Il primo cittadino era stato coinvolto nell'operazione Aetna della guardia di finanza sull'impero di Francesco Russo Morosoli. A tirare in ballo il politico alcune intercettazioni in cui altri indagati commentavano una presunta istigazione alla corruzione
La Cassazione annulla i domiciliari al sindaco di Bronte Graziano Calanna torna libero dopo oltre cento giorni
La parola fine l’ha messa la sesta sezione della corte di Cassazione nella tarda serata di ieri. Annullando, senza rinvio, l’ordinanza del tribunale del Riesame e quella del giudice per le indagini preliminari. Così il sindaco di Bronte Graziano Calanna torna libero «con effetto immediato». Trascorsi poco più di cento giorni agli arresti domiciliari, nell’ambito dell’operazione Aetna della procura di Catania. Il politico che proprio oggi compie 48 anni, difeso dagli avvocati Carmelo Peluso e Mariella Mirenda, rimane indagato per istigazione alla corruzione e subito dopo la retata della guardia di finanza era stato sospeso dal suo incarico su disposizione del prefetto di Catania Claudio Sammartino. A tirare in ballo Calanna erano state alcune telefonate intercettate durante le fasi di un’inchiesta più complessa. La stessa che ha svelato un presunto giro di corruzione per la gestione monopolistica del turismo sull’Etna da parte dell’imprenditore Francesco Russo Morosoli.
Il nome di Calanna era finito al centro di una conversazione intercettata nei primi giorni di febbraio dello scorso anno. A parlare erano Concetto Bellia, ex presidente del Parco dell’Etna ed ex sindaco di Castiglione di Sicilia, e l’imprenditore Sebastiano Musmeci. Insieme si stavano occupando di un progetto privato riguardante il Comune di Bronte, ovvero l’istallazione di alcune centrali idroelettriche lungo le condotte idriche della cittadina pedemontana. «Mi è stato chiesto di incrementare l’importo con un voce aggiuntiva, per dare una consulenza esterna a qualcuno di fiducia, non nostra, ma del sindaco», raccontava Musmeci a Bellia riferendosi alla proposta che gli sarebbe stata avanzata dal sindaco Calanna. Nella ricostruzione degli inquirenti quelle parole sarebbero state l’input decisivo per tratteggiare la condotta del primo cittadino. Intenzionato a gonfiare i costi tramite un incarico da 20mila euro.
Davanti al giudice per le indagini preliminari Calanna aveva rigettato ogni accusa. Spiegando senza giri di parole di «non avere mai chiesto utilità illecite per sé o per i propri amici e dimostrando come nel particolare caso di finanza di progetto, la ipotizzata condotta di istigazione alla corruzione sarebbe stata del tutto impraticabile». In particolare, riferiscono i suoi legali, ha dichiarato di «avere manifestato l’interesse pubblico all’opera, esaurendo gli atti di sua competenza perché ogni ulteriore approvazione sarebbe stata appannaggio del consiglio comunale di Bronte».