La crisi idrica che investe Palermo agita anche la provincia  Da lago Piana a invaso Poma, Comuni danno vita a comitati

La crisi idrica a Palermo con il conseguente braccio di ferro tra Amap, Comune e Regione sta facendo venire a galla problemi strutturali irrisolti, come le reti idriche vecchie e inefficienti e i problemi legati all’economia dei territori del Palermitano. Proprio dalla provincia in questi giorni vengono rivendicate con forza esigenze e necessità come quelle di Piana degli Albanesi di mantenere in vita il suo lago, che oltre a fornire acqua al capoluogo regionale è simbolo e fonte di sostegno dell’intera valle. Il sindaco Rosario Petta durante un consiglio comunale ha posto tra i suoi obiettivi di arrivare allo stop del pompaggio. Stessa cosa è successa anche per i Comuni che gravitano attorno all’invaso Poma. La Cgil, la Uil, la Cia e dieci amministrazioni comunali, Partinico, Balestrate, Trappeto, San Giuseppe Jato, San Cipirello, Montelepre, Giardinello, Terrasini, Borgetto e Monreale, si sono riuniti in un comitato che chiede con forza un equilibrio tra le necessità di approvvigionamento idrico della città e il bisogno di irrigare i campi per mantenere in vita l’agricoltura. 

«Il comitato è nato nel mese di luglio – ripercorre Giuseppe Gagliano, segretario della Cgil di Partinico – con l’arrivo della crisi idrica abbiamo iniziato un lavoro di costituzione e di organizzazione, mettendo insieme le forze tra la Cgil, la Uil, la Cia, la Coltivatori diretti con l’adesione anche dei Comuni della zona. A poco a poco abbiamo costituito il Comitato invaso Poma».  E poi entra più nello specifico: «Mentre la diga Poma si sta svuotando, utilizzata dall’Amap per Palermo e per i comuni costieri, per un totale di 30 milioni annui di litri al secondo contro gli appena 9 milioni destinati all’irrigazione, in questa zona esiste anche la diga Garcia, che è piena perché poco utilizzata – aggiunge Gagliano – Esiste un collegamento tra il Garcia e il Poma che per motivi a noi sconosciuti non viene utilizzato. In questo modo assistiamo a un disequilibrio tra le esigenze della città e della campagna. Bisogna rivedere le percentuali di prelievo assegnate dal Poma». 

Il 14 marzo alla Real Cantina Borbonica di Partinico si riuniranno i consigli comunali delle amministrazioni che aderiscono al comitato. Una volta raccolte le istanze «inizieremo a chiedere alle istituzioni, a partire dall’assessorato regionale, passando dal Consorzio che gestisce la diga Jato fino all’Amap, di fare la propria parte per rendere questo invaso un’occasione di rilancio per tutta la zona della valle dello Jato». L’incontro arriva una settimana dopo la riunione dei presidenti dei consigli comunali, durante la quale è stata concordata questa data. «Un’azione di supporto alla nostra iniziativa. Ieri c’è stato il primo passo con la presentazione del comitato e delle nostre iniziative. Quando c’è la crisi idrica tutti ci preoccupiamo, ora ci sono state quattro gocce d’acqua e pensiamo che il problema sia scomparso, invece non è così. È un fatto strutturale e come tale va affrontato, prendendo in considerazione le esigenze del territorio e la necessità di utilizzare a pieno le nostre risorse, rifacendo ad esempio la rete idrica nella zona, dalla quale si disperde molta acqua. La diga è stata una grande occasione di sviluppo per la zona. Occorre rilanciare l’agricoltura e tutelare le attività del comprensorio. Per questo abbiamo chiesto un tavolo permanente con le istituzioni». 

La rete di irrigazione è vetusta, spiega ancora, e il 40 per cento dell’acqua immessa si perde per le rotture, occorre procedere a opere di rifacimento e di pulizia dei fondali della diga ed è stato posto anche un problema di forestazione di una fascia di protezione della diga per evitare l’interramento. Il Comitato, il cui portavoce è l’imprenditore agricolo Antonio Lo Baido, ritiene urgente che gli impianti per il recupero delle acque reflue per l’agricoltura già costruiti fin dagli anni ’80 – come quello di Partinico in contrada Ingastone oggi da recuperare e quello della fine degli anni ’90 di Borgetto già definito e pronto per la sua utilizzazione – diventino lo strumento necessario per irrigare almeno 5000 ettari e cioè i terreni ricadenti nel primo e nel secondo lotto a caduta. Si calcola che almeno dieci milioni di metri cubi di acqua che provengono dai depuratori di Borgetto e Partinico finiscono ogni anno inutilmente a mare. 

Stefania Brusca

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