La Cgil Catania contro il Jobs act di Renzi Potetti: «I tagli vengono chiamati riforme»

«Andremo il 25 ottobre a Roma per sensibilizzare tutti gli italiani, dai lavoratori ai pensionati, sul dramma del lavoro e sulle mancate risposte del governo di Matteo Renzi. Chiediamo di passare dalla parole ai fatti». Giacomo Rota, segretario generale della Cgil di Catania, non usa mezzi termini contro il Jobs act governo nazionale. «La riforma non porterà lavoro, ma anzi allontana le prospettive di sviluppo», ha affermato questa mattina in assemblea alla zona industriale, davanti l’ingresso della St Microelectronics, dove erano presenti circa duecento lavoratori Flai (agroindustria), Fiom (metalmeccanici) e Filctem (chimica tessile e manifatture). Tutti riuniti sotto uno slogan: «Le aziende non muiono solo di articolo 18».

«Siamo impegnati in una forte campagna di diffusione di quelli che sono i contenuti dei provvedimenti che sta mettendo in campo il governo, perché si chiamano riforme quelli che sono sostanzialmente tagli. E i diritti si chiamano privilegi», spiega Fabrizio Potetti della Fiom nazionale. «Di fronte a questo, stiamo quindi andando in giro ad informare i lavoratori – prosegue Potetti – su quelli che sono i contenuti reali dei provvedimenti. E i lavoratori stanno rispondendo bene, con molta partecipazione».

«Saremo più di mille da Catania ad andare a Roma», annuncia Rota dal palco, mentre accanto a lui Pina Palella, segretaria confederale per le aziende confiscate alle mafie, ricorda «le oltre cinquecento aziende siciliane confiscate, patrimonio dello Stato, ma che non sono in condizione di lavorare». Due casi in particolari, quello della Lara, azienda di impianti industriali di Motta Sant’Anastasia, e della Riela, azienda di tradsporti catanese oggi retta da una cooperativa di lavoratori, sono considerati «emblematici in Sicilia, dove le aziende non muoiono solo per l’assenza dell’articolo 18. In generale le aziende confiscate – spiega Palella  -, devono rispondere a una logica di legalità e a oneri che non sono compatibili con il loro vecchio sistema di gestione, che era in mano ai mafiosi», conclude la componente della segreteria Cgil.

Leandro Perrotta

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