Quando l’anima elettronica di
Samuel, frontman dei Subsonica, incontra l’indole acustica e folk di Alessandro Mannarino nasce Ultra Pharum. Il videoclip, composto e registrato a bordo del Red Bull Mobile Studio davanti al litorale trapanese, è stato girato interamente a Castellammare del Golfo. «È come stare in uno studio vero – spiega Samuel – la differenza è che, quando esci dalla porta, ti trovi di fronte uno scenario che hai scelto tu. Andare a scrivere una canzone di fronte al mare è un sogno che si avvera. Spostare la musica in mezzo alla vita ti aiuta ancora di più a portare la vita nella musica, perché chi scrive canzoni racconta la vita degli esseri umani».
Il titolo
Ultra Pharum (letteralmente, Oltre il faro) è il nome con cui veniva chiamata l’Isola durante il Regno delle due Sicilie. «Ho scelto di scrivere in Sicilia perché è un luogo di scambio tra etnie diverse che nel tempo ha generato una stratificazione culturale. Una terra molto stimolante per creare», racconta il frontman dei Subsonica. Oltre il faro si incontrano e si intrecciano, ancora oggi, storie di viaggiatori e migranti isolani. Nel suo incessante movimento di andata e ritorno la musica, come il mare, unisce i popoli in esilio e li fa integrare con quelli che li ospitano.
In questo viaggio sonoro, dove i suoni varcano le frontiere, i due artisti raccontano un’Isola, crocevia di popoli e civiltà, attraverso l’incontro con le loro
diverse esperienze musicali e sonore. «Mannarino – dice Samuel – appartiene a un mondo diverso dal mio e volevo confrontarmi con lui per cercare i linguaggi possibili tra le nostre differenze». Ultra Pharum, infatti, affronta il tema delle diversità culturali che avvicinano facendo riscoprire che l’altro è ricchezza.
«All’inizio – confessa il cantautore romano – c’è sempre la paura che la tua identità venga minata dall’altro. Del resto, l’incontro è
perdere qualcosa di tuo ma acquistare qualcosa che non avevi». Per realizzare il videoclip i due artisti hanno coinvolto anche la cantante franco-sicula Benedetta Di Pasquale, voce femminile conosciuta per caso in un bar del luogo, e il coro di tre migranti ospiti del centro Sprar di Castellammare del Golfo, gestito dalla cooperativa La mano di Francesco. «L’idea è stata quella di andare in Sicilia, guardarci intorno e coinvolgere la gente che incontravamo», spiegano. Per Suleman, Antoine e Demba il canto diventa un modo per raccontare e raccontarsi. Dall’Africa all’Italia, senza soldi ma tutti e tre accomunati dall’amore per la musica, soprattutto per l’hip hop.
In Camerun,
Antoine era un giocatore professionista di calcio. A causa di un problema alle articolazioni ha dovuto smettere e, adesso, ha deciso di prendere più seriamente la sua passione per il rap. Canta in inglese, in francese, in italiano e in vari dialetti camerunensi ispirandosi al suo idolo: l’artista italo- francese Alexandre Joyeux Paganini. «La vita comincia a essere difficile sin da quando mamma ti mette al mondo. Quando lasci il tuo Paese e non puoi più tornare, non rimane altro che sentire il dolore dentro il tuo cuore». È questo il significato delle parole in wolof cantate dal senegalese Suleman. Frasi che raccontano la nostalgia della propria terra e la tristezza dell’esilio. Con loro, canta anche Demba originario del Senegal. Da quando ha lasciato il suo Paese, lavora per aiutare la famiglia rimasta in patria ma non ha mai smesso di cantare. La forza dei loro versi è nella capacità di aprirsi al confronto con l’altro, perché la musica unisce e non divide.
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