La crisi? L’occasione per rilanciare l’Europa

L’immagine del Concordia che naufragava su tutti i mezzi d’informazione sovrapposta alle notizie del massiccio downgrading operato da S%P sul rating di molti Paesi europei, compresa la perdita della tripla A per la Francia, ha fatto giustamente evocare a molti commentatori ed osservatori il naufragio dell’Europa dell’Euro. Eppure, gran parte dei commentatori sembra ancora non rendersi conto che il downgrading di S&P può rivelarsi benefico per l’economia europea, a patto che si colga l’occasione per implementare finalmente la giusta politica monetaria da parte della BCE (Banca Centrale Europea)e le giuste riforme di struttura dell’architettura europea.
Sembra assurdo ma è così. Mi pregio di potere affermare che, spesso, mi sono trovato ad esprimere idee controcorrente ed in anticipo, ma altrettanto spesso ci ho azzeccato. Stavolta, grazie all’amico Ambrosetti, mi sono deciso ad esprimere queste idee controcorrente in un luogo pubblico e cioè sul nostro giornale online.
Ebbene, a me, e per fortuna non solo a me, sembra evidente che proprio per “rafforzare” l’Europa e l’euro attraverso una rapida uscita dalla crisi, va accettata ed anzi favorita la diminuzione strutturale del controvalore dell’Euro a livelli simili a quelli che aveva prima ancora di vedere la luce nelle nostre tasche, e cioè tra 1.00 e 1.15 dollari per Euro e, possibilmente, a valori corrispondenti rispetto alle altre monete mondiali, soprattutto lo Yuan cinese. Ciò va fatto, ovviamente, con una adeguata riduzione dei tassi d’interesse di riferimento della BCE: possibilmente, una riduzione più ampia di quella che si aspettano i mercati, così da determinare un vero respiro che si verificherebbe sull’economia europea a tutti livelli e, soprattutto, per le aree dell’Euro meno forti economicamente come la Sicilia, l’Europa mediterranea (dove ormai va inclusa anche la Francia), quella balcanica (che è comunque ancorata all’Euro, Serbia compresa) e quella di recente accesso all’Europa, compresa l’area baltica.
E’ ormai evidente che, anche a seguito del vasto downgrading di S&P, un forte abbassamento del tasso d’interesse di riferimento della BCE porterebbe ai seguenti effetti:

– permetterebbe ad imprese, banche e famiglie di avere risorse per investimenti, sanamento dei bilanci, ripresa della domanda, dando quindi la possibilità di partire con una nuova fase di sviluppo nel medio termine, oltre ha dare ampio respiro ai valori di Borsa;

ridurrebbe l’appetibilità a tenere valore in divisa-Euro e dunque, anche se potrebbe portare a difficoltà nel piazzare i titoli di Stato (che però dalle ultime aste vengono piazzati molto facilmente anche dall’Italia) ridurrebbe il valore dell’Euro rispetto ad altre divise mondiali, dando così la possibilità all’economia delle aree in difficoltà di esportare maggiormente e repentinamente nelle aree non-Euro, di nuovo stimolando fortemente un ciclo d’espansione, addirittura anche nel breve termine;

faciliterebbe anche il mantenimento e l’ulteriore sviluppo di economie forti come la Germania, via maggiore forza delle aree marginali ed oggi in difficoltà d’Europa e dunque sostegno alla domanda nel mercato interno all’Euro, oltre ad un ulteriore capacità d’esportazione per la parte forte dell’economia europea, soprattutto la Germania;

insomma, aiuterebbe moltissimo la ripartenza, per dirla in termini calcistici, dell’economia europea, e non solo della parte tradizionalmente forte del Centro-Nord europeo. Il risultato finale in capo a un anno circa sarebbe, oltretutto, quello di stabilizzare finalmente la stessa fiducia nell’Euro ed in maniera molto più consona a giusti livelli.

