«La depressione post partum? Ha parecchi segnali» Gli psichiatri spiegano una patologia sottovalutata

«Quando I’ho lanciato, I’ho fatto perché mi si è oscurata la mentenon ho visto più, non riesco nemmeno a spiegare cosa mi è successo». È l’1 dicembre e davanti ai magistrati della procura di Catania appare la 26enne che avrebbe scagliato a terra il proprio figlio di tre mesi, provocandone la morte. L’oscuramento della mente è una circostanza che ritorna nella relazione tecnica della neuropsichiatra che agisce da consulente della procura. «È in atto – recita il documento – uno stato depressivo espresso con inibizione psico-motoria, appiattimento emotivo e assenza di risonanza emotiva alla realtà circostante. Il disturbo dell’affettività riscontrato necessita di cure e di contenimento per prevenire peggioramenti e complicanze». Uno stato depressivo che segue la gravidanza. Un disturbo silenzioso, molto più frequente di quel che si possa immaginare, sebbene declinato su diversi livelli di gravità.

«La depressione post partum – spiega a MeridioNews lo psichiatra Giuseppe Fichera – è una condizione che può insorgere in soggetti normali nel momento in cui, il terzo o quarto giorno dopo il parto, si ha un aumento della prolattina», un ormone prodotto dall’ipofisi anteriore. «Questo – aggiunge il medico – determina in termini cerebrali una diminuzione della consapevolezza, riduce la capacità di giudizio e produce una depressione, che poi evolve nell’incapacità di gestire il figlio».  Ma esistono anche forme «tardive» di depressione post partum. «Delle volte esistono situazioni collaterali, che non sempre è facile avvertire». E poi ci sono forme di disagio ancora più radicali. «Nelle donne più giovani – puntualizza Fichera – la gravidanza può attivare meccanismi psicotici, con una alterazione nella capacità di giudicare le cose che assomiglia più alla dissociazione». Se dinnanzi a un adeguato trattamento la depressione è quasi sempre reversibile, quest’ultimo disturbo ha invece conseguenze più durature. 

Fichera conosce piuttosto bene il Servizio sanitario nazionale. Il medico ha infatti lasciato quattro giorni fa la guida del Dipartimento di salute mentale dell’Asp di Catania, per andare in pensione. «Nei reparti di Ostetricia – dice Fichera – le dimissioni sono piuttosto celeri, dunque l’osservazione della puerpera è abbastanza breve. In questa situazione, sono la famiglia o il medico di base che devono mettere attenzione alle condizioni della donna. In quel caso – precisa lo psichiatra – bisogna rivolgersi alle articolazioni territoriali del Dipartimento di salute mentale». Che si trovano a Catania, Acireale, Bronte, Caltagirone, Gravina e Paternò. «Se invece la paziente è ancora ricoverata, nei vari ospedali della provincia c’è il reparto di Psichiatria». 

L’Asp non dispone di dati numerici sugli accessi alle cure, per lo meno non il dato scorporato delle diverse forme di depressione, compresa quella che segue il parto, che – secondo lo psichiatra – colpisce una quota tra il 5 e il 6 per cento delle donne. «Si tratta di una patologia sottovalutata, perché non sempre si manifesta con episodi eclatanti. Il più delle volte – precisa Fichera – si tratta di sintomi sotto la soglia della depressione. In altri casi si verifica la negazione del figlio e il rifiuto ad accudirlo. Noi – continua il medico – possiamo fare prevenzione durante la gestazione. E poi c’è un altro accorgimento, un’idea che forse verrà realizzata all’ospedale Cannizzaro, che è la psichiatria di genere, prettamente femminile, che si interessa ai problemi specifici delle donne».

Chi si prende cura di una donna che ha appena partorito non deve sottovalutare i segnali che lei e il suo corpo spediscono all’esterno, né tralasciare eventuali precedenti. «Uno degli indicatori – dichiara Carmelo Florio, responsabile del Dsm di Catania – è un possibile passato con altri episodi depressivi. In quel caso la depressione ha una storia». Un secondo aspetto da tenere in conto è l’anamnesi familiare. «C’è anche una componente biologica – va avanti Florio – Se io ho nella mia famiglia un parente che soffre o ha sofferto di depressione, va considerato». Ci sono poi i veri e propri sintomi, le manifestazioni visibili del disturbo. «Nella fase immediatamente successiva o nelle vicinanze del parto possono essere numerosi – insiste il medico – per esempio un cambiamento dell’umore, che comincia a declinare verso la tristezza. O l’apatia. Ma anche la mancanza di forze fisica e la difficoltà a concentrarsi».

Anche in simili circostanze, tuttavia, bisogna affidarsi alla diagnosi del medico di base o di uno specialista, senza sottovalutazioni. Perché non tutti i disturbi connessi al parto possono essere accostati alla depressione. Tutt’altro. «C’è una condizione molto frequente nel post partum che si chiama baby blue – conferma lo psichiatra – che è soltanto uno stato di stress, e in quel caso non c’è alcun bisogno di ricorrere a cure farmacologiche». Il punto di discrimine tra il baby blue e la depressione sta nell’intensità e nella persistenza dei sintomi. «Di solito il baby blue va a regredire spontaneamente – avverte Florio – se invece la donna sviluppa sintomi più importanti, come i disturbi del sonno (difficoltà ad addormentarsi o risvegli precoci), una chiusura nelle relazioni o un cambiamento del carattere, allora bisogna stare attenti. Non dare seguito a questi segnali può significare ritrovarsi qualche settimana dopo a dover risolvere un problema più serio». 

«Nel 30 per cento dei casi con cui veniamo a contatto nelle strutture pubbliche – spiega Florio – abbiamo a che fare con la categoria dei  disturbi dell’umore, un dato confrontabile a quello che succede nel resto del mondo. Ma questo non significa – conclude lo specialista – che ognuno di loro si ritrovi in una situazione di gravità tale da perdere il controllo. C’è un range dentro cui sono contenuti casi più lievi e situazioni potenzialmente pericolose».  

Marco Militello

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