«La mia famiglia positiva al Covid», storia di Nunzio Borino Tra dolori, perdite e un sistema di assistenza pieno di falle

Qualche linea di febbre, poi i primi sintomi e ritrovarsi in pochi giorni con tutta la famiglia positiva al Covid, conoscere dolori mai provati prima, sperimentare sulla propria pelle tutti i disagi e i disguidi della macchina burocratica, subire la perdita di un caro. La storia di Nunzio Borino, dj palermitano. e della sua famiglia. «Piano piano inizio a vedere un po’ di luce – dice a MeridioNews – Giovedì scorso avevo febbre a 37 che mi è salita fino a 39 ed è durata 5 giorni, con dei dolori di cui non ho mai avuto memoria, con un calore totale in tutto il corpo. Andavo a letto a mezzanotte, mi alzavo all’una e stavo fino alle sei del mattino piegato a piangere. Finalmente adesso riesco un po’ a dormire».

«Mercoledì scorso si è ammalata la mia compagna – racconta – dolori da influenza, che poi si sono acuiti. Abbiamo avvertito il medico curante che ci ha consigliato di aspettare lunedì per fare il tampone. Poi giovedì sera abbiamo avuto la febbre anche io, la mia bambina e mia mamma». Da qui la decisione di andare alla Fiera del mediterraneo per sottoporsi allo screening drive-in. Tutti positivi. Lui, la moglie, la bambina. In un secondo momento anche la madre, ma non la sorella, in lei il virus stava ancora incubando e la positività è arrivata solo ieri. «Papà si è ricoverato lunedì, polmonite bilaterale interstiziale, poi ha avuto un arresto cardiaco, anche per la mancanza di ossigeno».

Ma il dolore per la malattia e per le sue terribili conseguenze non è l’unica cosa che si è costretti a sopportare. C’è anche un sistema pieno di falle, che supporta poco chi ne ha bisogno e si trova in un momento terribile. «Ho fatto il tampone rapido in Fiera – dice ancora – sono stati tutti straordinariamente carini. Siamo stati dichiarati positivi, ma non abbiamo avuto una comunicazione immediata all’Asp da parte loro. Devi contattare il tuo medico curante, ed è lui che deve pensare al resto. Ho contatto il mio medico di domenica, appena saputa la positività, mi ha risposto martedì. Sono stato 48 ore positivo, senza che nessuno avvertisse nessuno. In questo modo quante persone non vengono censite? Se non l’avessi detto a nessuno, uscito dalla fiera avrei potuto andare a fare la spesa o al mare o da qualunque altre parte o mi sarei potuto mettere la mascherina e avrei potuto tentare di sbarcare il lunario».

E neanche con l’app Immuni le cose sono risultate più semplici. «Non puoi comunicare la positività all’App a meno che l’Usca non ti dia il codice da inserire. E non è una cosa immediata. Ancora non ho ricevuto alcuna comunicazione, mentre ho sentito di amici che sono riusciti a fare questa comunicazione quando già erano guariti e avevano persino finito la quarantena».

Al di là del dolore per la perdita, della paura, dei sintomi, tuttavia, c’è un mondo che continua ad andare avanti. Nunzio Borino, dj con un ottimo seguito, piuttosto noto nell’ambiente musicale palermitano, ha dovuto fare anche i conti con un settore, quello musicale, colpito dalla crisi come pochi altri. «Ho fatto l’ultima festa ufficiale a febbraio – spiega – Quest’estate ho lavoricchiato, ma sempre cose super limitate, che non mi hanno permesso di potermi sostentare e la mia categoria non è stata neanche considerata dallo Stato: nessun aiuto, nessun contributo da nessuno. Io sono sempre stato contrario all’apertura di tutto, a meno di controlli e misure tali da rendere una serata sicura, ma non abbiamo mai visto niente di tutto ciò. E siamo pure stati additati come untori».

L’esperienza di Nunzio Borino, oggi lo porta a cercare in ogni modo di sensibilizzare le persone, lo fa anche tramite i suoi canali social, con aggiornamenti costanti sulla propria situazione e considerazioni su quello che è il mondo ai tempi del Coronavirus. E anche sul negazionismo, che spesso serpeggia anche nel suo ambiente, le idee sembrano essere chiare. «Credo che parte di questo negazionismo sia portato dal fatto che la gente sta morendo di fame – conclude – e ci si autoconvince di cose del genere».

Gabriele Ruggieri

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