Cari vertebrati,
non faccio il critico cinematografico, anche se mi sarebbe piaciuto.
Sostanzialmente mi ha scoraggiato guardare Fuori orario di Ghezzi, perché il più delle volte non riuscivo a comprendere dove volesse andare a parare il sommo esperto della settima arte.
E, in realtà, a lui interessava non giungere a nulla. Il fuori sincrono riassumeva egregiamente, a livello metaforico, la mia reale capacità di intendere.
Osservando Ghezzi, criptico come lOracolo di Delfi, ho pensato che commentare un film fosse un affare da setta segreta. Pochi iniziati scrivono molte righe; sostanzialmente incomprensibili. Quindi mi sono accontentato di essere un fruitore di sguardi.
Per un periodo sono stato onnivoro: cinematograficamente parlando. Ho saccheggiato videoteche e finanze. Ho guardato i grandi comici: Chaplin, Keaton, Lloyd, i fratelli Marx; ji espressionisti tedeschi: il primo Lang, Wiene, Pabst; i grandi visionari: Bunuel, Fellini, Welles, Bergman; i rivoluzionari: Truffaut, Penn, Scorsese; ji illuminati: Wilder, Lubitsch, Ophuls; i megalomani: Coppola, Malick, Cimino; i leggeri: Capra, Cukor, Minnelli; ji anomali: i Coen, Tarantino, Cronenberg, Cassavetes.
Nomi amati, incompresi, cercati, rimasticati. Nomi a volte legati ad ununica scena, così perfetta, da rimanere impressa, indelebilmente, nella mia memoria.
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