La frana e il crollo del pilone sulla Pa-Ct Margiotta: «Fenomeno molto più esteso»

All’indomani del crollo dei due piloni lungo il tratto autostradale che collega Palermo e Catania si sono scatenate polemiche da parte di cittadini e autorità. Abusi, ruberie, disinteresse, disinformazione e lungaggini burocratiche starebbero alla base dell’interruzione di un servizio che era il pietoso sopravvivere di un’autostrada che autostrada non è – non fosse per la sua classificazione ufficiale – e che è emblema di una Sicilia che non funziona, che non sta al passo con i tempi e che forse non è destinata a farlo. Saranno le indagini condotte dalla magistratura di Termini Imerese a chiarire di chi siano le responsabilità.

Mentre chi è chiamato all’azione gioca allo scarica barile e l’opinione pubblica non sa ancora bene verso dove puntare il dito, proseguono i sopralluoghi nell’area del crollo e gli espropri dei terreni per la costruzione di una deviazione provvisoria lunga tre chilometri.

«La bretella provvisoria interesserà quello stesso versante e se non opportunamente progettata avrà vita breve – dice L’ingegnere Giovanni Margiotta, Presidente dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Palermo –  il fenomeno è almeno cinque volte più ampio di quello che vogliono far credere, tutto il versante è in dissesto». 

Da parte dell’Ordine viene diffuso immediatamente l’invito alla cautela e a studi di ingegneria geotecnica oltre che di carattere geologico: «Tenendo in considerazione lo stato dell’intero versante ciò vale sia per la soluzione definitiva di una riapertura al traffico autostradale che per la bretella provvisoria. Il problema è di natura geotecnica, ovverosia delle meccaniche della terra – continua il Presidente – va operata una verifica estesa a tutto il tracciato che interessa l’alveo dell’Imera settentrionale con particolare riguardo al tratto compreso tra Scillato e Tremonzelli, molti tratti della A19 interessano versanti con caratteristiche simili a quello franato».

Il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Graziano Delrio ha parlato della demolizione delle due carreggiate del viadotto Himera come dell’unica soluzione possibile per il ripristino dell’opera, della Grande Opera oggi messa in forte discussione in termini di qualità e affidabilità, anche da parte di chi ai tempi della costruzione era presente. La gente delle campagne che vive lungo la A19, i pendolari e i tecnici hanno esternato profonde perplessità in merito alla rete autostradale siciliana e alla sua progettazione. I versanti interessati dal tratto autostradale che corre nell’alveo dell’Imera settentrionale hanno un indice di franosità tra i più alti della Sicilia e, sembra chiaro a tutti che la problematica non sia esclusivamente relativa al tratto crollato ma ad un’area molto più ampia, prova ne è che in passato l’ANAS è intervenuta nel tratto a valle di Polizzi con importanti opere di presidio. Ma l’evidenza di storture nella pianificazione di una strada di collegamento tra Palermo e Catania si perde nella notte dei tempi ed è riscontrabile ancora oggi: «Che quest’area fosse in frana si sapeva  – spiega l’ingegnere Margiotta –  già dai tempi di costruzione dell’arteria. Ad esempio, nel tratto immediatamente precedente al quello in cui è avvenuto il dissesto è stata realizzata una galleria artificiale costituita di due strutture scatolari – una per carreggiata – costruite appositamente per scavalcare un tratto in frana, le cui caratteristiche sono le stesse di quelle del tratto di cui si parla oggi. Ma è un tema affrontato da molti decenni, fin dai tempi della realizzazione dell’opera». 

Eugenia Nicolosi

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