LA VERITA’ E’ CHE IL GOVERNO HA ESPROPRIATO AL PARLAMENTO LA FUNZIONE LEGISLATIVA. CON LA CONNIVENZA DELLE DUE PIU’ MALTE CARICHE DELLO STATO
Al Senato è passata la fiducia richiesta dal governo di Matteo Renzi sulla legge del Jobs act.
La riforma del mercato del lavoro che, secondo il governo, dovrebbe contribuire al rilancio degli investimenti e dell’occupazione.
Al di là della baggianata che questa ‘teoria’ introduce nella dottrina economica, quel che interessa in questa sede è la cosiddetta gazzarra che si è verificata nell’aula della Camera Alta del nostro sistema istituzionale. Un episodio che, si dice, dà una rappresentazione distorta dell’interpretazione del ruolo che i parlamentari darebbero al Paese delle istituzioni democratiche.
Questa interpretazione dei fatti è davvero ridicola, anche perché ha dato vita ad un gustoso siparietto tra i senatori grillini ed il presidente del Senato, Piero Grasso, il quale con molta ironia ha giocato con le parole attorno al suo nome: Non sono pressato perché sono grasso e i grillini da parte loro il grasso pressato è grasso che cola.
La questione seria, però, è un’altra. Il Senato doveva votare un provvedimento presentato dal governo per introdurre l’ennesima riforma del lavoro, considerandola il toccasana per la ripresa economica (così gli hanno detto a Bruxelles e dalla Banca centrale europea) che si trascina da ben sette anni e della quale non si intravede alcuna via d’uscita. E non se ne vede nemmeno nel prossimo futuro per la ragione che fino a quando non si metterà mano alla cancellazione del Trattato di Maastricht e ai suoi assurdi parametri tutta l’Europa andrà in recessione, come sta avvenendo a causa della interpretazione ‘rigorosa’ dei suoi vincoli.
Né vale la teoria della flessibilitàche è un palliativo rispetto all’aborto economico finanziario rappresentato da quel Trattato. E ciò è tanto vero che persino il Fondo monetario internazionale ha detto che fino a quando la Banca centrale europea non svolgerà il proprio ruolo di banca centrale, l’Europa non supererà la crisi economica.
In pratica, è un invito a rilevare il debito pubblico dei vari Stati membri ed immettere moneta sonante negli investimenti produttivi e nei consumi.
Ma questo è un altro discorso che ci allontana dal tema che vogliamo affrontare in questa sede.
La cosiddetta gazzarra è una reazione dei parlamentari più che naturale rispetto ad un modo di procedere che ne annulla la funzione ed il ruolo primario del legislatore. Infatti, questo si viene a trovare di fronte ad un provvedimento di delega legislativa che viene preparato dal governo, discusso ed emendato in sede extraparlamentare (direzione del Partito Democratico), formalmente emendato dal governo e sul quale lo stesso chiede la fiducia.
Giustamente i senatori si sono visti presi per i fondelli ed hanno rivendicato il loro ruolo magari con atteggiamento colorito. Non si può, infatti, trattare a pesci in faccia un’istituzione democratica violentandone la funzione legislativa. Quando si tira la corda al limite della sua resistenza, questa si rompe.
Da tenere in conto il dato che è il Parlamento, in questo caso il Senato, che delega il governo ed è quindi titolare della decisione di quali limiti la delega debba osservare e non quella di accogliere ‘in fiducia’ quel che il governo, cioè il delegato, decide che debba ad esso essere attribuito. Questo modo indecente di interpretare le procedure e le competenze costituzionali fa incavolare i senatori. Ed hanno ragione da vendere.
Non va trascurato, inoltre, il dato che il Parlamento si trova per la terza volta consecutiva a dare fiducia a governi che con la legittimazione del voto popolare non hanno nulla a che vedere. E sono conseguenza dei danni alla democrazia del nostro arrecati dall’ostinazione del Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, che non ha sciolto le Camere all’indomani delle dimissioni del governo Berlusconi, nel novembre del 2011. Cosa che non ha fatto nemmeno successivamente, dopo la fine del governo Monti e del governo Letta.
Il risultato è un Parlamento che si trascina stancamente e rimane in carica solo perché la Corte Costituzionale ha consentito allo stesso una deroga rispetto al suo pronunciamento di incostituzionalità delle legge che lo ha eletto.
Un pasticcio che con la tradizione democratica del nostro Paese, che seppure di recente acquisizione (appena 66 anni), non aveva mai in precedenza conosciuto.
Che dire a questo proposito? Solo due cose.
Primo: che il presidente del Senato, Grasso, non ha garantito i senatori eletti da popolo sovrano, ma un governo mezzo abusivo.
Secondo: caro presidente Napolitano, sarebbe opportuno che, dopo tantissimi anni di prestigiosa attività politica, parlamentare e di governo, e anche di presidente della Repubblica, decidesse di levare le tende e di ritirarsi a vita privata. Ne godrebbe Lei, ne trarrebbero incommensurabile giovamento i suoi nipotini e al tempo stesso la Democrazia italiana.
Grazie.
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