Ci sono abitudini che non tramontano mai, diventano anzi tradizioni: il panettone a Natale, la Pasquetta in campagna, il governo nazionale che a marzo impugna la Finanziaria della Regione siciliana. L’unico presidente in tempi recenti a interrompere questa consuetudine era stato Nello Musumeci nel suo ultimo anno di governo. Ma solo perché a marzo la legge di stabilità non era ancora stata approvata. Per il resto, Roma ha sempre avuto qualcosa da ridire sui documenti contabili partoriti da palazzo d’Orleans e certificati da palazzo dei Normanni. Ma quest’anno qualcosa è cambiato. O meglio, anche stavolta il ministero dell’Economia e delle finanze ha espresso dubbi su due articoli della Finanziaria – e dubbi ancora più grossi sul Collegato, la minifinanziaria integrativa – ma una politica ormai abituata a questi disguidi, anziché dispiacersi, contestare o provare a fare di meglio, si accontenta di festeggiare per le parti del documento che non sono state toccato da Roma. E dire che quest’anno è andata pure piuttosto bene, quanto meno per quello che riguarda l’impianto generale della Finanziaria, visto che le due norme bocciate non rientrano tra quelle imprescindibili.
E così ieri è stata la giornata degli Asu, 3700 persone da troppi anni invischiate in un limbo di precariato che sembrava essere senza fine e impegnate con le mansioni più varie all’interno degli enti locali siciliani. Un risultato storico, come lo definiscono i sindacati, una buona notizia. Ma già data. La stabilizzazione degli Asu era, appunto, nella Finanziaria approvata dall’Assemblea regionale all’inizio dello scorso gennaio e il risultato – al quale non va tolto alcun merito, tutt’altro – è stato già ampiamente festeggiato con comunicati, note stampa e dichiarazioni da tutta la maggioranza, che ieri ha tuttavia deciso di rispolverare e rimettere in circolazione, parola più, parola meno, gli stessi proclami. Neanche i sindacati hanno fatto eccezione, ma in questo caso, tra le righe delle dichiarazioni dei vari segretari si riesce meglio a disegnare la verità. Tanto la Cisl quanto la Cisal infatti definiscono una buona notizia «La scelta del Governo nazionale di non impugnare la norma».
E a parlare di «scelta del governo Meloni» sono anche gli esponenti nazionali e regionali di Fratelli d’Italia, nel sottolineare la magnanimità dell’esecutivo in carica. Il problema è che quelle del governo nazionale e in particolare del Mef non sono scelte. Quanto meno non dovrebbero esserlo. Si impugna un articolo di una finanziaria regionale perché anticostituzionale, perché per esempio travalica le competenze dello statuto della Regione, invadendo quelle dello Stato (articolo 117 della Costituzione) o quello che impone alle pubbliche amministrazioni un equilibrio nei conti (articolo 97 della Costituzione). Violazioni che sussisterebbero nel caso della norma della Finanziaria regionale che prevede l’inglobamento del Cefpas – centro di formazione per il personale della sanità – nel sistema sanitario regionale e alcuni incentivi per i dipendenti della Regione, le due norme impugnate. Affare diverso è quello che riguarda il collegato, per cui palazzo d’Orleans per bocca dell’assessore all’Economia, Marco Falcone, ha già annunciato che intavolerà un «confronto col Mef per capire le norme che andranno salvate e quelle su cui invece dovremo soprassedere e le rinvieremo ad altro viatico legislativo».
Al momento però si fa festa per i 3700 precari che vanno verso la stabilizzazione. Un po’ come festeggiare una vittoria, un compleanno o un evento per due volte a distanza di mesi o un compleanno. E ci sta pure. Non sono ovviamente mancate le critiche da parte dell’opposizione, che se la prende col sistema consolidato di produzione delle norme. «Le uniche leggi che arrivano al traguardo sono quelle obbligatorie come le finanziarie e quelle, puntualmente, vengono massacrate da Roma. Lo stesso presidente dell’Ars Galvagno dopo sei mesi di legislatura e sei mesi batoste romane, con quasi il 50 per cento delle norme approvate a sala d’Ercole bocciate, aveva lanciato l’allarme impugnative, ma evidentemente al modus operandi di Schifani e della sua maggioranza non c’è rimedio».
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