Claudia Barone, 34enne catanese meglio conosciuta come la giocattolaia, è un’artigiana del legno con la passione per l’arte, la falegnameria e i giocattoli che, sin da bambina, costruiva in casa insieme al padre; ma non solo. Il lavoro della ragazza, infatti, non si riduce al mero assemblaggio di pezzi di legno: Claudia insegna a costruire giocattoli ai bambini, che vengono così accompagnati in un percorso che va dall’ideazione alla realizzazione materiale dell’oggetto. Dietro ai suoi laboratori d’artigianato si scopre così un denso universo di idee che costituiscono il cuore del suo lavoro: dalla sostenibilità al riuso dei materiali di scarto, passando per la ricerca di percorsi educativi innovativi. «Alla base dei miei laboratori – racconta l’artigiana a MeridioNews – vi è il tentativo di decostruire quello che abbiamo già, per farne qualcosa di nuovo, per fare apparire la realtà con una lente diversa».
Lo scardinamento dei ruoli sociali, la demolizione della concezione del bambino come di una persona incapace di costruire e costruirsi da solo, questi solo alcuni degli obiettivi che rientrano nel tentativo di decostruzione messo in atto da Claudia e da cui prendono il nome i suoi laboratori. «I ruoli sociali – dice la giocattolaia – sono spesso concepiti in maniera troppo rigida, spesso si è portati a pensare che i bambini non siano in grado di tenere in mano un martello, invece bisogna dare loro degli strumenti e considerarli capaci come chiunque; sono come gli adulti, solo un po’ più bassi», commenta scherzosamente.
Una precisa concezione del mondo, dunque, che deriva dalla sua formazione personale e da una lunga storia di impegno nel campo del sociale – risultato dei suoi studi universitari in Servizio sociale e Scienze politiche con indirizzo antropologico – che l’hanno condotta da Catania all’Ecuador, dove la sua passione per la costruzione dei giocattoli è divenuta la chiave per la creazione di un progetto di sviluppo nell’Amazzonia equatoriale: «Ho sempre costruito giocattoli di legno – ricorda Claudia – a casa mia i giocattoli si facevano, non si compravano. Quando sono arrivata in Ecuador circa 4 anni fa per scrivere la mia tesi sul sistema educativo dei Quechua, ho avuto l’idea di coniugare i miei interessi, di utilizzare il legno del disboscamento illegale della foresta amazzonica per costruire giocattoli e seminare conoscenze nuove. Ho deciso, così, di creare un laboratorio di falegnameria creativa per insegnare ai bambini a costruire da soli i propri giocattoli».
Ma i bambini non erano gli unici destinatari del progetto: ad essere coinvolti furono anche i genitori che, ancora oggi nei laboratori svolti a Catania da Claudia, rivestono un ruolo primario. «Era importante per me insegnare a tutti – conferma la ragazza – in modo tale da trasmettere una conoscenza trasversale che potesse essere tramandata. Ancora oggi nei laboratori che svolgo nelle scuole dell’infanzia di Catania, i genitori sono direttamente coinvolti. Perché non si tratta semplicemente di insegnare una tecnica, ma di trasmettere una visione del mondo altra rispetto alla nostra».
Un laboratorio manuale, dunque, che cela qualcosa di più profondo e non lascia spazio alle banalizzazioni. «Quel termine oggi è inflazionato; si pensa al laboratorio come a un luogo da far frequentare ai figli quando non hanno niente da fare. Per me si tratta, invece, di lavorare per il bene della comunità, nel senso ecuadoriano». Quando le chiediamo come nascono i suoi giocattoli, Claudia ci risponde. «Mi piace sempre partire da una storia. I miei giocattoli – prosegue – prendono vita dagli albi illustrati con cui lavoro. Generalmente racconto una storia, mostro le immagini ai bambini, i personaggi ad esempio, e poi li costruiamo insieme». Un percorso pedagogico ben preciso attraverso cui questa giovane artigiana vuole trasmettere il senso del riutilizzo dei materiali e l’importanza dello slancio alla creatività dei bambini che, conclude Claudia «dalle forme improbabili di una vecchia mensola, fanno uscire trottole e balene».
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