inglorious basterds” la guerra segna l’eccezionalità e l’eventualità sempre in agguato dell’orrore. L’orrore che coesiste con la farsa: il sadismo calato nell’epopea bellica è una categoria spiazzante, ma dopotutto verosimile. E’ il gatto che gioca col topo! Sullo sfondo, come in “Kill Bill,” il tema della vendetta, della nemesi, del riequilibrio tra offesa e punizione.

Numerosi i rimandi ad altri film ed autori – il cinema di Tarantino è una perenne citazione ed elaborazione di generi, tendenze, suggestioni –.
Il regista, in una recente intervista, ha  dichiarato di essersi ispirato per “Inglorious basterds”, già nell’ambientazione iniziale, volutamente scarna e straniante, agli spaghetti western. In effetti l’attesa di giustizia e la vendetta sono spesso la ragione che muove gli eroi nel cinema italiano d’azione dei ‘60 e dei ‘70. Il titolo poi è un omaggio a “Quel maledetto treno blindato”di Enzo Castellari, maestro italiano dei cosiddetti b-movies. Ma la vicenda, per di più ambientata a Parigi, non può non richiamare “L’ultimo metrò” di Truffaut , oltre a una serie di film di tema bellico come “Guns of  Navarone” e “Dove osano le aquile”…
Voler rintracciare tuttavia tutte le schegge di altri lavori e di altri registi in un film di Tarantino sarebbe impossibile, data la quantità di cose differenti e complicate da esplorare. Aspettiamo con ansia la versione italiana, che sicuramente – facile nefasta profezia! – sarà rovinata dall’ostinazione, tipicamente nostrana, a non sottotitolare per niente al mondo.

“Inglorious bastards”, proprio per la vicenda transnazionale che racconta, parla almeno quattro lingue e la varietà linguistica è centrale nello sviluppo della trama. I sottotitoli sarebbero raccomandati.

Umberto Maffei

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