La fila dei nuovi poveri all’Help center della Caritas «Molte persone in stato di necessità si vergognano»

È mezzogiorno e il profumo si sente già dal piazzale. «Pasta al forno. È inconfondibile», dice una signora già in fila mezz’ora prima che si apra la porta della struttura dell’Help center della Caritas di Catania. Quando il tavolo viene allestito, in coda ci sono già una cinquantina di persone. È il secondo giorno della riapertura del servizio della distribuzione dei pasti. Uomini, donne, giovani e adulti, italiani e stranieri. Prima del cibo, gli operatori distribuiscono le mascherine sotto l’occhio vigile di alcuni agenti della polizia municipale che sono lì per fare rispettare le distanze di sicurezza. «A me questo Covid non fa paura», dice Santo che prima di essere un clochard che vive in auto, fino a una decina di anni fa, era un comandante nautico e pilotava gli yacht

La fila dei nuovi poveri si allunga in questo periodo di emergenza sanitaria che diventa, giorno dopo giorno, anche economica. «Per molti questo si traduce immediatamente in emergenza alimentare – spiega a MeridioNews il responsabile locale della Caritas Salvo Pappalardo – Stiamo preparando tra i 150 e i 200 pasti al giorno». Oltre al primo, c’è anche un panino imbottito. «Una versione è farcita con la frittata al formaggio per chi è musulmano – precisa – altri invece hanno dentro un hamburger». A ognuno viene data anche una fetta di colomba.

Prima del 13 marzo – quando la pandemia ha costretto la Curia a chiudere il servizio per «l’impossibilità di garantire le necessarie misure anti-contagio agli assistiti, agli operatori e ai volontari» – i piatti da distribuire quotidianamente si aggiravano attorno ai cinquecento. Adesso la mensa è chiusa e «stiamo notando che molti si vergognano a mettersi fuori in fila, specie chi non era prima tra i nostri assistiti – fa notare Pappalardo – Parliamo di artigiani, titolari di piccole attività commerciali, operatori del circo, padri di famiglia con un lavoro che, al momento, è in sospeso». 

In questo
periodo di lockdown anche gli operatori della Caritas si sono attrezzati per «continuare il nostro lavoro a distanza, da remoto – racconta Sarah Zimbili, la referente dell’Help center della stazione centrale che è anche assistente sociale – Ed è stato importante soprattutto per raccogliere le necessità nuove. Per email, per esempio, ci sono arrivate molte richieste con esigenze alimentari». In cucina, oltre agli operatori, ci sono anche alcuni ragazzi del servizio civile che tagliano la mozzarella, lavano le teglie, suddividono i cibi e confezionano i piatti. «Prima sistemavamo la mensa – dicono – adesso, ci rendiamo utili come possiamo». 

«Rimani a casa». È la scritta bianca a caratteri cubitali su un cartellone della Regione Sicilia installato ai bordi del marciapiede sotto il quale si snoda la fila di persone. «Mentre venivo qui – racconta una signora con ancora in mano un pezzo di cioccolata delle uova di Pasqua che sono arrivate in dono alla Caritas – mi hanno fermato le forze dell’ordine per chiedermi l’autocertificazione. Ho spiegato che per me era una questione di stretta necessità». Dopo di lei in coda c’è uomo arrivato dalle Isole Mauritius. Pelle color ebano e occhi verde mare. «Sto qui oramai da diversi anni – racconta intimidito ma con un ottimo italiano – e mi sono sempre arrangiato facendo lavori di ogni tipo, dal domestico al giardiniere. Ora, però, è difficile perché è tutto bloccato». 

Dario De Luca

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