La ciclovia Magna Grecia, le proposte delle associazioni Tra ferrovie dismesse e sterrati. «Ma ora bisogna correre»

«La Sicilia deve correre per non rischiare di fare una figuraccia». Le associazioni ciclistiche su un punto sono tutte d’accordo: c’è bisogno di un’accelerata per non perdere il treno della Ciclovia della Magna Grecia. Un’occasione unica per l’isola: la realizzazione di una pista ciclabile lunga almeno 220 chilometri, da Messina a Pozzallo, che si inserisce in un progetto più ampio, con capofila la regione Calabria e che coinvolge anche la Basilicata, per la scoperta in sella alle due ruote dei territori trasformati dalla cultura ellenica. Nelle scorse settimane ci sono stati due incontri – uno a Catania, l’altro nella sede dell’assessorato alle Infrastrutture a Palermo – durante i quali le associazioni, che spesso conoscono il territorio meglio di chiunque altro, hanno portato le loro proposte. Anche significativamente diverse l’una dall’altra. La scadenza imposta dal ministero per definire il progetto di fattibilità tecnico-economica e individuare il primo lotto funzionale è dicembre del 2020. «Mentre Calabria e Basilicata sono pronte, in Sicilia abbiamo appena cominciato a discuterne dieci giorni fa per ragioni che non dipendono da questa amministrazione», sintetizza il professore del’università di Catania Giampolo Schillaci, che ha partecipato agli incontri come delegato dell’associazione italiana Greenways

Pochi giorni fa la Regione Calabria ha messo in bilancio la prima trance dei fondi ministeriali di circa 900mila euro. E per decidere quale sarà il primo lotto da realizzare ha lanciato una gara tra Comuni: quelli che presenteranno il percorso più lungo e realizzabile lo avranno finanziato. L’obiettivo è infatti sfruttare tutti i segmenti ciclabili già esistenti e metterli in rete sfruttando quanto più possibile la viabilità secondaria e le ferrovie dismesse. Alla Regione siciliana finalmente qualcosa si muove e dall’assessorato sembra esserci una vera attenzione alla sfida. La prossima settimana scatterà la convocazione dei sindaci delle province interessate: Messina, Catania, Siracusa e Ragusa. «Colmeremo il gap – garantiscono dal dipartimento Infrastrutture – e lo faremo dialogando con gli enti locali». Previsto anche un protocollo d’intesa con l’università di Catania che si è dimostrata «più sensibile» al tema. Per il primo lotto funzionale, cioè 30-35 chilometri da realizzare, al momento sembrerebbe che la Regione si stia indirizzando per la zona a Sud di Siracusa perché meno urbanizzata e con meno difficoltà tecniche. Anche se un po’ avulsa dalle principali vie di comunicazione. 

Nel frattempo sono le associazioni a portare proposte concrete. Alcuni gruppi catanesi (tra cui Ruote Libere e Salvaiciclisti) già da due anni lavorano al progetto della ciclovia e sono arrivati preparati all’appuntamento con la Regione. «Abbiamo cercato di stare dentro i paletti di lunghezza imposti dal ministero, cioè circa 250 chilometri», spiega Alessio Marchetti. L’idea delle associazioni etnee è mantenersi sempre lungo la costa, sfruttando i pochi chilometri, una quindicina, di piste ciclabili già esistenti ma che al momento rimangono segmenti scollegati (circa tre chilometri a Catania, 7,5 a Siracusa e poco altro). 

L’itinerario partirebbe dal porto di Messina, passando di fronte alla stazione per garantire l’intermodalità e dirigendosi verso Sud, sfruttando dove possibile i lungomari a cui, però, andrebbe data una continuità al momento mancante. In questo lungo tratto l’unica pista esistente è a Santa Teresa di Riva (anche se non isolata dal traffico veicolare) per circa 800 metri. Sul fiume Alcantara servirebbe un ponte ciclopedonale. Mentre dalla sponda sud del fiume fino a Marina di Cottone (Fiumefreddo) si potrebbe sfruttare il percorso semisterrato, già usato dalle mountain bike ma che, sopratutto in caso di pioggia, presenta numerosi allagamenti. Altro tratto facilitato da una pista esistente è quello di Fondachello Mascali e di Riposto. Per proseguire verso Acireale il suggerimento è di usare la vecchia strada provinciale che passa da Pozzillo e di rifunzionalizzare la ferrovia dismessa all’interno della riserva della Timpa (su cui esiste già un progetto del Comune finito nel dimenticatoio). Altro nodo, secondo le associazioni catanesi, è il lungomare dei Ciclopi che separa Acicastello e Acitrezza e che dovrebbe essere ricollegato atraversando il lido dei Ciclopi confiscato alla mafia con una pista ciclopedonale. Dentro Catania, dopo aver sfruttato la pista esistente sul lungomare, si percorrerebbe il viale Africa per poi entrare nel porto e proseguire verso viale Kennedy. «Gli ostacoli sono tanti – precisa Marchetti – sia perché per molti chilometri serve realizzarla ex novo, sia perché, ad esempio nell’Oasi del Simeto, ci sarebbero anche terreni privati da attraversare».

Per la parte finale della Ciclovia, quella che attraversa il Sud-Est, arriva una proposta che si distanzia da quella prevista dal programma europeo Eurovelo7. E cioè, lasciata Siracusa, entrare nell’entroterra attraverso la valle dell’Anapo per seguire il percorso della vecchia ferrovia dismessa fino a Ragusa. «È un percorso ininterrotto di 115 chilometri che sfrutta le vallate quindi sale a pendenze molto dolci – spiega il professore Schillaci, tra i promotori della proposta – I Comuni sono d’accordo e ci sono almeno otto progetti esecutivi e definitivi pronti, e un paio di preliminari». 

Il tracciato però si allontanerebbe dalla costa andando a toccare i Comuni di Floridia, Solarino, Sortino, Palazzolo Acreide, Ferla, Cassaro, Buscemi, Giarratana, Chiaramonte Gulfi e Ragusa. «Se si riesce a fare l’altro ipotetico percorso – spiega il docente – cioè da Siracusa verso Sud sulla costa fino a Pachino va bene pure, ma la mia preoccupazione è che non ci si arrivi. Lì serve una ciclovia del tutto nuova e a mio avviso non c’è il tempo. Non vorrei – conclude – che si assegnasse la progettazione di una cosa che non si farà mai».

Salvo Catalano

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