Ovviamente, questa politica monetaria, stante il tasso di rifermento della BCE già adesso molto basso in termini assoluti (ma non relativi, e su questo scriverò un altro articolo più tecnico), va attuata anche con l’immissione di liquidità attraverso l’acquisto diretto dei titoli pubblici da parte della BCE, anziché indirettamente attraverso massicci prestiti alle banche come si sta facendo al momento. Ma soprattutto deve essere accompagnata da vere riforme di struttura nell’architettura economica, finanziaria e istituzionale dell’Unione Europea e, possibilmente, un minimo di stimolo all’espansione e allo sviluppo per ciò che le ‘casse’ pubbliche possono sostenere in termini di infrastrutture realmente necessarie, anche di trasporto laddove veramente servono e sono accettate.
Ma, allora: perché non si fa questo? Semplice: il vero ostacolo sono i governi della Merkel in Germania e di Sarkozy in Francia, che oggi più che mai appaiono anacronistici e sconfitti dai loro errori pacchiani. Soprattutto il governo tedesco ha avuto una comprensibile ma eccessiva paura dell’inflazione. Comprensibile per via di ciò che portò nella psicologia del popolo tedesco l’inflazione degli anni Venti in quel Paese nel giro di una paio di decenni, e cioè un mostruoso lungo ciclo disoccupazione, dittatura, guerra e poi distruzione finale. Ma è ormai evidente che si tratta di una paura eccessiva, perché al momento l’Euro appare chiaramente sopravvalutato soprattutto rispetto allo Yuan e l’inflazione, a casua della profonda crisi europea, decrescente a parte il nodo-petrolio.
Per fortuna di tutti noi europei, per quanto riguarda Sarkozy la sua frittata è stata fatta. Per la sua rielezione ha puntato quasi tutto sul mantenimento della tripla A e quindi difficilmente sarà rieletto a Maggio. Molto probabilmente ce lo siamo tolti di mezzo e questo è sicuramente un fatto positivo provocato anche dal downgrading, che altro non è che il frutto della sua politica xenofoba e suicida per la Francia e l’Europa.
Non è lo stesso per la Merkel. Ma forse, la Merkel non si comporterà come Berlusconi e Sarkozy ed avrà la cortesia di dimettersi quanto prima a fronte di evidenti disastri anche più grandi di quelli provocati dai governi dal duo “Berlu-zy”. Ciò lascerebbe spazio in Germania a uomini del calibro di Schulze e simili, i quali cambieranno rotta ed accetteranno di non vedere più in là del proprio naso, come ha invece fatto finora la signora Merkel, e porteranno avanti finalmente, come dichiarato da Schulze stesso alla TV italiana recentemente, le politiche giuste insieme a Monti ed al nuovo leader francese che uscirà dalle elezioni di maggio: vero snodo del futuro europeo a breve-medio termine.
A conti fatti, il downgrading, checché ne dicano i vari esponenti politici degli sciagurati governi europei, è più un bene che un male. Posto che si capisca cosa c’è da fare. Sarà Draghi, presidente italiano della BCE, abbastanza forte da essere veramente indipendente dalla Merkel e dal politicamente moribondo Sarkozy? Speriamo di sì. Urge.
Ma il nodo più importante nel medio-lungo termine non è solo questo. E’ chiaramente quello,come ho già accennato, di tutta l’architettura dell’Unione Europea e del suo funzionamento. Tutto ciò è un fatto meramente politico e che riguarda l’azione non solo dei singoli leader, ma delle forze politiche, del loro atteggiamento e del comportamento che fomentano negli elettori. Finché si andrà avanti con xenofobie e particolarismi beceri non ci sarà via d’uscita.
L’Europa della finta cooperazione, dei tecnocrati di Bruxelles onnipotenti e mai veramente controllati e del rigetto delle vere innovazioni e del vivere comune di tanti popoli in uno stesso posto è stata chiaramente bocciata. I mercati e i giudizi di rating non sono altro che un sintomo di questo fatto: l’incontrovertibile emissione di un verdetto inappellabile ed ormai chiaro a tutti.
Il funzionamento dell’Unione Europea va completamente riorganizzato sulla base di un coinvolgimento ed un consenso diverso dei vari popoli che la compongono, nel rispetto reale delle minoranze e degli immigrati interni ed esterni all’Unione e nel coinvolgimento reale delle risorse umane del nostro continente ed oltre. Non sono solo i recenti governi tedeschi ad essere incapaci di vedere al di là del proprio naso: abbiamo formazioni politiche anche a casa nostra che non vedono al di là dei propri regionalismi con un ottica del più forte che mangia il più debole.
Gli europei devono finalmente capire che siamo tutti nella stessa barca, non solo in Europa, ma nel mondo intero. Gli europei dovrebbero iniziare a capire che votare per partiti xenofobi e solo a parole fautori alla libertà, non porta ad altro che a disastri kafkiani d’orribile memoria già vissuti, purtroppo, dai nostri padri e i nostri nonni e bisnonni. Solo quando gli elettori europei la finiranno di votare e di essere portati a votare formazioni politiche xenofobe ed anacronistiche si inizieranno a portare avanti politiche di sviluppo economico-sociale con effetti veramente positivi per noi e per il futuro dei nostri figli.

 

Gabriele Bonafede

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